SPARANO (Spararo) da Bari
SPARANO (Spararo) da Bari. – Nacque a Bari, intorno al 1250, forse figlio di un Giovanni e nipote di un tale Spararus de Spararo; era imparentato con il prothontinus (prefetto marittimo) Bonusmirus Nicolaus e con il giudice Maynardus f. Grimoaldi de Spararo.
Il nome personale Spararus (o Sparanus) non è raro a Bari. Certo non permette di ricostruire una famiglia, ma sono documentati alcuni notabili che lo portavano. Sotto il regno di Guglielmo II (1166-89), Sergius f. d. Sparari (o Kurisergius Sparari) fu catepano di Bari, prendendo (con altri) in appalto le finanze locali; alla fine del XII secolo uno Sparano compilò le consuetudini di Bari, e compare un tale d. Spararus imperialis Barensium iudex; un omonimo è documentato negli anni Quaranta del secolo XIII; nel 1266 compare iudex Grimoaldus iudicis Sparari de Baro, nel 1269 d. Nicolaus de Spararo regius Barensis iudex.
È possibile che Sparano fosse imparentato con questi giudici e dunque fosse un esponente di un’aristocrazia locale non militare (né codificata) di origine prenormanna, paragonabile ai discendenti dei comites amalfitani, e anche, nel XII secolo, alla famiglia di Maione da Bari.
Sparano andò a studiare il diritto all’Università di Napoli: nel 1271 Carlo I d’Angiò lo esonerò da tasse durante i suoi studi. Nel 1277 fu nominato giudice e assessore del vicario in Sicilia e diventò professore di diritto civile a Napoli; nell’agosto del 1278 fu nominato iudex maior («juge mage») delle contee di Provenza e di Forcalquier (delle quali il re di Sicilia era conte) dal futuro Carlo II, allora vicario in Provenza; occupò la carica sino al 1280. Nel 1281 era consigliere regio. Nel 1283 (mentre il futuro Carlo II era vicario del Regno), partecipò a un’importante riforma della Cancelleria, che ridusse il ruolo del cancelliere e del vicecancelliere, mentre cresceva quello di due persone che non appartenevano alla Cancelleria, Bartolomeo da Capua e lo stesso Sparano; tale riforma fu mantenuta quando Carlo II diventò re.
Sempre nel 1283, Sparano fu inviato presso papa Martino IV (con il vescovo di Troia e Jean de Barre) per presentare i capitula che il futuro Carlo II – allora vicario generale del regno – aveva emanato il 30 marzo a San Martino in Calabria: in tali capitoli, in seguito alla crisi del Vespro siciliano si concedeva ai feudatari, al clero e addirittura alle città una forte autonomia rispetto al potere centrale. L’obiettivo era anche quello di ottenere dal papa un prestito. Sembra che sulla stesura finale dei capitula del marzo del 1283 si possa vedere la mano di Sparano, visti i riferimenti al diritto romano.
Dunque Sparano fu associato al governo da Carlo II durante il suo vicariato, prima di esserlo quando Carlo diventò re; con Bartolomeo da Capua fu uno degli esponenti maggiori della nuova politica di Carlo II, che promosse nello stesso tempo una decentralizzazione del Regno e una italianizzazione del personale dirigente.
Dopo la morte di re Carlo I d’Angiò (1285), Sparano fu nominato magister rationalis della Magna Curia dai baiuli Gerardo di Parma e Roberto di Artois; il numero di questi funzionari, incaricati della verifica dei conti degli agenti regi, aumentò sotto Carlo II (mentre l’ufficio del camerario scompariva). Ma fu nel 1289 che il ruolo di Sparano – come quello di Bartolomeo da Capua – venne alla ribalta.
Nel settembre del 1289, partecipò (con Bartolomeo da Capua e Andrea d’Isernia) alla stesura dei capitula emanati dal Parlamento generale di Napoli, che confermavano, sotto una forma più strettamente amministrativa, quelli di San Martino. Nello stesso anno fu incaricato di riscuotere presso alcuni grandi ufficiali 600 once d’oro per rimborsare un prestito preso dal conte Roberto di Artois, baiulo del Regno. Sempre nel 1289, dopo la liberazione di Carlo II (che era stato prigioniero degli Aragonesi, e che in seguito restò ancora fuori del Regno fino al 1294), fece parte del Consiglio di reggenza presieduto da Carlo Martello d’Angiò, figlio primogenito del re e vicario generale del regno, che comprendeva pure il conte Roberto di Artois. Non consta peraltro che Sparano abbia svolto un ruolo particolare nel Consiglio, anche se è segnalato come uno dei due magistri rationales che assistevano il conte di Artois, ed era in fin dei conti l’unico giurista in un Consiglio che promulgò importanti leggi; nell’ottobre del 1291 fu poi incaricato di far copiare il libro delle concessioni fatte da Carlo I e Roberto di Artois.
Quando Carlo II ripristinò, separandola, la doppia carica di protonotario e logotheta del Regno (già affidata a Pier della Vigna sotto Federico II e soppressa da Carlo I dopo la morte di Roberto di Bari, nel 1269), Bartolomeo da Capua divenne protonotario e Sparano fu nominato logotheta (e aveva ancora il titolo di iuris civilis professor): già lo era nel settembre del 1289.
Il ruolo del logotheta consisteva nell’esaminare le richieste che il re si riservava personalmente; poteva spedire lettere regie e faceva una relazione sulle petizioni ricevute al Consiglio regio settimanale. Nel caso di Sparano tuttavia la carica fu esercitata in assenza del re, che rimase fuori dal Regno nel quinquennio 1289-94. Come compenso Sparano ricevette fra l’altro 16 once d’oro annuali: nel 1292 il re gliele fece pagare sui redditi dell’imposta diretta riscossa ad Altamura.
Dal punto di vista sociale e patrimoniale, sin dai primi anni della sua attività i servizi e le funzioni svolte permisero a Sparano di entrare nell’ambito dell’aristocrazia feudale: ricevette la militia, forse nel 1283, con un reddito di 80 once d’oro (equivalente di un feudo di quattro milites). Diventò signore di alcune località della Terra di Bari e della Terra d’Otranto, quali Valenzano, Martina Franca, Monteroni di Lecce e Magliano, di altre nel Principato, poi, forse nel 1290, di Vico Equense; nel 1285, ricevette da Roberto d’Artois la sua signoria più importante (poi confermata da Carlo II nel 1292), quella di Altamura, insediamento nuovo e importante fondato da Federico II nelle Murge; addirittura nel 1290 Carlo II rinunciò al diritto di ricuperare Altamura nel demanio regio, ma valutò i feudi di Sparano 150 once d’oro invece di 100 (il che significa che doveva un servizio feudale di 7,5 milites invece di 5). Inoltre Sparano fece uno scambio con Jean Lescot, lasciandogli il tenimentum Fornelli vicino ad Altamura e ricuperando porzioni di casali nella Terra d’Otranto.
La signoria di Sparano ad Altamura fu contrassegnata da due vicende: nel 1292, poi nel 1293, tentò (invano) di appropriarsi la chiesa di S. Maria di Altamura, che godeva dello statuto di cappella palatina, sottomessa soltanto al papa e al re, ed era allora retta da un chierico francese; d’altra parte, intorno al 1293, chiese (e ottenne) il permesso di fortificare Altamura (che, a dispetto del nome, non lo era sin dalla fondazione) per proteggerla contro possibili scorrerie aragonesi.
Sparano possedeva inoltre beni a Bari e nei dintorni: nel 1294 suo figlio fu esonerato dalle tasse per i suoi beni burgensatica (cioè non feudali, probabilmente ereditari) «in Baro et pertinentiis ipsius terre»; egli fondò inoltre, nella città natale, un ospizio per i poveri.
In età giovanile, Sparano aveva sposato Rodia, figlia di Bisanzio Bucinarra di Bari (probabilmente esponente dello stesso ceto al quale egli apparteneva), che morì durante la loro permanenza in Sicilia, dove egli risiedeva in quanto assessore del vicario. Il 14 aprile 1278 si sposò di nuovo con Flandina, figlia del magister rationalis (ravellese) Iozzolino Della Marra (e dunque esponente della classe dirigente del Regno) che ricevette una dote di 150 once d’oro. Dalla seconda moglie ebbe due figli: Giovanni (d’Altamura; vedi infra), e Margherita, signora di Martina, che sposò successivamente quattro membri dell’aristocrazia feudale (dei quali due francesi); per il secondo matrimonio ricevette una dote di 200 once d’oro.
Morì a Napoli tra la fine del 1295 e l’inizio dell’anno successivo.
Carlo II obbligò la chiesa di S. Nicola di Bari (alla quale Sparano aveva offerto una croce di argento) ad accogliere la sua sepoltura. La carica di logotheta fu allora affidata a Bartolomeo da Capua, e dunque di nuovo unita a quella di protonotario.
Il figlio Giovanni (che aveva ricevuto il cingulum militie nel 1293-94) ereditò Altamura e altri feudi. Aveva sposato Mattaleone de Aquila, sorella di Riccardo conte di Fondi ed esponente della vecchia famiglia normanna de Aquila (di Laigle); ebbe due figlie, Giovanna e Caterina. Ferito durante la guerra contro gli Aragonesi, fece testamento (24 giugno 1296). Morì nello stesso anno.
Se la personalità e la dottrina di Bartolomeo da Capua sono più note di quelle di Sparano da Bari, che non sembra avere lasciato un’opera teorica del tipo della Glossa aurea, le loro dottrine politiche sembrano vicine. Tuttavia, all’inizio della sua carriera, Sparano probabilmente svolse un ruolo più importante rispetto a Bartolomeo; comunque fu uno dei maggiori artigiani della trasformazione strutturale della curia angioina. Quando era in Sicilia, più precisamente a Mascali (Catania), compilò un Rosarium vitium [sic] et virtutum (un proemio e 46 capitoli); quest’opera, scritta quando era ancora giovane, non è originale, ma dimostra la sua cultura giuridica, biblica, patristica e letteraria nonché la preminenza da lui data al diritto romano.
Fonti e Bibl.: Sparano di Bari, Liber rosarii virtutum, et vitiorum..., a cura di P. de Fusco, apud Iacobum Anellum de Maria, et Ioannem Comenzini, Venezia 1571; A. Giannuzzi, Le carte di Altamura (1232-1502), Bari 1931, doc. nn. 37, 40, 42, 45, 46, 47; F. Nitti, Le pergamene di S. Nicola di Bari. Periodo angioino (1266-1309), Trani 1936; I registri della Cancelleria angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani, I-L, Napoli 1950-2010 (in partic. XXXII, XXXIII, XXXV, XXXVIII, XXXIX, XL, XLIII, XLIV), ad indicem.
C. Minieri Riccio, Cenni storici intorno i grandi uffizii del Regno di Sicilia durante il regno di Carlo I. d’Angiò, Napoli 1872, pp. 128-134; L. Cadier, Essai sur l’administration du royaume de Sicile sous Charles Ier et Charles II d’Anjou, Paris 1891, pp. 194-202; G.M. Monti, Dal secolo sesto al decimoquinto, Bari 1929, pp. 65-82 (per Sparano da Bari iunior); A. Kiesewetter, La Cancelleria angioina, in L’État angevin. Pouvoir, culture et société entre XIIIe et XIVe siècle, Roma 1998, pp. 361-415 (in partic. pp. 385 s.); Id., Die Anfänge der Regierung König Karls II. von Anjou (1278-1295). Das Königreich Neapel, die Grafschaft Provence und der Mittelmeerraum zu Ausgang des 13. Jahrhunderts, Husum 1999, ad indicem.