Sons of the Desert
(USA 1933, I figli del deserto, bianco e nero, 68m); regia: William A. Seiter; produzione: Hal Roach; sceneggiatura: Frank Craven, Byron Morgan; fotografia: Kenneth Peach; montaggio: Bert Jordan; musica: Marvin T. Hatley.
Stan e Ollie sono sposati e schiavizzati dalle mogli. Affiliati a un club chiamato 'I Figli del Deserto', pronunciano solenne giuramento di recarsi a Chicago per il raduno annuale. Stan avanza i suoi lamentosi dubbi sul fatto che sua moglie lo lasci davvero andare, ma Ollie assicura che ci penserà lui a convincerla. In realtà, Mrs. Laurel consentirebbe al marito di andare, mentre è Mrs. Hardy che ha deciso di andare in montagna e proibisce categoricamente a Ollie di partire. A questo punto i due escogitano un piano: Ollie si finge malato, vittima di un grave esaurimento nervoso dovuto ai conflitti con la moglie, e un veterinario opportunamente addestrato a fingersi medico gli prescrive come cura un viaggio a Honolulu. Stan, ovviamente, dovrà accompagnarlo. Le mogli ci cascano e i due mariti, invece di imbarcarsi per i mari del Sud, se ne vanno a Chicago alla loro convention, che seguono allegramente senza sapere che la nave su cui avrebbero dovuto imbarcarsi è affondata a causa di una tempesta. Mentre cercano di avere notizie della tragedia, le mogli, tanto per allentare la tensione, vanno al cinema, vedono un cinegiornale dedicato proprio alla convention dei 'Figli del Deserto' e lì riconoscono, scatenati e in stato di evidente euforia alcolica, i loro mariti. Si preparano così a una terribile vendetta. Tornati a casa completamente ignari del disa-stro della loro nave, portando opportunamente in dono ananas e ukulele, Stan e Ollie vengono a sapere la notizia proprio quando stanno arrivando le mogli in taxi. I due si nascondono nell'attico della casa di Ollie stando attenti a non farsi scoprire e preparandosi un letto improvvisato per la notte dove staranno, commenta Stan, "come due piselli in un baccello". Purtroppo, a causa di un temporale notturno i due provocano strani rumori e, dopo un tentativo di fuga sui tetti e una scivolata lungo le grondaie che li porta dritti in un barile pieno d'acqua, vengono scoperti da Mrs. Hardy e da un poliziotto. Obbligati a parlare, tentano di raccontare la storia del loro naufragio e salvataggio, ma Mrs. Hardy li interrompe comunicando acidamente che l'arrivo della nave con i superstiti è prevista per l'indomani. Stan confesserà tutto venendo perdonato dalla moglie, mentre Ollie, reticente, sarà severamente punito.
Per molti critici, come Leonard Maltin, Sons of the Desert è il miglior lungometraggio di Stan Laurel e Oliver Hardy, il film definitivo. Nato come parodia di Convention City (Archie Mayo, 1932), un film con Dick Powell uscito lo stesso anno, Sons of the Desert recupera anche qualche spunto da un paio di comiche riuscite, come Their Purple Moment (Fred Guiol, James Parrott, 1928) e We Faw Down (Leo McCarey, 1928), e rielabora il tutto in forma di lungometraggio, senza dover forzatamente inserire canzoncine o storie secondarie per ottenere una lunghezza giusta. A differenza di quanto accade in altre comiche, la situazione matrimoniale dei due non è un elemento riduttivo per lo sviluppo della storia: anzi, è un buon motivo per una commedia felicemente costruita, che mette in risalto la capacità di Laurel e Hardy di adeguarsi sia alle scene di commedia più scritta (quelle con le mogli) sia a quelle in cui si scatena il loro classico gioco di coppia o a quelle che sembrano completamente improvvisate (la festa a Chicago). Il regista, William A. Seiter, uno specialista di commedie di non grande spessore ma di un certo tocco (dirigerà anche i fratelli Marx in Room Service ‒ Servizio in camera, 1938), ottiene alla sua prima e unica prova con Laurel e Hardy un risultato di grande compostezza e di perfetto dosaggio. Laurel e Hardy hanno tutto il loro spazio per agire, non perdono nulla della forza delle loro shorts comiche e sono ben controllati nella costruzione delle gag. Tra le sequenze indimenticabili, spicca il raduno a Chicago con l'assurdo capo del club, fratellastro di Ollie, interpretato dal grande Charley Chase, attore delle produzioni Hal Roach e reale amico della coppia (girerà quattro film con loro). Ma è notevole anche il rientro a casa dei due davanti alla porta al ritmo della canzone Honolulu Babe di Marvin T. Hatley, con Ollie che suona l'ukulele. La situazione comica di Sons of the Desert è stata ripresa varie volte al cinema e in televisione. Ricordiamo un celebre episodio della serie televisiva americana Honeymooners e, in Italia, l'omaggio reso da Totò, Peppino e i fuorilegge (Camillo Mastrocinque, 1956), nel quale Titina De Filippo scopre dalla televisione che il marito se la spassa con l'amico in un locale, mentre lei pensava che fosse stato rapito.
Interpreti e personaggi: Stan Laurel (Stan), Oliver Hardy (Ollie), Mae Busch (Mrs. Lottie Chase Hardy), Dorothy Christie (Mrs. Betty Laurel), Charley Chase (Charlie), Lucien Littlefield (Dr. Horace Meddick, il veterinario), Harry Bernard (barista/poliziotto), Charlie Hall (cameriere), Charita (ballerina di hula), John Elliot, John Merton, Stanley Blystone, Don Brodie, Eddie Baker, Max Wagner, Jimmy Aubrey, Hal Roach.
Chic., Sons of the Desert, in "Variety", January 9, 1934.
Anonimo, I figli del deserto, in "Stelle", n. 46, 17 novembre 1934.
E. Roma, I figli del deserto, in "Cinema illustrazione", n. 49, 5 dicembre 1934.
J. McCabe, Laurel & Hardy, New York 1976.
M. Giusti, Laurel & Hardy, Firenze 1978.