spaldo
In origine " fessura ", " apertura nelle mura ", passò presto a significare la massa architettonica che ricopriva il cammino di ronda e la contro-scarpa delle mura e delle torri nei castelli e nelle città fortificate (oggi soltanto nella forma ‛ spalto '). Con questo significato è comune nell'italiano medievale, soprattutto nella prosa delle cronache; ma in D. (unica occorrenza If IX 133) s. vale, per sineddoche, le " mura " nel loro insieme, e più precisamente i " bastioni " della città di Dite: passammo tra i martìri e li alti spaldi (" intra... altos muros civitatis ", Benvenuto).
Curioso l'errore del Boccaccio (che leggeva evidentemente altri e non alti; cfr. Petrocchi, ad l.): " ‛ spaldo ' in Romagna è chiamato uno spazzo d'alcun pavimento espedito; e perciò dice che tra ' martiri passò e tra ' luoghi che quivi espediti erano ". La sua autorità è causa di dubbi e di alternanze nella maggior parte degli antichi commenti (per es. Anonimo) finché il Daniello, ricordando il verso di If X 2 (tra 'l muro de la terra e li martìri), risolse in modo definitivo la questione (per la quale si veda anche " Giorn. dant. " IV 205 e V 81).
I commenti moderni sottolineano l'efficacia dell'inserzione del termine nel contesto: " grandeggiano quegli alti spaldi che mettono in rilievo la dominante possa delle circostanti mura " (Grabher); cfr. anche A. Vallone, Studi su D. medievale, Firenze 1965, 178).