Some Like It Hot
(USA 1959, A qualcuno piace caldo, bianco e nero, 121m); regia: Billy Wilder; produzione: Billy Wilder per Mirisch/Ashton; soggetto: R. Thoeren, M. Logan; sceneggiatura: Billy Wilder, I.A.L. Diamond; fotografia: Charles Lang Jr.; montaggio: Arthur Schmidt; scenografia: Ted Haworth; costumi: Orry-Kelly; musica: Adolph Deutsch.
Chicago 1929. Joe e Jerry, due amici musicisti squattrinati e disoccupati, si trovano a essere casualmente testimoni d'un sanguinoso regolamento di conti tra bande rivali, nel corso del quale la banda di Spats Colombo massacra quella avversaria. Decidono pertanto di lasciare la città: si travestono da donne, diventando Josephine e Daphne, e si aggregano a un'orchestra femminile in partenza per una tournée in Florida. Il loro travestimento naturalmente è fonte di continui equivoci: Joe/Josephine si innamora della bellissima e sfortunata Sugar Kane (la cantante del gruppo), e per conquistarla si traveste anche da riccone e proprietario d'uno yacht appartenente in realtà a un vero miliardario, Osgood Fielding III, che a sua volta corteggia Jerry/Daphne. Nell'albergo di Miami dove alloggia l'orchestra si svolge una riunione di gangster (gli 'Amici dell'Opera Italiana'). Non solo i due giovanotti si ritrovano davanti Spats e i suoi uomini, ma sono di nuovo involontari testimoni d'un altro massacro: stavolta è la banda di Spats ad essere fatta fuori da un killer nascosto in una torta di compleanno e inviato dal boss Little Bonaparte. Nuovi travestimenti, nuova fuga. Joe e Sugar si mettono insieme, mentre Osgood insiste per sposare Jerry/Daphne. Dopo aver cercato in ogni modo di dissuaderlo dal proposito, infine Jerry, esasperato, si strappa la parrucca e gli rivela d'essere un uomo: al che l'imperturbabile miliardario risponde: "Nessuno è perfetto".
Prendendo spunto da un film francese di Richard Pottier (Fanfare d'amour ‒ Su con la vita!, 1935), la sceneggiatura di Some Like It Hot è la seconda che Billy Wilder scrisse assieme a I.A.L. Diamond, dopo Love in the Afternoon (Arianna, 1957). Il regista, che ostentava diffidenza per la psicanalisi (si favoleggia d'un suo sfortunato tentativo, quando era giovane giornalista a Vienna, di intervistare Freud), non sarebbe stato d'accordo, forse, con le interpretazioni psicanalitiche, che pure si impongono, di questa scatenata commedia degli equivoci, basata su travestimenti, ambiguità sessuali, fughe e doppi sensi. Sono tutti meccanismi comici collaudati, certo, appartenenti a una tradizione secolare, ma già la sequenza del massacro di San Valentino sembra porsi nel segno freudiano della scena primaria (proibita), cui Joe e Jerry assistono come testimoni, per quanto involontari. La loro paura di essere uccisi dai gangster diventerebbe dunque angoscia di castrazione del bambino indiscreto sorpreso dai genitori, sicché l'esorcismo simbolico contro questo pericolo non potrà che consistere nel 'diventare donna'. Questa struttura forte, come se non lo fosse abbastanza, viene raddoppiata, con tipico procedimento: nel momento in cui Spats (Ghette, nell'edizione italiana) e i suoi vengono fatti fuori dal killer di Bonaparte, la morte dei persecutori dovrebbe definitivamente liberare Joe e Jerry; ma è proprio allora che essi si ritrovano nell'identica situazione di testimoni indesiderati, addirittura nascosti sotto la tavola (situazione il cui lato infantile non ha bisogno di essere sottolineato), di un'altra scena proibita, che li risospinge alla fuga e al travestimento, ribadendone fino in fondo (specie in Jerry) la perdita d'identità sessuale.
Una coppia fissa, più cinque fluttuanti, costituiscono i punti di riferimento di questa sarabanda: la coppia fissa è quella Joe-Jerry, che percorre tutto il film e lo rende possibile sotto la specie rovesciata e speculare Josephine-Daphne; le coppie fluttuanti, di varia importanza e persistenza, sono quelle Sugar-Josephine, Sugar-Daphne, Josephine-ragazzo dell'hotel, Daphne-Osgood e Sugar-Joe. Quest'ultima sarebbe poi l'unica 'normale', se l'universo polimorfo del film permettesse di concretizzare il concetto stesso di normalità: di fatto, quali che siano gli sviluppi indicati dalla conclusione (un felice sbocco matrimoniale per Sugar e Joe?), nel momento in cui Joe affronta Sugar a tu per tu come uomo (il 'miliardario' Shell) lo fa, guarda caso, scegliendo un simbolo femminile (shell, conchiglia) e sotto le specie dell'uomo impotente; la cosa resta significativa anche se, al solito, Wilder si premura di presentarla come l'espediente d'un furbo amatore. In realtà, nella scena sullo yacht, Marilyn assume figura di fantasma materno, chinata con il suo seno dolce e protettivo su un Tony Curtis infantilizzato. I meccanismi del riso e della commedia servono poi, come sempre in Wilder, anche a far passare inquietanti accenni alla morte: il carro funebre dell'inizio, che nasconde bottiglie di liquore sotto i fiori e dentro la bara, o l'agenzia di pompe funebri, pronta a rivelarsi club per la vendita di alcolici (siamo in epoca di proibizionismo). Del massacro iniziale ha parlato lo stesso Wilder, confessando che occorreva qualcosa di abbastanza violento da indurre due giovanotti a travestirsi da donna e rendere credibile il fatto che, quando sono innamorati di Marilyn, non si spoglino subito dicendo: "Guarda! Sono un uomo!". In effetti, se il duo Tony Curtis e Jack Lemmon costituisce l'irresistibile perno comico del film, Wilder ha fatto della Monroe, qui come in The Seven Year Itch (Quando la moglie è in vacanza, 1955), l'icona indimenticabile d'una bellezza insieme perfetta e spiritosa. Dal film, cui toccò uno straordinario e duraturo successo popolare e un crescente plauso critico (ma che vinse un solo Oscar, a Orry-Kelly per i migliori costumi in bianco e nero), è stata tratta nel 1972 la commedia musicale Sugar di Peter Stone, coreografia e regia di Gower Champion.
Interpreti e personaggi: Marilyn Monroe (Sugar Kane), Tony Curtis (Joe/Josephine/Junior Shell), Jack Lemmon (Jerry/Daphne), George Raft (Spats Colombo), Pat O'Brien (Mulligan), Joe E. Brown (Osgood Fielding III), Nehemiah Persoff (Little Bonaparte), Joan Shawlee (Sue), Billy Gray (Sig Poliakoff), George E. Stone (Toothpick Charlie), Edward G. Robinson Jr. (Johnny Paradise).
P. Baker, Some Like It Hot, in "Films and filming", n. 9, June 1959.
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Billy Wilder's 'Some Like It Hot': the funniest film ever made. The complete book, a cura di A. Castle, Paris-New York-Köln 2001.
Sceneggiatura: B. Wilder, I.A.L. Diamond, Some Like It Hot, New York 1959.