SOTERIOLOGIA
. È, come dice il nome (gr. σετηρία "salvezza" e λόγος), la "dottrina della salvezza", intesa come parte fondamentale di una dottrina religiosa. Certo, se il termine "salvezza" si intenda in senso così lato da farvi rientrare tutte le concezioni relative alla sorte oltremondana degli uomini e alla liberazione dal male e dal peccato - liberazione e male-peccato intesi anche in senso puramente magico - si dovrà dire che l'idea di salvezza è centrale e fondamentale di qualsivoglia manifestazione del sentimento religioso. Ma una vera e propria soteriologia, o dottrina della redenzione, si ha veramente soltanto là dove l'esistenza del male è diventata davvero un problema, che il pensiero religioso si propone di risolvere, in base a una determinata concezione dell'universo. Ciò accade soltanto nelle religioni superiori, ed è tra queste che se ne sogliono designare alcune come costituenti quasi un gruppo speciale di "religioni soteriologiche" per eccellenza. Si fanno rientrare abitualmente in tale categoria i grandi sistemi filosofico-religiosi dell'India, sia quelli designati come ortodossi (v. india, XIX, p. 19 seg.), sia il buddhismo (v.) e il jainismo (v.); lo zoroastrismo (v.); i misteri del mondo antico nella loro fase più evoluta (v. misteri); il manicheismo (v.); i grandi sistemi gnostici (v. gnosticismo); il cristianesimo; l'islām (v. islamismo); né sarebbe giusto lasciar fuori da questa enumerazione i sistemi filosofico-religiosi del tardo ellenismo, per es. il neoplatonismo. Ma anche il giudaismo, che per lo più non viene considerato religione soteriologica, o almeno prevalentemente tale, ha tuttavia una sua dottrina della salvezza, nelle idee relative al valore del pentimento e alla misericordia di Dio (cfr. G.F. Moore, Judaism, ecc., Cambridge 1927, I, p. 500). Ciò nonostante, il giudaismo si distingue almeno dalle più fra le altre religioni su ricordate, le quali sono, quasi tutte, religioni universalistiche e, pertanto, individualistiche; mentre il giudaismo non ha mai cessato del tutto di essere una religione nazionale. Mentre l'appartenenza ai misteri o al manicheismo non è mai stata subordinata a condizioni di nazionalità; mentre il cristianesimo ha ben presto proclamato la sua indipendenza dal giudaismo e accolto indifferentemente Giudei e Greci, liberi e schiavi, uomini e donne (cfr. S. Paolo, Galati, III, 28), i proseliti del giudaismo entrano nello stesso tempo a far parte della comunità religiosa e della nazione d'Israele; benché il monoteismo faccia, indubbiamente, del giudaismo una religione universale.
Religioni soteriologiche sono dunque tutte le religioni superiori: vale a dire quelle che hanno - quale più quale meno pienamente - superata la fase strettamente nazionale, e che costituiscono, in senso lato, una "chiesa" (v. chiesa, X, p. 9). Indissolubile da questo fatto, e quasi soltanto un aspetto di esso, è l'altro, che cioè si tratta di religioni le quali hanno un contenuto dottrinale. Questo può tuttavia essere diversissimo; pure - per quanto possano differire le soluzioni e variare i mezzi di redenzione e l'ideale stesso della salvezza - nessuna di queste religioni si esime dal considerare come di fondamentale importanza il problema dell'esistenza del male nell'universo; e, in tutte ha, o ha avuto e può avere, singolare sviluppo l'ascetismo e il misticismo. In alcune di esse ha poi assunto importanza fondamentale il problema della parte che, nella realizzazione della salvezza, e della redenzione vera e propria, spetta rispettivamente all'uomo e alla divinità. Le diverse soluzioni date a questo problema, come pure la coscienza che certi gruppi (sia praticanti l'ascesi, sia affermanti di essere, o per unione mistica o per infusione di una grazia speciale, in un rapporto particolarmente stretto con la divinità) hanno avuto, di essere gli eletti, predestinati alla salvezza o particolarmente meritevoli di conseguirla, sono state causa di numerose scissioni.
Bibl.: Oltre ai principali manuali di storia delle religioni (v. religione: La storia delle religioni), si possono consultare utilmente: J. Wach, Der Erlösungsgedanke und seine Deutung, Lipsia 1922; id., in Die Religion in Geschichte und Gegenwart, II, Tubinga 1928, col. 266 segg., 285 segg.; R. Otto, Das Heilige, 22ª ed., Monaco 1932 (trad. ital., Bologna 1926); id., West-östliche Mystik, 2ª ed., Gotha 1929.
Soteriologia cristiana. - Il cristianesimo ha per punto centrale il mistero della salvezza e tutto il pensiero patristico, scolastico e post-tridentino non fa che illustrare, dilucidare e difendere questo punto centrale, le cui basi teologiche sono fissate da San Paolo (v. redenzione; paolo, santo). Naturalmente nei Padri più antichi e prima delle grandi controversie cristologiche del sec. IV la menzione del valore soteriologico del sacrifizio di Gesù, sebbene non riceva sempre uno sviluppo adeguato e sia fatta capta occasione, non manca tuttavia, dato il suo basilare e specifico valore religioso, in nessuno degli scrittori ecclesiastici. La troviamo infatti in Clemente Romano, nell'epistola a Diogneto, nell'epistola di Barnaba, in Ignazio di Antiochia, in Giustino, Ireneo, Clemente Alessandrino, Ippolito, Tertulliano, Metodio d'Olimpo, Cipriano.
Per gli gnostici invece, che hanno una visione essenzialmente intellettualistica, la redenzione consiste nel liberare l'elemento divino che è nell'uomo dal carcere della materia: questa liberazione è compiuta da un eone che si unisce apparememente (v. docetismo) a Gesù dal giorno del suo battesimo a quello della passione; e si attua in ogni individuo non per i meriti della passione, che l'eone non ha sofferta, ma in virtù della gnosi o scienza che egli ha rivelato (v. gnosticismo).
Marcione, quantunque doceta, accorda tuttavia alla morte di Gesù uno speciale valore di redenzione, in quanto riscatta dalle mani del demiurgo.
Apollinare, con il quale s'inizia in maniera organica l'eresia cristologica, ritiene che in Cristo la carne sia associata a un λόγος, o Verbo divino, e che pertanto Cristo con la sua morte abbia salvato la nostra carne, ma non la nostra anima, la quale si può riscattare solo imitando gli esempî di Lui.
I Padri della Chiesa, specialmente i greci, seguiti dai latini, hanno emesso intorno alla soteriologia due teorie fondamentali, le quali tuttavia non sono esclusive l'una dell'altra: 1. la teoria mistica detta anche fisica, speculativa, unitiva, in virtù della quale il Verbo di Dio, assumendo la natura umana, ha di nuovo santificato questa natura che il peccato aveva inquinata e condotta alla morte. Questa teoria mette in valore soprattutto il fatto stesso dell'Incarnazione, che col solo contatto del divino con l'umano avrebbe divinizzato, "verbificato" (λογοϑείς), quest'ultimo; essa è stata patrocinata soprattutto da S. Atanasio, che per la polemica antiariana aveva bisogno di esaltare la natura divina del Verbo, e poi da San Gregorio Nisseno; 2. la teoria realistica, in virtù della quale, essendo l'uomo peccatore e incapace di pagare a Dio il prezzo del proprio riscatto, viene riscattato da Gesù che paga per lui con la sua passione e morte redentrice.
Questa teoria del riscatto e della sostituzione vicaria di Gesù, che discende direttamente dal pensiero paolino, è quella seguita dalla maggioranza dei Padri greci, Cirillo gerosolimitano, Basilio, Gregorio Nazianzeno, Giovanni Crisostomo; inoltre da Afraate siro, e dai Padri latini Ambrogio, Girolamo e Agostino.
Il prezzo del riscatto, cioè Cristo stesso, è presso qualche Padre immaginato come pagato a Satana, che aveva l'uomo in suo potere: ma questo prezzo non resta nelle mani del demonio, perché Cristo con la risurrezione gli sfugge. Questa teoria, che è un aspetto speciale della realistica, è stata anche a motivo di sviluppi poetico-oratorî circa la lotta tra Gesù e Satana, preferita da alcuni Padri quali Gregorio Nisseno, in parte Basilio, Efren siro, Ilario, e v'insistono anche Girolamo e Ambrogio, mentre è respinta da Agostino.
Durante il sec. V e in seguito, la teoria mistica perde terreno di fronte alla realistica, ma è ricordata ancora in Oriente da Cirillo Alessandrino, conforme alla tradizione della sua Chiesa; e in Occidente da Leone Magno, il quale pur affermando l'idea realistica, preferita dai Padri latini, si compiace di mettere in rilievo il fatto dell'incarnazione del Verbo. Gregorio Magno è totalmente per la teoria realistica, seguito dagli altri scrittori ecclesiastici, Fulgenzio, Cesario, Cassiodoro, i quali tutti sviluppano anche il concetto della beffa fatta al demonio, cui giustamente fu sottratta la vittima vicaria. Pure Giovanni Damasceno, ultimo dei grandi teologi greci, segue la teoria realistica, ponendo in luce tuttavia anche la punizione ricevuta da Satana per il suo abuso di potere contro l'innocente Gesù.
Nel Medioevo Anselmo scrive per primo un trattato sistematico sull'argomento (Cur Deus homo), in cui fissa la teoria realistica su quelle linee fondamentali che la Scolastica non abbandonerà più: esse sono impotenza dell'uomo ad autosalvarsi, non potendo la sua soddisfazione uguagliarsi alla gravità della colpa; necessità quindi dell'Uomo-Dio Gesù, il quale come uomo può soffrire e come Dio dà un valore infinito a questa passione salvatrice. San Bernardo segue in sostanza la medesima via, insistendo, a causa della polemica con Abelardo, sulla sostituzione vicaria; San Bonaventura ammette la teoria realistica, cioè l'incarnazione, passione e morte di Gesù in vista della redenzione, ma pensa che anche se l'uomo non avesse peccato Dio si sarebbe incarnato ugualmente, come manifestazione suprema della sua infinita bontà; questa teoria è seguita da tutta la scuola francescana e ha il più autorevole sistematore in Duns Scoto.
Per San Tommaso invece, che fa la sintesi del pensiero scolastico, l'incarnazione non avrebbe avuto luogo senza il peccato; Gesù, in quanto Dio, è la causa efficiente della redenzione: in quanto uomo, con la sua passione ha soddisfatto per noi liberandoci dalla pena, ci ha redento liberandoci dalla colpa e riconciliandoci con Dio mediante il suo sacrificio. Questo sacrificio, libero quanto alla sua volontà, pieno di amore verso gli uomini, e di ubbidienza verso il Padre, ha avuto un valore sovrabbondante e non semplicemente adeguato alla colpa.
La riforma protestante non presenta novità quanto alla cristologia; la sua soteriologia parte dal punto di vista paolino della morte espiatrice di Cristo, ma ritiene che l'espiazione sia rigorosamente adeguata alla colpa, senza sovrabbondanza di meriti che la Chiesa abbia ad amministrare a pro' degli uomini e senza che l'uomo partecipi con la sua volontaria azione alla propria salvezza. Contro i novatori sia luterani sia calvinisti - questi ultimi assai più consequenziarî - il concilio di Trento confermò la visuale tomistica della soteriologia, che era in sostanza quella realistica paolina arricchita degli apporti dovuti allo sviluppo del pensiero teologico, soprattutto di fronte alle eresie. S. Roberto Bellarmino ne fu il più vivace difensore contro Calvino, sostenendo accanto al valore infinito del sacrificio di Cristo, anche il valore delle soddisfazioni meritorie dell'uomo, avvalorate dall'assistenza carismatica della Chiesa, la quale tesoreggia e distribuisce i meriti sovrabbondanti della redenzione di Cristo.
Il protestantesimo liberale moderno, negando alla persona di Cristo la divinità consustanziale al Padre, ha con ciò stesso annullato il valore di adeguato riscatto al sacrificio della croce, riducendo la passione e morte di Gesù a un luminoso esempio di edificazione religiosa e morale.
Bibl.: v. redenzione.