spadaio
Il termine, col suffisso toscano per indicare la persona che esercita un dato mestiere (in questo caso, la fabbricazione delle spade), s'incontra una sola volta, in Cv IV VI 6, all'interno di un esempio-paragone diretto a dare concretezza ed evidenza didascalica a un principio generale, secondo un procedimento tipico del trattato: Intra operarii e artefici di diverse arti e operazioni, ordinate a una operazione od arte finale, l'artefice o vero operatore di quella massimamente dee essere da tutti obedito e creduto, sì come colui che solo considera l'ultimo fine di tutti li altri fini. Onde al cavaliere dee credere lo spadaio, lo frenaio, lo sellaio, lo scudaio, e tutti quelli mestieri che a l'arte di cavalleria sono ordinati.
L'esempio (ma anche il concetto) è comunque già in s. Tommaso: " Contingit... unum habitum operativum, quem [Philosophus] vocat virtutem, sub alio esse. Sicut ars quae facit frena est sub arte equitandi, quia ille qui debet equitare praecipit artifici qualiter faciat frenum. Et sic est architector, idest principalis artifex respectu ipsius. Et eadem ratio est de aliis artibus, quae faciunt alla instrumenta necessaria ad equitandum, puta sellas vel aliquid huiusmodi " (Comm. Ethic. I lect. I n. 15-16). Rispetto al testo latino, come può vedersi, D. ha arricchito l'enumerazione, con l'aggiunta dello s. e dello scudaio, trasformandolo così il generico cavalcatore di s. Tommaso (" ille qui debet equitare ") in un cavaliere nell'accezione specificamente militare di guerriero a cavallo.