sovraoccupazione
In base alla definizione fornita dall’OCSE (➔), condizione di un individuo occupato che desidera o cerca di lavorare meno ore rispetto a quelle effettivamente lavorate, nella medesima occupazione o in una differente, ed è disponibile ad accettare la corrispondente riduzione di reddito. Si tratta di un fenomeno opposto rispetto a quello della sottoccupazione (➔).
L’incidenza della s. varia considerevolmente in funzione della tipologia di professione svolta, della lunghezza della settimana lavorativa, del livello di reddito guadagnato, del genere e dello stadio del ciclo vitale del lavoratore. In particolare, alcune analisi empiriche mostrano che essa è più diffusa tra le donne, soprattutto se madri di figli in età prescolare, tra gli occupati a reddito e istruzione elevati e tra gli studenti lavoratori.
Con diversa accezione, condizione di chi presta in un’impresa ore di lavoro eccedenti l’orario giornaliero considerato normale. In questo caso, la condizione può essere scelta volontariamente dal lavoratore o imposta dal datore di lavoro.
A livello macroeconomico, nel caso la s. sia collegata a un eccesso di offerta di lavoro, genera una pressione alla crescita salariale. Si parla di s. involontaria in riferimento a una situazione di insufficiente offerta di lavoro (➔ lavoro, offerta di) in corrispondenza del salario reale prevalente. Si può verificare, per es., in periodi bellici in presenza di controlli sui prezzi e sui salari.
Secondo una ulteriore definizione, s. è la situazione che si realizza quando, per svolgere un determinato compito, viene utilizzata una quantità di forze lavorative superiore a quella ritenuta necessaria per compiere con efficienza il lavoro stesso. In questo caso si ha quindi uno spreco di risorse produttive.