sorridere
Il verbo non si discosta sostanzialmente, per quanto riguarda il significato, dai valori registrati sotto la voce ‛ ridere ' (v.): del resto l'equivalenza semantica del riso al sorriso è attestata da D. stesso nell'episodio di Stazio, sulla scia della massima che riso e pianto son tanto seguaci / a la passion di che ciascun si spicca, / che men seguon voler ne' più veraci (Pg XXI 106-108): all'occhiata ammonitrice di Virgilio, D. non trattiene un cenno d'intesa col maestro (Io pur sorrisi come l'uom ch'ammicca, v. 109); poco oltre lo stesso trasalimento è designato come un lampeggiar di riso (v. 114) e nelle parole di spiegazione a Stazio il poeta dice esplicitamente: Se cagion altra al mio rider credesti, / lasciala per non vera (vv. 127-128).
Varrà dunque anche, per es., la definizione del ridere data in Cv III VIII 11-12 e impostata sulla corrispondenza dell'atto esterno con un'interna corruscazione de la dilettazione de l'anima e sulla necessità per l'uomo di mostrare in ogni caso un'allegrezza moderata... con onesta severitade e con poco movimento de la sua [ fa]ccia.
Su questa base il s., cui sempre si congiunge l'idea della luminosità, si manifesta secondo diverse motivazioni psicologiche: talora, con una sottolineatura di superiorità morale e connesso compiacimento del proprio segreto sentire, accompagna il silenzio di D. che non risponde a quanto contrasta col codice dell'amore stilnovistico: E quando mi domandavano " Per cui t'ha così distrutto questo Amore? ", e io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro (Vn IV 3); altre volte commenta, tra sottintese incidenze morali, il senso di distacco con cui il pellegrino celeste guarda dall'alto dei cieli la piccola terra: vidi questo globo / tal, ch'io sorrisi del suo vil sembiante (Pd XXII 135).
Certo la rete più fitta di connotazioni sentimentali e di riflessi poetici si concentra attorno al sorriso di Beatrice, a cominciare dalle pagine della Vita Nuova: Quel ch'ella par quando un poco sorride, / non si pò dicer né tenere a mente, / sì è novo miracolo e gentile (XXI 4 12).
Nella Commedia Beatrice s. quasi sempre per un misto di affetto e compatimento verso la debolezza umana di D., i suoi dubbi, il suo faticoso e imperfetto adeguamento alle misure dell'ultraterreno: " E se tu ricordar non te ne puoi ", / sorridendo rispuose, " or ti rammenta / come bevesti di Letè ancoi... " (Pg XXXIII 95); S'io fui del primo dubbio disvestito / per le sorrise parolette brevi, ecc. (Pd I 95; " per le parole di Beatrice, le quali disse brevemente, sorridendo della simplicità e grossezza del falso pensiero di Dante ", Buti; si noti la costruzione transitiva di s., il cui participio passato, conservando funzione verbale e unito a parolette, felicemente esprime la contemporaneità del parlare e del s.); Ella sorrise alquanto, e poi... (Pd II 52); nulla vidi, e ritorsili avanti [gli occhi] / dritti nel lume de la dolce guida, / che, sorridendo, ardea ne li occhi santi. / " Non ti maravigliar perch'io sorrida ", / mi disse, " appresso il tuo püeril coto... " (Pd III 24 e 25); Con quelle altr'ombre pria sorrise un poco; / da indi mi rispuose (III 67); sino all'attestazione di Pd XXXI 92 che segna l'estremo moto di carità della donna verso l'antico fedele prima del suo definitivo affisarsi nell'eterno principio: Così orai; e quella, sì lontana / come parea, sorrise e riguardommi; / poi si tornò a l'etterna fontana.
Una funzione non meno significativa ha il sorriso di Virgilio, che si verifica una prima volta quando le grandi anime del Limbo accettano D. nel circolo ideale della loro magnanimità: Da ch'ebber ragionato insieme alquanto, / volsersi a me con salutevol cenno, / e 'l mio maestro sorrise di tanto (If IV 99): " cioè rallegrossi, come colui al quale dilettava uomini di tanta autorità aver prestata fede alle sue parole e per quelle onorar colui il quale esso commendato avea " (Boccaccio).
In altra occasione il sorriso di Virgilio segue alla scoperta da parte di D. delle sette P incise dall'angelo guardiano del Purgatorio sulla sua fronte: con le dita de la destra scempie / trovai pur sei le lettere che 'ncise / quel da le chiavi a me sovra le tempie: / a che guardando, il mio duca sorrise (Pg XII 136): qualche antico commentatore ricorre per tale occorrenza a un'interpretazione allegorica: " cioè la ragione fece beffe de la sensualità, che non apprende se non cose particulari e presenti e non apprende le passate e future, come fa la ragione " (Buti); " Sorrise Virgilio perché lo intelletto si ride della ignoranza della sensualità e quasi diventa un altro Democrito " (Landino). Ma forse è meglio rimanere in una dimensione affettiva, come fa Benvenuto (" gratulando, quia placuit sibi factum "), o pensare a una bonaria reazione della guida di fronte al gesto di Dante. " L'atto di Dante, a ben considerare, implica una sfiducia: egli ha voluto toccar con mano quel che il maestro gli aveva detto. Ma l'atto è così irriflesso, spontaneo, ingenuo che Virgilio ne sorride " (Porena). Lo stesso carattere sembra possedere il sorriso virgiliano che nel corso di una scena mossa e sapientemente orchestrata su sottili ragioni psicologiche anticipa l'ormai sicura decisione dantesca di penetrare nella cortina di fuoco, oltre la quale è annunciata la presenza di Beatrice: comportamento non dissimile da quello di un fanciullo che si lascia indurre a far ciò che prima non voleva in seguito alla promessa di un pomo: indi sorrise / come al fanciul si fa ch'è vinto al pome (Pg XXVII 44).
Fra i rimanenti esempi - il sorriso di Casella alla meraviglia di D. (Pg II 83), quello di Manfredi, che manifesta nobiltà e gentilezza d'animo (III 112), quello di s. Tommaso, rispondente in termini di luce all'intensificazione della carità (Pd XI 17) - si distingue, quasi sul finire del poema, il sorriso di Bernardo (Bernardo m'accennava, e sorridea, / perch'io guardassi suso, Pd XXXIII 49), dove si rileva qualche somiglianza con analoghi tratti paterni delle altre guide, ma anche una nota di trasumanata dolcezza, quasi a suggerire l'imminente acquetamento dello spirito dantesco nell'ultima visione: " quasi laetus dicens: ‛ nunc habes quidquid tanto opere petisti, et tamdiu desiderasti ' " (Benvenuto).
Non si discosta dal significato più comune l'uso del verbo in Fiore LXXXI 1.