sopragridare
L'efficacia del termine, probabile creazione dantesca, emerge dal contesto: le due schiere di lussuriosi, appena dopo essersi baciate in fretta, prima che 'l primo passo lì trascorra, / sopragridar ciascuna s'affatica (Pg XXVI 39; per il testo, cfr. Petrocchi, ad l.).
Per l'interpretazione esatta del verbo i commenti più antichi propongono " gridare quanto più forte si può " (Benvenuto: " quanto altius possunt "); lungo questa linea si muove il Cesari: " gridano ad alta voce ciascuna (penitenza cocente!) la propria vergogna ". Così, fra i moderni, Steiner, Pietrobono, Chimenz; il Pietrobono analizza giustamente il termine nell'ambito del verso in cui si trova, formato da " parole lunghe e tutte e tre fortemente accentate, a ritrarre l'altezza e la continuità del grido... Queste anime, non contente di dire, gridano sempre; ma qui provano il bisogno di gridare ancor più... mettendoci tutto il fiato che hanno, fino a esserne quasi stanche ".
Un altro gruppo di commentatori interpreta s. nel senso di " fare a gara a gridare ", " gridar più alto e più forte dell'altra (schiera, o anima) ", Venturi; e il Lombardi: " inteso che vaglia quanto... ‛ superar gridando ', accorda molto bene col ciascuna s'affatica ".
A questo proposito, il Tommaseo (Dizionario) osserva che s. non vale " gridare forte " bensì " fare a gara a gridare ", " giacché un solo che gridi, sopraggridare non si direbbe mai ". Cfr. anche A. Monteverdi, Il c. XXVI del Purgatorio, in Lect. Scaligera II 964. Il Porena, restando nel dubbio fra le due interpretazioni, sembra suggerire la possibilità che il verbo valga l'una cosa e l'altra insieme.
Molti commenti, infine, notano che s. è " voce potente, nella forma di quella de' Salmi, supergaudeant, supersperavi " (Tommaseo; cfr. anche Grabher, Sapegno).