Sonar bracchetti, e cacciatori aizzare
Sonetto (Rime LXI), che il Witte dette in luce per la prima volta nel 1871, traendolo dai manoscritti Chigiano L VIII 305 e Riccardiano 1050, in cui è attribuito a D.; si trova col nome di D. anche nella raccolta Bartoliana e nei codici Trivulziano 1058 (già Bossi 36), Vaticani lat. 3214 e 5225, Bolognese Universitario 1289, Magliabechiano VII 1060, ecc.; mentre è adespoto nel Palatino 200, ed è riportato con rime del Cavalcanti nel Marciano Italiano IX 191 (c. 119 r).
Il Lamma e lo Zingarelli - e così pure il Barbi e gli editori successivi - lo reputarono senza dubbio di D., e lo credettero composto dal poeta nella sua giovinezza, considerando che la forma di esso è adombrata talvolta di " ruggine arcaica " e che " lo stato d'animo rappresentatovi, e le occupazioni di cacce e di amori ", caratteristiche del mondo elegante e cavalleresco, in cui l'autore amava dilettarsi da giovane, anche a causa della sua condizione sociale, meglio si convenivano a quel tempo che non all'età matura e dedita a pesanti negozi e doveri. Il Lamma lo comprese, con altri sei componimenti (Parole mie che per lo mondo siete; Deh, ragioniamo insieme un poco, Amore; O dolci rime che parlando andate; Quando il consiglio tra gli uccei si tenne; Aï faux ris, pour quoi traï aves; Io Dante a te che m'hai così chiamato), tra le rime varie scritte in diversi periodi e in occasioni non determinabili; il Barbi fra quelle del tempo della Vita Nuova, e gli altri editori, infine, fra quelle amorose.
Il Lamma, infatti, esaminandone il contenuto, asserì che esso, pur trattando d'amore, non si può includere nel " ciclo delle rime amorose ", perché " il suo concetto è intessuto di sì ‛ sottil materia ', che la sua sentenza non si può cogliere con molta facilità ". Vi è rappresentato, invero, un contrasto fra i diversi sentimenti che agitano l'animo di D. - l'aspirazione, cioè, al diporto della caccia, e il dolore, accompagnato da vergogna e da cruccio, di dover lasciare, per un sì rozzo diletto, le donne e la loro leggiadra bellezza -, e fra essi quello amoroso non è affatto prevalente, ma piuttosto secondario. Sembra quasi " un pensiero che è passato per la mente del poeta ed egli ha voluto fermarlo nel verso "; e con ogni probabilità " è giunto a lui durante una partita di caccia, alla quale aveva partecipato ".
Anche lo Zonta fu di opinione che il sonetto rispecchi una reale partecipazione di D. alla caccia (e di tale avviso è fra i moderni anche il Sapegno), ma lo Zingarelli osservò che a rigore il poeta non afferma di dilettarsi, bensì di credere che assai... deggia dilettare lo svago della caccia a chi ha il cuore libero e privo di ogni cura amorosa. Il componimento - che il Barbi giudicò " cosa giovanile e graziosa " - è soprattutto vivace e di ampia movenza nella prima parte, dov'è descritta la scena della caccia, realistica e precisa in tutti i suoi particolari; è piuttosto grave, invece, nella seconda, in cui il ‛ pensamento ' amoroso genera il conflitto nell'anima del poeta e gli apporta per conseguenza vergogna e pesanza, cioè dispiacere, travaglio. Il Contini - seguito poi dal Caravaggi -, esaminando in particolare la materia e la tradizione poetica di questo componimento, ha sottolineato soprattutto il debito di D. ai ‛ temi ' di Folgore da San Gimignano (ai sonetti, ad es., per febbraio e settembre, e per il venerdì) e all'uso grammaticale e stilistico del Cavalcanti, di cui, fra l'altro, da Beltà di donna di piagente core, prese anche qualcuna delle parole in rima (genti/correnti). D., secondo il Lamma, ebbe presenti i primi versi di questo sonetto quando, componendo la Commedia, scrisse " le prime quattro terzine del XXII dell'Inferno ".
Bibl. - K. Witte, Rime in testi antichi attribuite a D., in Dante-Forschungen, Lipsia 1871; L. Manzoni, in " Rivista Filol. Romanza " I (1872-74); E. Lamma, Studi sul Canzoniere di D., in " Il Propugnatore " XIX 1 (1886) 173 (cfr. anche " Giorn. d. " VII [1899] 222); Rime antiche italiane secondo la lezione del codice Vaticano lat. 3214 e del codice Casanatese d. V. 5 pubblicate per cura del dott. M. Pelaez, Bologna 1895; G. Salvadori, Sulla vita giovanile di D., Roma 1906, 275; E. Lamma, Sull'ordinamento delle rime di D., città di Castello 1914, 85-86; G. Zonta, La lirica di D., in " Giorn. stor. " suppl. 19-21 (1922) 80 ss.; Contini, Rime 49; Zingarelli, Dante 175-176, 179 n. 29; Barbi-Maggini, Rime 219-223; G. Caravaggi, Folgore da San Gimignano, Milano 1960, 159-160.