SPADA (spatha; per altre denominazioni v. sotto)
Arma bianca, in origine di bronzo, poi costantemente di ferro, derivata, per allungamento e rafforzamento della lama, dal pugnale bronzeo eneolitico, che a sua volta dipende dal pugnale di selce. Per lungo tempo fra S. e pugnali vi è identità di tecnica e di forme. Probabilmente, come il pugnale, anche la s. ha origine nel bacino orientale dell'Egeo.
Vicino Oriente. - La s. compare in Egitto solo molto tardi. Nell'Oriente troviamo lunghe e sottili s. con fodero nei rilievi di Assurnasirpal (IX sec. a. C.). Talora la guardia è conformata a doppia voluta e il fodero ha presso la base due apici laterali oppure due volute. La sS. da caccia di Assurnasirpal è corta, con impugnatura lavorata al tornio. Presso gli Hittiti si vedono nei rilievi lunghissime S. con guardia semilunata ed elsa sormontata da un pomo, pure semilunato.
Civiltà cretese. - La s. compare molto tardi, probabilmente per influenza asiatica. Raggiunge però eccezionale grandezza nell'esemplare di Mallia. L'esemplare di Zafer Papura ha impugnatura a bottone e lama a costola mediana decorata da due spirali ricorrenti. Le tombe di Micene hanno restituito una lunga serie di splendidi esemplari a lama lunga e a lama breve. La lama a punta e due tagli è costantemente rinforzata da una costola mediana fortemente rilevata; i bordi della lama sono a curva leggermente inflessa. La costola è segnata da solchi paralleli longitudinali, oppure decorata da due serie di spirali ricorrenti; in un caso è a tortiglione. Due esemplari hanno una decorazione che occupa tutta la superficie della lama fin quasi ai bordi, costituita, in un caso, da una serie di scudi bilobati fra due spirali ricorrenti; nell'altra, da composizioni di spirali e volute. Un'altra lama è adorna ai lati della costola di figure, in leggero rilievo, di equidi in corsa. In un'altra vi è la costola piatta e larga come nei pugnali coevi e su di essa è svolta, a rilievo, una serie di grifi in corsa. Le impugnature sono di straordinaria ricchezza, con anima di legno, generalmente rivestita di lamina d'oro a sbalzo. Le lamine sono fissate con chiodi a testa dorata o argentata. Un esemplare, che può citarsi ad esempio, dalla tomba IV di Micene è a prisma ottagono a spigoli lisci, con le facce decorate a spirali e volute. Il fondo è inciso a lineette parallele. La parte della lamina che copre la guardia ha fasce orizzontali a motivi geometrici, separati da listelli. In un'altra s. l'impugnatura e cilindrica e la guardia costituita da una coppia di teste stilizzate di rapace, svolgimento di forme osservate nella Preistoria. Le impugnature erano in generale sormontate da un pomo a sfera ribassata, rivestito di lamina d'oro a sbalzo, oppure in avorio intagliato e decorato a motivi geometrici spiraliformi e fitomorfi disposti a zone oppure a figure di belve isolate, a gruppi o in lotta. L'esempio più pregevole è quello con la lotta di due felini. Le s. erano custodite entro guaine decorate anch'esse da lamine d'oro riportate, con spirali, cerchietti e motivi geometrici.
All'ambiente miceneo appartiene pure un tipo di s. a lama corta con tagli quasi paralleli, guardia costituita da due apici curvi verso il basso, elsa con margini rialzati, ai due lati della quale erano applicati elementi di legno e d'osso. Questo tipo, come pure l'altro a lama lunga a foglia di salice o di olivo si mantengono nell'età classica per lungo tempo. Tutte queste armi sono di bronzo e si è pensato che possa trattarsi di armi votive, mentre quelle d'uso potevano essere già in ferro. Del resto i testi omerici parlano spesso di s. adorne di metalli preziosi e solo l'Odissea conosce le armi di ferro (viii, 403).
Grecia arcaica e classica. - Sono attestate direttamente S. a lama piatta e larga con elsa costituita da un rigonfiamento compreso fra due dischi. Nei vasi è rappresentata spesso una s. a lama corta e appuntita con elsa sormontata da un lungo bottone. Questo tipo compare anche nell'anfora di Nesso (vol. vi, fig. 572).
Le s. greche si riducono per lo più ad una stretta funzionalità e le decorazioni, molto parche, occupano soltanto il fodero e talora l'elsa che però si adegua sempre a necessità pratiche. Predominano fra i varî tipi di s. lo ξίϕος a lama diritta, usato per lo più di punta e la μάχαιρα a lama curva a un sol taglio, arma prevalentemente delle truppe a cavallo. Gli Spartani usavano s. cortissime; gli Ateniesi, ma dopo la riforma di Ificrate, lame molto lunghe. La successione nel tempo dei varî tipi può esser seguita in base alle figurazioni ceramiche, data la scarsa documentazione diretta. Su di un piatto di Praisos la guardia è costituita da due volute e l'estremità del fodero da due dischi; su di un sarcofago di Clazomene l'arma è lunga e stretta, il fodero è scompartito in triangoletti con un punto al centro. In un vaso del maestro di Kleophrades l'imboccatura del fodero è decorata da un meandro inquadrato; una s. ad unico taglio ha il fodero adorno di linee oblique trasverse. Invece una decorazione a figure animali del fodero si vede su un vaso di Euphronios, l'estremità del fodero è semilunata. La rappresentazione più particolareggiata di un fodero di s. si ha nella tazza di Pentesilea a Monaco: l'orlo ha un motivo a denti di lupo, in corrispondenza degli anelli del balteo vi è una placchetta quadrata, il corpo è decorato ai margini con meandri, l'estremità è a forma di palmetta. Nel fregio d'armi sulla balaustra di Pergamo una màchaira ha l'impugnatura a testa di rapace, motivo già presente in epoca classica, il fodero a squame sovrapposte. Una daga ricurva dello stesso fregio ha nel fodero decorazioni vegetali stilizzate.
Europa pre- e protostorica. - Già nella tarda Età del Bronzo compare un tipo di lunga s. usata come arma da punta. Una ornamentazione dell'arma non comincia tuttavia se non con la s. ad antenne, comune nell'Europa continentale e anche in Italia, dove si mantiene fino al sec. VIII a. C. Queste s. hanno il pomo dell'elsa munito di due lunghe appendici avvolte a spirale. Dimensioni della lama e delle antenne diminuiscono con l'andar del tempo. Le grandi s. di ferro, prima lunghe, poi più brevi, sono proprie della cultura di Hallstatt ed hanno esercitato larghe influenze anche su altre culture. Le impugnature a pomo possono esser decorate ad incisione con motivi geometrici, non di rado terminano a teste umane. Lo svolgimento della civiltà di La Tène corrisponde ad un incremento della metallurgia del ferro, i cui effetti si risentono ancora a molti secoli di distanza. In La Tène I la forma dell'arma è una derivazione sviluppata di quella corta di Hallstatt; le s. più antiche hanno impugnatura a doppio T ricoperte d'osso e incise a occhi di dado. Successivamente le lame si allungano e sono frequenti le decorazioni a rilievo sul fodero. Da questo tipo si passa alla s. lunga senza punta di La Tène II con anelli ai lati dell'orlo del fodero. Sulla lama sono impressi i bolli delle officine. Le lame sono talora damaschinate, i foderi in legno o cuoio hanno decorazioni metalliche riportate. Il repertorio è quello tipico dell'ornamentazione celtica con motivi geometrici curvilinei, triscele e, talvolta, animali stilizzati fantastici. Grande finezza hanno le decorazioni curvilinee di s. celtiche delle isole britanniche, soprattutto nel fodero, di lamina bronzea. Nelle s. britanniche di La Tène IV continua un tipo di impugnatura ad antenne. Le s. germaniche sono molto semplici, ad un solo taglio, con un'impugnatura a due apici che ricorda quella della màchaira greca e della falcata celtiberica. Quest'ultima è caratterizzata dalla ricca decorazione nell'impugnatura, di forma tipica, nella lama e nel fodero (agemina). La falcata si usava di punta e di taglio e aveva uno dei bordi costolati. Affine alla falcata è la s. riprodotta sul fondo del rilievo tropaico nell'arco di Carpentras, con lama a doppia curva. Nell'Europa centrale compaiono pure le cosiddette else antropoidi, con brevi corna divergenti alle due estremità dell'impugnatura e protomi umane al posto del pomo. La decorazione della s., sviluppatissima dalla civiltà hallstattiana in poi, è uno degli aspetti che differenziano nettamente le civiltà continentali da quelle mediterranee. Il punto d'incontro si ha unicamente nel periodo corrispondente alla civiltà micenea da cui possono esser passati elementi decorativi e il gusto della s. ornata, la cui frequenza nei corredi funerarî continentali, di un ambiente cioè lungamente di struttura tribale, è in rapporto con la qualificazione del defunto come guerriero che è un elemento distintivo della società preurbana e prestatale. S. decorate si rivedranno in effetto con grande frequenza nei corredi funebri delle genti germaniche insediatesi alla fine dell'età antica, Goti, Visigoti, Franchi, Longobardi che portavano con sé una strutturazione di tradizione protostorica. Analoghi sono gli elementi nei sepolcreti degli Slavi. Eccezionalmente ricca e formalmente sotto influsso greco è la decorazione delle akìnakes, le larghe s. scitiche, specialmente nelle impugnature e nei foderi, molti dei quali ricoperti interamente da lamine sbalzate di metallo prezioso.
Italia antica. - Le s. delle popolazioni italiche preromane sono di fogge assai varie a seconda del tempo e dei luoghi, quelle bronzee più antiche generalmente non molto lunghe con costola mediana rilevata o piatta. Le prime ornamentazioni cominciano anche qui con l'apparizione delle antenne. Tipiche le s. della Sardegna nuragica, a foglia di salice, brevi, oppure lunghissime, con impugnatura cilindrica ornata ad incisioni geometriche o antropomorfe. Particolari alla civiltà sarda le s. votive, lunghissime lame a costola sormontate da doppie protomi di cervi in bronzo fuso, fra cui si erge una figura umana. È molto probabile che si tratti di una "magìa del doppio". Altri esemplari hanno anche forme più complesse. Le s. dell'Età del Ferro dell'Italia centrale sono a lama corta, con lunghe impugnature quasi disadorne, con la sola presenza di apici corniformi. Il Guerriero di Capestrano (v.) ha sul petto una s. corta con elsa a pomo, decorata a figure umane, guardia e imboccatura del fodero ornate a figure animali, apice del fodero terminante a grande mezzaluna.
Nella civiltà del ferro picena, accanto ai pugnali ricurvi appaiono s. caratteristiche, in cui l'elsa forma un angolo ottuso rispetto alla lama. I foderi in legno e metallo sono decorati ad incisione con motivi geometrici, oppure rivestiti di lamina metallica intagliata. Non rivestono invece un grande interesse artistico le s. etrusche, eccetto che per il periodo orientalizzante. Gli esemplari più illustri, come quelli della Tomba Bernardini di Preneste, sono piuttosto lunghi pugnali che spade. L'esemplare di maggiori dimensioni ha impugnatura di avorio e ambra, fodero in lamina d'argento con scene agresti e di caccia distribuite su due registri, estremità a fiorone in oro. Le scene sono racchiuse fra due trecce. È pure da menzionare la s. di Tarquinia, con fodero ad incisioni geometriche. L'area di cultura etrusca nelle età più antiche ha conosciuto la s. ad antenne, nota da esemplari di Vetulonia, Tarquinia e dell'agro falisco. Le s. etrusche d'età classica non differiscono da quelle coeve dei Greci. In complesso l'Italia antica ha sentito scarsamente il problema della decorazione artistica della s., connessa del resto, nei corredi funerarî, con la qualificazione del guerriero.
Età romana. - La forma del gladius anteriore alla guerra gallica è ignota. È facile tuttavia pensare che le armi dei Romani non differissero da quelle usate contemporaneamente dagli Etruschi e dagli altri Italici con cui essi avevano rapporti amichevoli od ostili. Gli scarsi mutamenti nel congegno tattico dell'armata romana più antica fanno credere che anche l'armamento offensivo non subisse radicali mutazioni se non assai di rado. Le difficoltà incontrate nella lotta coi Galli indussero ad adottarne l'arma, però la descrizione liviana in proposito è in contrasto con la documentazione archeologica, di cui si è già parlato. Nella seconda guerra punica si adotta la cosiddetta s. ispanica, corta, aguzza, a due tagli, che senza sostanziali varianti si mantiene per tutta la Repubblica e il primo Impero, cedendo poi il posto ad un'arma più lunga e sottile a partire dall'epoca flavia. L'armamento offensivo nell'età imperiale non è sempre eguale se non fra i legionarî, gli auxilia conservavano spesso le proprie armi nazionali. La documentazione monumentale diretta e indiretta comincia soltanto molto tardi, anzi si può dire che solo con la prima epoca imperiale si hanno, in questo genere, prodotti artistici. La decorazione, come è ovvio, si esplica massimamente sul fodero. La s. detta di Tiberio, da Magonza, è il più significativo esempio di una decorazione eccessiva, se pur non in contrasto con la funzionalità, basata essenzialmente sul colore. Il fodero d'argento è decorato da fasce in bronzo dorato con foglie di quercia e rappresentazioni figurate simboliche. Un'altra s. romana della Germania ha minor eleganza di forme e anche maggior profusione d'ornati. Notevole per la grande impugnatura la S. nel clipeo della Dea Roma nell'arco di Rimini. Un campionario di s. legionarie del I sec. si può vedere nelle stele funerarie della regione renana. Nelle stele di Romanius a Magonza e di Vonatorix a Bonn, come in quella di Volgeberta, l'impugnatura e la guardia sono tornite e molto voluminose, il fodero costolato ai margini. La s. di Flavoleius è dello stesso tipo di quella di Tiberio, ma più corta e senza ornati. Molto interessante il fodero da Fulham al British Museum, con margini ribattuti e rivestimento a placche di bronzo con racemi e cespi d'acanto. La s. della Medea di Arles ha pomo e guardia rettangolari. Importante per la sua tipologia orientale la s. del Dolicheno di Wiesbaden, con estremità del fodero a doppia voluta. La decorazione del fodero è sempre assai semplice: solo nella stele dell'ausiliario Yperanor si ha una decorazione a cerchi collegati da listelli. L'impugnatura è sempre assai lunga, sormontata da un grosso pomo, il fodero spesso a sezione prismatica. Una decorazione piuttosto raffinata si ha nel fodero, sempre a sezione prismatica, del Trofeo capitolino dell'età di Domiziano. Sulla base della Colonna Traiana appaiono pure s. riccamente decorate. Nel tardo impero il tradizionale gladio è sostituito, per le truppe pesanti, dalla spatha, più lunga, larga, a due tagli e appuntita.
Fra le rappresentazioni tarde di s. decorate sono certamente di grande interesse quelle del rilievo dei Tetrarchi (v.) di Venezia. L'elsa torna ad esser configurata a testa di rapace robustamente stilizzato. Il fodero a sezione rettangolare è decorato a riquadri, evidentemente corrispondenti a riporti in pietre preziose. Lo stesso tipo di fodero compare nel dittico di Stilicone, ma con impugnatura e guardia tornite. Un'elsa a testa di animale si ha ancora in una statua in porfido di Berlino, mentre in un torso tardo romano di Torino si ha un fodero a scanalature longitudinali. Nel missorium di Valentiniano III si vede invece una lunga s. a fodero liscio. Uno dei più tardi esempî di s. con fodero ornato è quella raffigurata nel dittico di Probo con ritratto d'Onorio. La rappresentazione fa supporre che nella realtà il fodero fosse adorno anche in questo caso di gemme incastonate. In una delle valve l'elsa è configurata a protome di rapace. Il motivo passa nell'armamento delle genti germaniche e slave, dove questi apporti della cultura tardo-romana e alto-bizantina s'inseriscono nel fondo protostorico tradizionale.
Bibl.: J. Beurlier, in Dict. Ant., II, 2, p. 1680 e ss., s. v. Gladius; Sprockoff, in Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, IX, s. v. Schwert; J. Naue, Die vorrömischen Schwerter, Monaco 1903; O. Montelius, La civilisation primitive en Italie depuis l'âge des métaux, I-III, Stoccolma 1895-1910; R. Dussaud, Les civilisations préhelléniques dans le bassin de la mer Egée2, Parigi 1914; I. Déchelette, Manuel d'archéologie préhistorique, celtique et gallo-romaine, I-III, Parigi 1914; G. Karo, Die Schachtgräber von Mykenai, Monaco 1938; G. Pesce-G. Lilliu, Sculture della Sardegna Nuragica, Venezia 1949; M. Pallottino, La Sardegna nuragica, Roma 1950; P. Cuissin, Les armes romaines, Parigi 1962; G.-Ch. Picard-J. J. Hatt, L'arc d'Orange, Parigi 1962, cap. II, p. 77 ss.