Vedi SOVANA dell'anno: 1966 - 1997
SOVANA (Suana)
Frazione del comune di Sorano in provincia di Grosseto, che presenta una continuità di vita nell'alto Medioevo degna di nota (oratorio rupestre con pitture assai posteriori, cattedrale romanica su località dove sorgeva già una chiesa nell'VIII sec., feudo degli Aldobrandeschi dei quali resta la rocca, ecc.). Come municipio romano, la località è nota a Plinio (Nat. hist., iii, 8, Suanenses), a Tolomeo (Geogr., iii, 1, 43) ed è menzionata nelle epistole di S. Gregorio Magno (ii, 30). Probabilmente faceva parte, nel periodo arcaico etrusco, del territorio di Vulci e, quando i Romani smembrarono quella regione creando la prefettura di Statonia (v.), è possibile che Suana avesse avuto anche, di conseguenza, la sua elevazione a municipio; si stabilivano così i contatti artigianali e commerciali, che risultano abbastanza evidenti dai rinvenimenti, con la non lontana Volsinii, attiva produttrice di vasi a rilievo in età ellenistica.
Fra le strade più importanti dell'abitato, che assai probabilniente conducevano all'altopiano al disopra della Tomba della Sirena, dove ci pare di potere identificare un altro centro importante etrusco non ancora esplorato (non lontano dalla località Tollena, ben nota nell'8oo, era quella cava di S. Bastiano che passa fra le tombe 23-24-105 della carta topografica del Bianchi Bandinelli) la strada chiamata Cavone, che era certo più elevata dell'attuale ma che tuttavia, dalle tracce di iscrizioni, possiamo immaginare già sprofondata in antico. È questa indubbiamente una delle più suggestive vestigia della antica viabilità in Etruria.
Restano alcuni residui di muro antico, incorporati nelle mura della rocca che si riferiscono certamente ad epoca etrusca, nonché, sotto il Duomo sul lato occidentale, un imponente troncone di muro etrusco ed un altro sotto la distrutta chiesa di S. Vito. Fuori delle mura è stato identificato a suo tempo, dal Mancinelli, un edificio che doveva essere un piccolo tempio, come rivelano chiaramente le terrecotte architettoniche conservate al museo di Firenze, ed alcuni frammenti di teste e di figure fittili virili databili in età ellenistica, e cioè verso la fine del III sec. a. C.
Ma S. è soprattutto famosa per le tombe, che appartengono a quella particolare forma di architettura rupestre che ha avuto singolare fortuna in tutto il territorio alto-maremmano, ma specialmente a S. Giuliano di Viterbo, a Bieda, a Poggio Buco e nella vicina Sorano. Le necropoli di S. più notevoli si estendono nelle vallate della Calesine e della Picciolana, dove le pareti rocciose sono tutte quante bucate da una serie imponente di dròmoi che oggi non è più facile rintracciare in mezzo alla boscaglia. Fra i tipi di tomba più diffusi a S., si distinguono quelli a dado, il cui significato di una monumentale ara porta cippo resta sempre quello più plausibile. Altri tipi di tombe sono invece ad edicola (cioè con edicola sovrapposta alla tomba il cui dròmos si insinua nella terra in pendio al disotto) e a tempio. Fra quelle ad edicola si impone per originalità e bellezza la Tomba cosiddetta della Sirena, così chiamata dal rilievo che decora il timpano sovrastante l'edicola che raffigura una Scilla, che con le sue spire abbranca due giovani. Al disotto dell'edicola è raffigurato un defunto sdraiato su di una klìne, mentre due figure di genî lo fiancheggiano.
Fra le tombe a tempio si impongono all'attenzione la Ildebranda (chiamata così dal Rosi, a ricordo della non sicura derivazione sovanese del celebre Ildebrando da S.) con un vero e proprio tempio ad alae, a trabeazione architettonica decorata di figure di grifi e con capitelli "eolici" decorati di protomi maschili e femminili; tipico esempio, dunque, di quell'architettura "baricefala" che Vitruvio (iii, 3,5) additava come un elemento caratteristico dell'architettura etrusca. La datazione si aggira intorno alla prima metà del II sec. a. C., ma il confronto più evidente è con il mausoleo di Belevi presso Efeso (v.) (circa 253 a. C.) e, per la decorazione, con motivi àpulo-campani.
La Tomba Pola invece (meno conservata), aveva un prospetto architettonico di Otto colonne, forse di stile cosiddetto eolico, parallelo alla parete della roccia; ben più importante dal punto di vista della struttura è quella Ildebranda, che invece vuole richiamare il vero heròon, con colonne anche laterali che fiancheggiano il dado roccioso centrale corrispondente all'ipotetica cella del tempio.
Per quanto concerne la cronologia della civiltà etrusca a S., mentre per il periodo più arcaico non è possibile avere un'idea chiara (non mancano elementi di riferimento al VI sec. a. C. in ritrovamenti sporadici) siamo invece sufficientemente informati per il periodo ellenistico, in cui si può rintracciare la validità di formule architettoniche monumentali, che derivano dall'estendersi di un gusto ellenistico in Roma e nel Lazio a partire dal III sec. in poi. Questa forma di passaggio dall'heròon ellenistico al monumento sepolcrale romano, che si riporta alla consuetudine assai antica di considerare il sepolcro come espressione visibile, diremmo, della casa del morto, è appunto originalmente tramandata a S. in modo inequivocabile. Questa, sembra, la maggiore importanza di S. nella storia dell'architettura ellenistica in Italia.
Bibl.: S. I. Ainsley, in Bull. Inst., 1843, p. 155 ss.; G. Dennis, Cities and Cemeteries of Etruria, II, Londra 1883, p. 4 ss.; Bull. Soc. Colombaria o Atti della Soc. Colombaria, 1860, I, p. 251 ss.; G. Rosi, in Journ. Rom. Stud., XV, 1925; XVII, 1927. Lo studio monografico più completo, con tutta la bibliogr. precedente: R. Bianchi Bandinelli, Sovana. Topografia e Arte. Contributo alla conoscenza dell'architettura etrusca, Firenze 1929; Å. Åkerström, Studien über die etruskischen Gräber, Lund 1934, p. 98 ss.