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SPAHIS

di Ugo Badalucchi - Enciclopedia Italiana (1936)
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SPAHIS (dal pers. sipahi "soldato di cavalleria")

Ugo Badalucchi

Corpo permanente di cavalleria scelta, istituito dal sultano Murad I nella seconda metà del sec. XIV. Gli spahis furono dapprima armati di sciabola, arco, pugnale; in seguito di lancia e infine di fucile. In guerra erano particolarmente impiegati in servizi di ricognizione: al momento della battaglia si ritiravano sui fianchi del grosso dell'esercito, secondo la tattica del tempo; al momento decisivo, quando il nemico era già scosso, si lanciavano all'inseguimento. Furono soppressi verso la metà del secolo.

Nel 1834 il generale francese d'Erlon creò in Algeria per il servizio delle colonie quattro squadroni di spahis, reclutati fra gli elementi indigeni. In seguito vennero accresciuti di numero. Sono anche al presente reputatissimi cavalieri, montati su piccoli generosi cavalli arabi e armati di sciabola e fucile. Presero parte alla guerra mondiale sul fronte francese: ma non abituati al clima rigido, ebbero poca opportunità di utile impiego.

Anche l'Italia ha in Libia reparti di spahis, adibiti come cavalleria leggiera per le esplorazioni, scorte e principalmente per il servizio di vigilanza ai confini. Essi sono raggruppati in squadroni e inquadrati da ufficiali e sottufficiali dell'esercito metropolitano. Vestono una divisa secondo gli usi indigeni: camicia (suria); pantaloni (sirual); farsetto a maglia, babghe, tachia con sottotachia, fascia distintivo, farmula e barracano. Sono armati di moschetto. Il loro arruolamento, come per gli altri militari indigeni delle colonie, è volontario, dal sedicesimo anno di età. La ferma è di due anni; ma possono essere concesse rafferme finché gli spahis siano fisicamente idonei e se ne rendano meritevoli per qualità morali.

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