sordo
Chi per difetto organico non possiede la facoltà dell'udito. In tal senso l'esser s. è uno degli impedimenti fisici che rimuovono l'uomo da l'abito di scienza: cfr. Cv I I 3 quando le parti sono indebitamente disposte, sì che nulla [il corpo] ricevere può, sì come sono sordi e muti e loro simili.
L'assimilazione della sensibilità dei trapassati a quella dei viventi consente alle anime dei golosi di voler esser... sorde (If VI 33) per non udire il tormentoso latrato di Cerbero.
‛ Non esser s. ' alla voce di qualcuno vuol dire, figuratamente, ascoltarla e metterne in pratica gl'insegnamenti: Più non si va, se pria non morde, / anime sante, il foco: intrate in esso / e al cantar di là non siate sorde (Pg XXVII 12); ma forse qui c'è solo un invito ad alleviare il tormento del fuoco porgendo orecchio alla melodia celeste: " quasi dicat: confortemini, viri fortes, et habete patientiam in igne, quia ultra ignem audietis aliam vocem benignam, recipientem vos... " (Benvenuto).
Con uso figurato assai simile, l'interrogativa retorica Come saranno a' giusti preghi sorde / quelle sustanze che, per darmi voglia / ch'io le pregassi, a tacer fur concorde? (Pd XV 7) mette in risalto la carità dei beati, pronti ad ascoltare la preghiera di Dante.
Un forte traslato si verifica nel canto iniziale della terza cantica: forma non s'accorda / molte fïate a l'intenzion de l'arte, / perch' a risponder la materia è sorda (Pd I 129), dove, al di là delle concordanze concettuali con la cultura scolastica (" materia non potest consequi formam, nisi sit debito modo disposita ad ipsam ", Tomm. Sum. theol. I II 4 4c; e cfr. Cv II I 10, Mn II II 3), sembra adombrato il dramma dell'artista che talora sforza invano la materia riottosa, " indisposita, inoboediens " (Benvenuto), " inetta e sconcia " (Buti), ad assumere la forma concepita dalla sua mente creatrice.