spaziarsi
La voce compare solo nella seconda e terza cantica della Commedia, sempre nella forma pronominale e sempre in rima. In Pg XIV 16 Per mezza Toscana si spazia / un fiumicel, conserva il senso proprio di " estendersi ", " distendersi ", e il verbo è appropriato perché l'Arno " non va a dritta linea " (Ottimo). Identico significato, ma riferito a una smisurata e inclusiva immensità, in XXVI 63 il ciel... / ch'è pien d'amore e più ampio si spazia, che è una perifrasi dell'Empireo, entro cui, come lo stesso D. aveva spiegato in Cv II III 11, tutto lo mondo s'inchiude.
Ancora impiegato in relazione all'immagine metafisica di Dio, in Pd IV 126 'l ver... / di fuor dal qual nessun vero si spazia (parafrasato dal Serravalle " ultra quod, scilicet verum, nullum verum non spatiatur idest amplificatur, vel vagatur ") e in V 118 del lume che per tutto il ciel si spazia / noi semo accesi, dove, avendo come soggetto il lume, acquista l'accezione di " dilatarsi ", " espandersi ".
Valore figurato ha invece in Pg XXVIII 138 né credo che 'l mio dir ti sia men caro, / se oltre promission teco si spazia, giacché si riferisce all'estensione di un discorso; significa appunto " ampliatur " (Serravalle) o, come chiosa Benvenuto, " extra vagatur ".
Infine, in Pd XX 73 Quale allodetta che 'n aere si spazia (cfr. Georg. I 388-389 " cornix... / in sicca... spatiatur harena "), la voce assume il significato di " volare ", ma l'uso del verbo dantesco conferisce all'immagine un senso d'inebriante libertà che ha indotto il Venturi ad attribuire a s. il valore di " svolazzare attorno e qua e là girare ".