ANGUISSOLA (Angussola, Anguisciola), Sofonisba
Nacque a Cremona dal nobile Amilcare, amatore d'arte, dilettante di disegno, appartenente a un ramo cremonese dell'originario ceppo piacentino degli Anguissola, e da Bianca Ponzone, da lui sposata in seconde nozze nel 1530 circa. In base soprattutto a questa data, confermata da testimonianze documentarie, la nascita dell'A., in genere (ma non senza contestazioni) collocata nel 1527-28, è spostata dal Bonetti (1932) al 1531-32. Ebbe un fratello, Asdrubale, e cinque sorelle minori di lei.
Elena frequentò con l'A. le botteghe di Bernardino Campi e del Sojaro e, entrata poi nel monastero di S. Vincenzo a Mantova, ove viveva nel 1585, è raffigurata dall'A. in un Ritratto di monaca del 1551, già a Londra, coll. Yarborough. Di Lucia, morta nel 1565, il Vasari ricorda nel 1568 due dipinti di cui uno, il Ritratto del medico Pietro Maria, esiste oggi, firmato, a Madrid (Prado, n. 16); dubbia è invece l'attribuzione a Lucia del Ritratto di Europa (sua sorella) di Brescia (Pinacoteca comunale). Minerva, che il Vasari afferma "in pitture e in lettere... rara", ci è nota oggi solo per i ritratti che le fece l'A. nel Gruppo di famiglia (il padre con Asdrubale e Minerva) di Nivaagaard, coll. Haage (n. I cat.) e nel Ritratto di Minerva, Pinacoteca di Cremona (n. 200). Di Europa, andata sposa a Carlo Schinchinelli, il Vasari cita un ritratto della madre Bianca, mandato in Spagna e oggi smarrito, mentre esiste nella Parrocchiale di Vidiceto una sua Vocazione di s. Andrea, firmata, a cui sono ricollegabili una Deposizione della stessa chiesa, una Madonna della scodella (Cremona, Pinacoteca, n. 199), derivata da un'incisione di Annibale Carracci del 1606 (Puerari 1951), e la pala con S. Francesco stigmatizzato nella chiesa di Casalbuttano, opere tutte che la mostrano nella scia dell'A. Anna Maria, ultima in ordine di età, sposò Iacopo de' Sommi ed è ricordata dal Vasari "ancor fanciulletta" ma già abile disegnatrice; si sa che quindicenne eseguiva una copia della Madonna della Scala del Correggio, con l'aggiunta di un S. Giovanni, già in collezione privata cremonese, ed oggi scomparsa; nella Pinacoteca di Cremona (n. 205) si conserva una Sacra Famiglia con s. Francesco, firmata.
Dal 1545 al 1549 circa l'A. fu, a Cremona, alla scuola di Bernardino Campi, (mentre il Vasari parla di Giulio), come specifica una sua lettera del 21 ott. 1561 al pittore, a cui inoltre Francesco Salviati si rivolge da Roma, il 28 apr. 1554, chiamandolo "maestro della bella pittrice cremonese". A questo periodo iniziale (che fu determinante per tutta la successiva produzione dell'A., sostanzialmente legata all'aggraziato e provinciale manierismo campesco) risale il Bernardino Campi che fa il ritratto all'A. di Siena (Pinacoteca, n. 497), come probabilmente anche l'Autoritratto degli Uffizi (n. 1824), firmato "Sophonisba Anguisciola aet. suae anni 20" (e quindi in genere datato al 1547-48 mentre il Bonetti lo sposta al 1551-52), e la Pietà a Brera (n. 762), palesemente derivata dal gruppo centrale della Pietà del Campi, pure a Brera (n. 331). Alla partenza da Cremona del primo maestro, l'A. passò alla scuola di Bernardino Gatti il Sojaro del cui manierato correggismo appaiono ricordi, sempre connessi tuttavia agli influssi del Campi, nell'opera forse più famosa e certo tra le più degne e rappresentative dell'A., la cosiddetta Partita a scacchi della coll. Radzinsky a Poznaï, sottoscritta "Sophonisba Angussola virgo Amilcaris filia ex vera effigie tres suas sorores et ancillam pinxit.MDLV" (ma la data è talora letta 1560). Il dipinto segna tuttavia una tappa significativa, nella formazione dell'A., soprattutto per il gusto con cui il ritratto vi appare risolto in scena di genere, non senza riflessi bresciani e specie del Moroni. Per questa via, infatti, ma solo nei brani migliori della sua ricca produzione ritrattistica, l'A. giunge a superare le remore del chiuso manierismo cremonese nella freschezza di un'acuta e composta notazione aneddotica. Grazie soprattutto all'attivo interessamento del padre, l'A. conquistò rapidamente una fama eccezionale, divenendo una delle più celebrate pittrici del suo tempo. Nel 1556 Amilcare mandava al duca di Ferrara due autoritratti della figlia, dipinti "molti anni" prima: uno di questi, ceduto nel 1606 dal cardinale Alessandro d'Este a Rodolfo II, è conservato oggi a Vienna (Hofmuseum n. 109) e può datarsi al 1554 circa. Oltre al già citato Salviati, parlano con ammirazione dell'A. Annibal Caro (che andò a visitarla a Cremona nel 1558, ottenendone dal padre un autoritratto che si vide poi costretto a restituire, con suo vivo sdegno, l'anno successivo) e il Vasari, da cui sappiamo, tra l'altro, che un disegno dell'A., "una fanciullina, che si ride di un putto che piagne perché... (un gambero) gli morde un dito" (apparso nel 1934 alla vendita Gilhofer a Rauschburg a Lucerna), aveva avuto l'onore d'essere inviato dal romano Tommaso Cavalieri a Cosimo I insieme a un disegno di Michelangelo. Sempre il Vasari ricorda suoi "bellissimi" ritratti, oggi perduti, presso l'arcidiacono di Piacenza e presso il cardinal Del Monte a Roma (donato questo dall'A. a Giulio III) e un gruppo del padre coi figli Asdrubale e Minerva (da lui visto a Cremona in casa Anguissola), che deve probabilmente identificarsi con il citato dipinto di Nivaagaard. Le minuzie descrittive e la debolezza di impianto, di spirito ancora tutto campesco, vi appaiono almeno in parte riscattate da un delicato cromatismo, su fredde tonalità di bianchi e grigi, che cenna a diretti suggerimenti veneti. L'opera può datarsi al 1559-60 circa per i rapporti con l'ottimo Autoritratto della coll. Ashburnham e con l'Autoritratto alla spinetta di Napoli (Museo Nazionale, n. 358), entrambi firmati e datati al 1559. Vicini a questo gruppo di dipinti sono il Ritratto di ragazzo della coll. Walters di Baltimora, l'Autoritratto Poldi Pezzoli (n. 634) e i tre Ritratti della Pinacoteca di Cremona (nn. 201, 202, 203). Nel 1559 (che è l'anno anche di una Sacra Famiglia della Carrara di Bergamo [n. 605], debole ripresa di moduli parmigianineschi sempre nell'ambito di Bernardino Campi) l'A. viene invitata alla corte di Madrid da Filippo II, tramite il duca d'Alba e il duca di Sessa, presso cui la troviamo a Milano, per un breve soggiorno. Nel 1560 partì alla volta della Spagna, ove rimase a lungo, ricevendovi onori e riconoscimenti lusinghieri ed eseguendo numerosi ritratti, oggi perduti, di vari membri della famiglia reale. Due di essi, come ricorda il Vasari, furono inviati a Roma a Pio IV nel 1561, che è la data di un Autoritratto al clavicembalo della coll. Spencer ad Althorp, forse l'unica opera sicura rimasta del periodo spagnolo dell'Anguissola. Nel 1571 sposò a Madrid il palermitano Fabrizio Moncada, fratello del viceré di Sicilia Francesco II.
Non si ha notizia precisa del suo rientro in Italia, forse già avvenuto nel 1578, quando pare (Bonetti, 1932) il fratello Asdrubale intendesse raggiungerla a Palermo. Qui la troviamo comunque nel 1580, già vedova e in procinto di tornare nella nativa Cremona. Conosciuto invece durante il viaggio il nobile genovese Orazio Lomellini, lo sposò stabilendosi con lui a Genova, ove abitava sicuramente nel 1584, ricevendo con larga ospitalità artisti e letterati famosi. Nel 1599 sostò presso di lei l'infanta Isabella, diretta a Vienna in occasione del suo matrimonio con l'arciduca Alberto. A questi anni risalgono, con ogni probabilità, gli Autoritratti di Nivaagaard (coll. Haage, n. 2 cat.) e della Borghese (n. 118, già ricordato dal Manili), a cui può accostarsi il Gruppo di tre fanciulli della coll. Methuen di Corsham Court: opere tutte che confermano la vena monocorde e i limiti modesti della pittura dell'A., ma nello stesso tempo anche la fresca sensibilità, spesso arguta, della sua ritrattistica. Negli ultimi anni di vita si trasferì a Palermo ove la conobbe nel 1623 il Van Dyck che ci lasciò di lei uno schizzo a penna, con notazioni che descrivono l'A. "novantaseienne", quasi cieca ma di spirito vivacissimo. Morì a Palermo nel 1625.
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