SOPHILOS (Σώϕιλος)
2°. - Mosaicista attivo in ambiente alessandrino nella prima metà del II sec. a. C.
La firma Σώϕιλος ἐποίει si legge in un mosaico rinvenuto a Tell Timai, sul Delta, nei sito dell'antica Thmuis, e trasferito nel 1922 al museo di Alessandria (v. vol. i, fig. 336). In mancanza di dati di scavo, considerazioni di carattere stilistico, iconografico ed epigrafico permettono di datare con sufficiente approssimazione l'opera di Sophilos.
L'èmblema quadrato al centro del mosaico, che contiene anche la firma dell'artista, riproduce a mezzo busto una figura di donna ammantata che porta sulla spalla un'antenna con una vela, ed è coronata da un singolare diadema che simula la prua rostrata d'una nave da guerra: s'interpreta come una personificazione di Alessandria con gli attributi d'una vittoria navale. L'impostazione monumentale della figura e, d'altra parte, qualche difficoltà nel disegno della corona, dovuta forse all'incomprensione d'un artificio prospettico, fanno pensare che si tratti della copia d'una grande pittura. È evidente il richiamo all'iconografia della Tyche di città, come si era formata nel corso del III sec. a. C., e per questo tempo si può anche ricordare la pittura di Nealkes, con figure simboliche, che celebrava una vittoria navale degli Egiziani sui Persiani.
Il mosaico di S. è eseguito accuratamente a piccole tessere, ma vi si nota ancora la presenza di sottili strisce di piombo, come nei pavimenti a ciottoli. La figura è costruita vivacemente col colore, graduato in una ricchissima serie di sfumature, dal bianco all'ocra, dal grigio al verde; le ombre sono bruno terra con riflessi aranciati. Il cromatismo raggiunge effetti illusionistici nell'iride che divide il nero della pupilla dal bianco dell'occhio. La linea, ben avvertibile nel disegno del panneggio e del volto, è resa però nei contorni con una successione intermittente di tessere blu scuro, che consente un'immediata fusione della figura con l'atmosfera.
Nella cornice dell'èmblema, con un motivo a treccia, la linea di contorno manca del tutto e si ha un trattamento francamente impressionistico, come nei mosaici pergameni del V Palazzo. Con questi si possono utilmente confrontare anche gli altri elementi ornamentali del mosaico: la fascia a doppio meandro plastico e la duplice serie di "torri merlate" o frange che chiude la composizione.
Alla prima metà del II sec. a. C. porterebbe infine l'iscrizione che ha i medesimi caratteri della firma del pergameno Hephaistion.
Il mosaico di S. è dunque tra gl'incunaboli della decorazione pavimentale a tessellato, se non il più antico mosaico del genere che ci sia conservato (Brown). L'eccezionale qualità dell'opera è confermata dalla fortuna che ha avuto nel centro di Thmuis, da dove proviene una copia alquanto più povera nella composizione e nel colore, ma non molto più tarda.
Bibl.: E. Breccia, in Le Musée gréco-romain au cours de l'année 1925 1931, p. 65, tav. A, LIV, 196; id., in Annuaire du Musée gréco-romain, 1935-39, p. 44; G. E. Rizzo, La pittura ellenistico-romana, Milano 1929, p. 47; H. Kees, in Pauly-Wissowa, VI A, 1936, c. 295, s. v. Thmuis, n. i; M. Rostovtzeff, The Social and Economic History of the Hellenistic World, I, Oxford 1941, p. 254, tav. XXXVIII, 1412, n. 178; Olynthus, XII, 1946, p. 329, n. 22; B. R. Brown, Ptolemaic Paintings and Mosaics and the Alexandrian Style, Cambridge Mass. 1957, p. 67 s., tav. XXXVIII, IXL; la copia del mosaico di S.: tav. XLI, i, XLII, i; E. Simon, recens. a B. R. Brown, in Gnomon, 34, 1962, p. 193.