spalla
Nel senso proprio, come parte del corpo umano, s. può indicare sia il " dorso ", sia, più limitatamente, la sola parte superiore di esso, l' " omero " (v.), e ricorre alcune volte nell'Inferno, nella descrizione di particolari atteggiamenti dei dannati. Notevole soprattutto quello degl'indovini, derivante dalla pena cui sono sottoposti: Anfiarao ha fatto petto de le spalle (XX 37) e Calcante da la gota / porge la barba in su le spalle brune (v. 107). Nella bolgia dei ladri, Caco è condannato a portare sovra le spalle, dietro da la coppa, un draco spirante fuoco (XXV 22); in XXIV 99 il termine concorre a indicare il punto preciso in cui Vanni Fucci è morso dal serpente: là dove 'l collo a le spalle s'annoda, cioè " in sul ceppicon del collo " (Buti), sulla nuca; più oltre, tra i falsari, qual [dei dannati] sovra 'l ventre, e qual sovra le spalle / l'un de l'altro giacea (XXIX 67), mentre nel Purgatorio gl'invidiosi manifestano lo spirito di carità che li anima offrendo ai compagni il sostegno della propria spalla (Pg XIII 59).
Cfr. ancora If XXXI 47 e XXXIV 41, con riferimento ai giganti e a Lucifero.
Quindi dopo le spalle significa " a tergo ", " dietro " (If X 3; cfr. anche Pg XVIII 90); ‛ tener volte le s. ' a qualcosa serve a precisare una posizione e un orientamento (il Veglio di Creta tien volte le spalle inver' Dammiata / e Roma guarda, If XIV 104); ‛ volgere le s. a ' significa " allontanarsi in direzione opposta " (mi smarri' in una valle/... Pur ier mattina le volsi le spalle, XV 52; cfr. pure XXV 139, nel significato più esteso di " corpo " di cui si ha un secondo esempio in Pg VIII 42 m'accostai / ... a le fidate spalle di Virgilio. In Pg XXII 122 il sintagma le destre spalle volger... / girando il monte, vale " procedere verso destra "). Estensivamente, Pd IX 128, detto di Lucifero: volse le spalle al suo fattore, " si ribellò ".
Unito al verbo ‛ dare ', il sostantivo forma un sintagma che significa " fuggire ": a Zama (o ai " Castra Corneliana "; v. ZAMA) Anibàl co' suoi diede le spalle (If XXXI 117).
Il vocabolo ricorre anche in contesti figurati, nei quali indica, più esattamente, solo la parte superiore del dorso, le " spalle " vere e proprie: così in Cv I XI 5 li ciechi sopra notati... con la mano in su la spalla a questi mentitori, sono caduti ne la fossa de la falsa oppinione, dove si allude allo stolto comportamento degli uomini privi del lume de la discrezione (§ 4) che, " appoggiandosi " alla falsa oppinione dei denigratori del volgare, cadono come quelli in errore.
L'immagine della s. come parte del corpo su cui si poggia un peso che si vuol trasportare suggerisce a D. altre due metafore: quella di Pd XVII 61, preannuncio delle sofferenze dell'esilio (quel che più ti graverà le spalle, / sarà la compagnia malvagia e scempia: cfr. Ecli. 8, 18 " Cum audace non eas in via, / ne forte gravet mala sua in te "), e l'altra usata da Beatrice, quando parla della possibilità di cambiare la materia di un voto: non trasmuti carco a la sua spalla / per suo arbitrio alcun (V 55; cfr. XXIII 64-65 chi pensasse il ponderoso tema / e l'omero mortal che se ne carca...).
La stessa immagine è all'origine di un'altra metafora, in cui il termine - non più adibito a indicare una parte del corpo umano - vale " appoggio ", " sostegno ", nella descrizione di quel punto di Malebolge dove lo stretto calle / con l'argine secondo s'incrocicchia, / e fa di quello ad un altr'arco spalle (If XVIII 102): " Lo scoglio... era giunto colla ripa del secondo cerchio e facea spalle, cioè rincalzava da lato lo scoglio che soprastava al terzo cerchietto ", spiega l'Anonimo; e il Porena precisa che s., in questo senso di " appoggio ", è " parola tecnica, ché le testate dei ponti, saldamente fondate per resistere alla spinta dell'arco, si chiamano appunto spalle ".
Invece, riferito al colle che D. vede illuminato dal sole (If I 16 guardai in alto e vidi le sue spalle / vestite già de' raggi del pianeta / che mena dritto altrui per ogne calle), il termine ne indica " la sommità o quasi, sì come le spalle nostre sono quasi la più alta parte della persona umana " (Boccaccio; Benvenuto, poi ripreso dal Serravalle, specifica: " Per terga montis intellige arduitatem et rectitudinem montis... ideo bene per terga, quae sunt recta, figurat repentiam istius montis ").
In If XVII 91, per designare la groppa di Gerione, D. usa (in rima, unica, con abbracce e minacce) l'alterato spallacoe, di cui alcuni colgono il valore dispregiativo (cfr. l'Anonimo " perché sono disordinate e sconce "), altri quello accrescitivo (" idest vastas spatulas. Non sunt maiores in mundo spatulae quam istae, scilicet spatulae fraudis, quae portant quasi totum mundum ", Serravalle). In realtà il vocabolo " è peggiorativo e accrescitivo a un tempo " (Porena), in quanto indica s. " degne di una bestia tanto grande e deforme " (Scartazzini-Vandelli). Il Torraca, rimandando agli omeri forti dello stesso Gerione (v. 42), osserva che qui " la rima ha suggerito una parola, da cui traspira il ribrezzo ".