SOCIETÀ (XXXI, p. 1002; App. I, p. 1007; II, 11, p. 853)
1. La disciplina legislativa della s. per azioni ha avuto, in Italia, negli anni più recenti, sostanziali modificazioni e altre se ne prospettano, quanto meno per recepire nel nostro ordinamento le direttive comunitarie in materia. Tali mutamenti possono essere interpretati sia come segno di un declino dell'istituto che, attraverso la loro introduzione, cercherebbe di ritardare la propria fine; sia, invece, come indice di vitalità e di adeguamento dell'istituto al mutare delle condizioni sociali ed economiche.
Nel senso che la s. per azioni sarebbe in declino non già in quanto impresa capitalistica (ché allora il discorso dovrebbe essere ben diverso), ma in quanto particolare forma giuridica che l'impresa capitalistica assume attraverso essa si è pronunciata una corrente dottrinale (Galgano), secondo la quale cause del declino sarebbero l'autosufficienza dei capitali imprenditoriali e il finanziamento pubblico alle imprese. La s. per azioni, cioè, non costituirebbe più il mezzo attraverso il quale la classe imprenditoriale si rivolge ad altre classi detentrici di ricchezza per ottenerne gli apporti necessari per la formazione di grandi capitali commerciali e industriali. Né rappresenterebbe più neppure il mezzo attraverso il quale la classe industriale ottiene capitali dall'altra classe detentrice di capitali, cioè la classe fondiaria.
Ma a tale concezione può obiettarsi che essa descrive la trasformazione dell'istituto, ma non ne elimina la funzione. Non può certamente disconoscersi l'esistenza di un massiccio finanziamento delle imprese da parte dello stato, né, fenomeno ancor più rilevante, l'utilizzazione della forma societaria per l'esercizio di imprese pubbliche. Tuttavia, i principi fondamentali dell'istituto, quale quello della limitazione della responsabilità e della suddivisione del capitale sociale in azioni, rimangono. Così come rimane la diffusione dell'investimento del risparmio dei privati in azioni, per favorire il quale, anzi, sono stati escogitati nuovi e diversi sistemi, quali le s. d'investimento.
Certo è che, nella grande s. per azioni, l'azionista non si presenta più come il proprietario della s., ma come un investitore. Alla sua tutela in quanto tale è, perciò, rivolto lo sforzo dei legislatori e degli studiosi del diritto societario, per garantire sia un'adeguata remunerazione del capitale, sia il mantenimento del suo valore reale.
2. L'esigenza di una modernizzazione della legislazione sulle s. per azioni ha trovato adeguata risposta in Italia con la l. 7 giugno 1974, n. 216, la quale, nell'apparente frammentarietà delle sue disposizioni, risponde invece a un unitario disegno di tutela dell'azionista considerato come risparmiatore-investitore, attuato essenzialmente attraverso l'istituzione di un organo pubblico di controllo. Ma tutta la legge, come è stato osservato (Ferri), realizza una nuova disciplina delle s. per azioni quotate in borsa, le quali vengono a costituire un nuovo tipo di s. per azioni, che si caratterizzano per l'esistenza di due specie di categorie di soci (proprietari del pacchetto di maggioranza e soci investitori), ciascuna delle quali persegue attraverso la partecipazione alla s. un suo particolare interesse.
Il contemperamento della posizione dei due gruppi di soci è stato raggiunto prendendo realisticamente conto della loro esistenza e della irreversibilità della situazione per la quale nelle grandi s. per azioni vi è un gruppo dominante, che ha una situazione di potere, e un gruppo, più numeroso ma estremamente frazionato, di azionisti, che ha una posizione di responsabilità senza un corrispondente potere.
Lo sforzo della legge è stato, perciò, non quello di correggere una situazione di fatto che si è creata spontaneamente, ma di apprestare i rimedi opportuni per tutelare gl'interessi patrimoniali degli azionisti che non partecipano alla gestione della s. e, contemporaneamente, d'individuare i gruppi di controllo e di disciplinarne l'azione.
3. Prima di procedere a una sommaria esposizione di altre rilevanti innovazioni introdotte con la l. 216, è opportuno dar conto della composizione e dei compiti della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (comunemente denominata CONSOB), dalla legge stessa istituita al fine precipuo di esercitare il controllo pubblico sulle s. per azioni quotate in borsa.
La Commissione, che ha sede in Roma, è composta dal presidente e da quattro membri nominati con decreto del presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio dei ministri previa deliberazione del Consiglio stesso, scelti fra persone di specifica e comprovata competenza ed esperienza e d'indiscussa moralità e indipendenza. L'indipendenza dei membri è assicurata dalla limitazione della durata in carica, fissata in cinque anni con possibilità di una sola conferma; e dall'incompatibilità con qualsiasi ufficio pubblico o privato o con attività professionali. L'indipendenza della Commissione è assicurata dall'autonomia di gestione finanziaria, nei limiti di un apposito fondo stanziato nel bilancio dello stato.
I controlli della Commissione non si esercitano sulla gestione degli enti che vi sono sottoposti, ma sono essenzialmente rivolti a garantire la completezza e la veridicità dell'informazione del pubblico in merito ai titoli che sono offerti sul mercato mobiliare. Vi sono soggette le s. con azioni quotate in borsa, gli altri enti commerciali che hanno emesso titoli quotati in borsa, le s. e gli enti finanziari in quanto tali e tutti coloro che effettuano offerte pubbliche di acquisto o vendita di azioni o di obbligazioni convertibili anche non quotate.
La disciplina della CONSOB (che, negli ordinamenti stranieri, trova precedenti nella SEC degli Stati Uniti d'America, nella Commission bancaire belga e nella Commission des operations de bourse francese) è completata dai decreti delegati nn. 136,137 e 138 del 31 marzo 1975, i quali disciplinano in particolare il controllo contabile e la certificazione dei bilanci delle s. quotate; il conto dei profitti e delle perdite delle s. finanziarie, fiduciarie, delle imprese assicurative e delle aziende di credito; e coordinano con le attribuzioni della CONSOB le norme concernenti l'organizzazione e il funzionamento delle borse valori e l'ammissione dei titoli a quotazione, nonché il controllo nel settore dell'attività produttiva e delle partecipazioni statali.
Da ricordare anche che alla Commissione sono state trasferite, e in parte ampliate, le funzioni nel settore delle borse valori, già spettanti al ministero del Tesoro. Tali funzioni hanno sinora costituito l'attività prevalente della Commissione, non essendo ancora divenute operanti le norme in materia di revisione delle s. quotate. Tuttavia, un indice della volontà di dare alla Commissione la sua piena funzionalità può rinvenirsi nell'approvazione del regolamento per la sua organizzazione, avvenuta con d.P.R. 11 giugno 1979, n. 252.
Sempre a proposito della Commissione dev'essere ricordata la l. 23 febbr. 1977, n. 49, che ha disciplinato il cosiddetto "mercato ristretto" per la negoziazione dei titoli non ammessi alla quotazione ufficiale presso le borse valori, affidando alla Commissione stessa sia l'istituzione di tali mercati sia importanti compiti di controllo sul loro funzionamento. Alla regolamentazione delle modalità per l'istituzione dei mercati ristretti la Commissione ha provveduto con deliberazione 24 giugno 1977, n. 233.
4. La distinzione fra azionista risparmiatore e azionista che intende partecipare alla vita, se non alla gestione, della s. trova la sua rappresentazione più appariscente nell'istituzione delle azioni di risparmio, cioè azioni prive del diritto di voto e privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale. A ciò si aggiunge un beneficio fiscale, sia per i titolari delle azioni di risparmio (ritenuta alla fonte a titolo d'imposta nella misura del 15%), sia per la s. emittente (limitata deduzione dei dividendi distribuiti agli azionisti di risparmio dagli utili di esercizio).
Le azioni di risparmio possono essere emesse solo da s. le cui azioni ordinarie sono quotate in borsa e per un ammontare che non superi, in concorso con quello delle azioni a voto limitato, la metà del capitale sociale. Possono essere emesse tanto in sede di aumento del capitale sociale quanto in sede di conversione di azioni già emesse; possono essere al portatore; sono ammesse di diritto alla quotazione nelle borse in cui sono quotate le azioni ordinarie e attribuiscono gli stessi diritti delle azioni ordinarie.
Il privilegio nella distribuzione degli utili consiste nel diritto inderogabile alla percezione di un dividendo per un ammontare pari al 5% del valore nominale dell'azione, con priorità sugli altri azionisti, mediante prelievo dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, dedotta la quota di riserva legale. Il minor dividendo distribuito è riportato per tre esercizi consecutivi in modo da rafforzare la garanzia accordata agli azionisti di risparmio, ì quali hanno altresì diritto a una partecipazione agli utili che residuano, in modo che a essi spetti un dividendo complessivo maggiorato, rispetto a quello delle azioni ordinarie, in misura pari al 2% del valore complessivo dell'azione.
La posizione di privilegio attribuita alle azioni di risparmio è completata dalla prelazione, attribuita alle azioni stesse allo scioglimento della s., sul rimborso del capitale per l'intero valore nominale.
Per effetto delle ricordate disposizioni, la posizione dell'azionista di risparmio rimane sempre quella di socio, ma con particolarità tali, simili a quelle di cui gode l'obbligazionista, da attribuirgli una posizione di godimento, che ne costituisce la caratteristica, con esclusione di ogni intento di partecipare alla gestione dell'impresa.
Le azioni di risparmio, che trovano precedenti nel progetto di riforma del codice di commercio della Commissione D'Amelio, in un progetto di Vivante, e nei progetti delle Commissioni De Gregorio e Marchetti (e da quest'ultimo sono state tratte quasi alla lettera le norme della l. 216), non hanno sino a ora incontrato molta fortuna sia presso le s. che presso i risparmiatori. Una ragione di ciò può rinvenirsi nel difficile momento economico in cui è intervenuta la l. 216, momento caratterizzato dalla propensione del risparmio per investimenti diversi da quello azionario. Può esservi, però, anche una ragione di fondo, quale l'utilizzazione da parte delle s. per azioni di altre specie di titoli idonei a dare adeguate garanzie al risparmiatore. Tali, per es., le obbligazioni partecipanti, che fruttano cioè non un interesse fisso, ma un interesse commisurato agli utili dell'esercizio. Titoli che, già conosciuti in altri ordinamenti, cominciano a essere introdotti anche in Italia e sono preferiti alle azioni di risparmio per la raccolta di nuovi capitali. Le azioni di risparmio, tuttavia, sono in grado di assolvere una precisa funzione in occasione della conversione di azioni esistenti e una generalizzata ripresa economica potrebbe favorire quella diffusione, che finora non hanno avuto.
5. Numerose altre disposizioni della l. 216 possono essere raggruppate sinteticamente come disposizioni intese a imporre al gruppo dominante e di controllo d'individuarsi come tale. Esse sono:
a) le disposizioni sulle partecipazioni di una s. in altre e sulle partecipazioni incrociate;
b) l'individuazione delle s. controllate e di quelle collegate;
c) l'obbligo di comunicazione da parte degli amministratori, sindaci e direttori generali di comunicare alla s. e alla CONSOB le partecipazioni possedute da essi o da loro congiunti nella s. stessa o in s. controllate;
d) la nuova disciplina della rappresentanza nelle assemblee.
La regolamentazione delle partecipazioni societarie costituisce una delle innovazioni di maggior rilievo, essendo diretta, attraverso il loro controllo, a evitare sia i cosiddetti fenomeni di annacquamento del capitale attraverso la sottoscrizione reciproca di azioni sia i collegamenti unilaterali o reciproci che possono determinarsi fra s. e che si ripercuotono direttamente sulla funzionalità delle assemblee.
Si tratta di un'aspirazione da tempo sentita e che ha trovato adeguata, anche se non completa, soddisfazione nella l. 216, giacché la normativa, così come è congegnata, ha prevalentemente, anche se non esclusivamente, valore di strumento predisposto per l'applicazione della disciplina delle partecipazioni incrociate.
L'art. 5 della legge stabilisce che le s. per azioni o in accomandita per azioni - siano o meno le loro azioni quotate in borsa - e le s. a responsabilità limitata, le quali partecipano in una s. con azioni quotate in borsa in misura superiore al 2% del capitale di questa, nonché le s. con azioni quotate in borsa che partecipano in una s. le cui azioni non sono quotate in borsa o in una s. a responsabilità limitata in misura superiore al decimo del capitale di questa, devono darne comunicazione scritta sia alla s. nella quale partecipano sia alla CONSOB. La comunicazione dev'essere fatta entro trenta giorni da quello in cui la partecipazione ha superato il limite percentuale sopra indicato. Devono essere comunicate anche le successive variazioni della partecipazione, in aumento o in diminuzione: quelle in aumento, entro trenta giorni da quello in cui la sua misura ha superato la metà della percentuale stessa (cioè l'i o il 5%); quelle in diminuzione entro trenta giorni dalla data in cui la partecipazione si è ridotta entro il detto limite percentuale.
La violazione dell'obbligo di comunicazione, oltre che penalmente a carico degli amministratori, è sanzionata con il divieto di esercitare il diritto di voto inerente alle azioni o quote per le quali sia stata omessa la comunicazione alla s. emittente.
Il secondo comma dell'articolo disciplina il caso delle partecipazioni reciproche: quando queste eccedano da entrambi i lati i limiti anzidetti, la s. che esegue la comunicazione dopo aver ricevuto quella dell'altra s. non può esercitare il diritto di voto inerente alle azioni o quote eccedenti e deve alienarle entro dodici mesi da quello in cui ha ricevuto la comunicazione. In caso di mancata alienazione la sospensione dal diritto di voto si estende all'intera partecipazione. In caso di mancata alienazione delle azioni o quote nel termine previsto, può essere disposta l'esecuzione specifica dell'obbligo di alienazione.
6. L'art. 6 della legge sostituisce l'art. 2359 del codice civile e aggiunge un art. 2359 bis. Con tali modificazioni si addiviene a una nuova definizione delle s. controllate, si aggiunge la definizione di s. collegate e si disciplina ex novo l'acquisto di azioni da parte di s. controllate, al fine precipuo di evitare l'annacquamento del capitale, che si determinerebbe se la s. controllata potesse investire il proprio capitale e le proprie riserve nel capitale della controllante.
Per s. controllate s'intendono quelle: a) in cui un'altra s., in virtù delle azioni o quote possedute, dispone della maggioranza richiesta per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria; b) che sono sotto l'influenza dominante di un'altra s. in virtù delle azioni o quote da questa possedute o di particolari vincoli contrattuali con essa; c) controllate da un'altra s. mediante le azioni o quote possedute da s. controllate da questa.
Sono considerate collegate le s. nelle quali si partecipa in misura inferiore al decimo del loro capitale o in misura superiore al ventesimo se si tratta di s. con azioni quotate in borsa.
La maggiore estensione della nozione di controllo tra s. rispetto alla precedente disciplina si concreta soprattutto nella considerazione dei rapporti fra s. per azioni e s. non azionarie, mentre - si ripete - del tutto nuovo per la nostra legislazione è il rapporto di collegamento fra società.
Elementi nuovi nella disciplina dei rapporti fra controllata e controllante sono: che la prima non può investire in azioni o quote della seconda non soltanto il capitale sociale, ma neppure le riserve legali; che la controllata non può esercitare il diritto di voto nell'assemblea della controllante e che le azioni o quote acquistate, sottoscritte o possedute in violazione del divieto di legge devono essere alienate entro sei mesi dall'approvazione del bilancio dal quale risultano, con possibilità di ricorrere all'esecuzione specifica in caso di violazione dell'obbligo. Gli amministratori inadempienti sono passibili di sanzioni penali.
7. Gl'inconvenienti inerenti alla formazione della volontà in assemblea mediante il fenomeno della raccolta delle deleghe, soprattutto da parte delle banche presso le quali sono custoditi in deposito i titoli azionari, sono stati eliminati con la nuova disciplina della rappresentanza in assemblea contenuta nel nuovo testo dell'art. 2372 cod. civile. Punti essenziali della nuova disciplina sono, da un lato, la limitazione della possibilità di conferire la rappresentanza alla stessa persona (dieci soci, in generale; oppure, se si tratta di s. quotate in borsa, 50,100,200 a seconda che il capitale sia inferiore a 10 miliardi, oppure compreso fra 10 e 50 miliardi o superiore a 50 miliardi), e, dall'altro, il divieto di conferire la rappresentanza agli amministratori, sindaci e dipendenti della s., o alle s. da essa controllate o a suoi amministratori, sindaci o dipendenti, o ad aziende o istituti di credito. Quest'ultimo divieto (che appare in contrasto con quanto disposto in altre legislazioni, per es. in quella tedesca nella quale vi è un favore legislativo per la raccolta di deleghe da parte di banche) trova giustificazione nella considerazione che, nella realtà, le deleghe raccolte dalle banche sono deleghe ai consigli di amministrazione e, perciò, in un'esigenza di tutela dei soci minoritari nei confronti del gruppo che detiene la maggioranza.
8. Le norme circa l'introduzione delle obbligazioni convertibili in azioni, già note nella pratica e ora espressamente regolate nell'art. 2420 bis cod. civ., sono quelle che attribuiscono al sottoscrittore il diritto alla conversione del credito vantato verso la s. in azioni della stessa secondo le modalità e nei termini indicati nel regolamento del prestito obbligazionario, che deve determinare il rapporto di cambio e il periodo e le modalità della conversione.
Il nuovo testo dell'art. 2441 garantisce in misura più completa i diritti dei soci in occasione degli aumenti di capitale, prevedendo un più ampio termine per l'esercizio del diritto di opzione, la vendita in borsa dei diritti di opzione non esercitati per le s. quotate in borsa. Nel caso in cui il diritto di opzione sia escluso o limitato, il prezzo di emissione delle nuove azioni dev'essere commisurato al valore del patrimonio netto e sulla congruità di tale prezzo deve esprimere il proprio parere la s. di revisione (art. 7 d.P.R. 136 del 1975).
La specificità del conto dei profitti e delle perdite (art. 2425 bis) e della relazione degli amministratori (art. 2429 bis) e l'attribuzione alla CONSOB del potere di richiedere alle s. quotate in borsa la pubblicazione di dati e notizie in aggiunta a quelli risultanti dal bilancio e dalle relazioni sono misure dirette a garantire l'informazione dell'azionista e rientrano nel più ampio quadro della tutela dell'azionista di minoranza, cui sono preordinate anche le norme sul controllo contabile e sulla certificazione del bilancio da parte di s. di revisione per le s. quotate in borsa. Norme queste ultime che, peraltro, non sono ancora entrate in vigore in mancanza della formazione, da parte della CONSOB, dell'albo speciale delle s. di revisione.
9. Se le riforme introdotte con la l. n. 216 del 1974 hanno, nell'apparente eterogeneità delle relative norme, dato alla legislazione italiana sulle s. per azioni una netta caratterizzazione di tutela dell'azionista di minoranza e di una specifica disciplina delle s. quotate in borsa e se tale riforma è valsa a modernizzare nell'insieme la nostra disciplina delle s. per azioni e, per taluni istituti, a porla all'avanguardia rispetto ad altre legislazioni, occorre tener conto anche dei lavori che si stanno svolgendo in sede comunitaria e delle modificazioni che sono state già apportate alla nostra legislazione in applicazione di normative comunitarie.
Sulla base dell'art. 54, 3, g del trattato istitutivo della Comunità economica europea, che prevede l'armonizzazione delle norme societarie in relazione all'attuazione del principio della libertà di stabilimento, sono state già approvate alcune direttive e altre sono in corso di elaborazione.
Una prima direttiva del 9 marzo 1968, n. 151, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli stati membri, alle s. per proteggere gl'interessi dei soci e dei terzi, è stata attuata con d.P.R. 29 dic. 1969, n. 1127, che ha modificato gli articoli del codice civile relativi alla nullità della costituzione della s., alla nomina e revoca degli amministratori, ai poteri di rappresentanza, all'opponibilità ai terzi degli atti che eccedono i limiti dell'oggetto sociale, alla pubblicità degli atti sociali. Una critica fatta generalmente a tale decreto è quella di una passiva recezione delle norme comunitarie senza un armonico inserimento nel corpo della legislazione societaria italiana. Ma, in verità, gl'inconvenienti paventati non si sono poi verificati.
Una seconda direttiva del 13 dic. 1976, diretta alla tutela dei soci e dei terzi in sede di costituzione delle s. per azioni e di modificazioni del capitale sociale, ha avuto sinora parziale applicazione per quanto riguarda l'elevazione della misura del capitale sociale con l'art. 11 della l. 16 dic. 1977, n. 904, che ha portato a 200 milioni il capitale minimo per la costituzione di una s. per azioni e in accomandita per azioni e a 20 milioni quello per le s. a responsabilità limitata, in misura cioè notevolmente superiore a quella prevista nella direttiva (25.000 unità di conto europee per le s. per azioni). Per l'attuazione delle altre norme della direttiva non si è ancora provveduto.
Attendono anche attuazione la terza direttiva 25 luglio 1978, n. 600 sui conti annuali delle s. per azioni e a responsabilità limitata (per la quale, però, il termine per l'attuazione è quello del 31 luglio 1980) e la quarta direttiva 20 ott. 1978 in materia di fusione fra s. per azioni (per la cui attuazione è assegnato ai governi nazionali un triennio).
È stata, invece, recepita nel nostro ordinamento la convenzione sul reciproco riconoscimento delle persone giuridiche con l. 28 genn. 1971, n. 220; altra convenzione sulla fusione internazionale di s. per azioni è tuttora allo studio presso la comunità.
In elaborazione presso la Comunità sono altre direttive su temi sui quali vivo è il contrasto fra delegazioni nazionali in relazione alle peculiarità dei rispettivi ordinamenti: quelle sugli organi di amministrazione della s., sulla disciplina dei gruppi di società, sui bilanci consolidati.
Il progetto della prima, modellato sulla legislazione tedesca, tende a imporre la distinzione tra un "organo di direzione" composto di uno o più membri, preposto all'amministrazione attiva, e un "organo di vigilanza" competente a nominare e revocare i membri dell'organo di direzione e a controllarne l'attività. L'introduzione di tale sistema trova difficoltà non solo per la necessità di profondi cambiamenti di struttura che importerebbe in ordinamenti, come quello italiano, ispirati a ben diversi principi, quale quello dell'attribuzione all'assemblea dei poteri sovrani, ma anche nella previsione della partecipazione dei lavoratori all'organo di vigilanza. Partecipazione che incontra ostilità di principio nelle stesse organizzazioni sindacali dei lavoratori.
Anche il progetto di direttiva sui gruppi di s. è ispirato alla legislazione tedesca e prevede, da un lato, la facoltà di stipulare un "contratto di dominazione"; dall'altro, in caso di "gruppi di fatto", particolari controlli e oneri informativi a carico della capogruppo a tutela delle altre società.
Presso la Comunità è anche in elaborazione un progetto di regolamento per lo statuto della "società europea", di una s., cioè, che, in tutti gli stati membri, gode degli stessi diritti e delle stesse facoltà delle s. per azioni nazionali. Tale regolamento, peraltro, concepito come un mezzo per superare le difficoltà insorte durante la preparazione delle direttive per l'armonizzazione delle legislazioni nazionali, ha incontrato non minori difficoltà. Gli stessi problemi che si erano presentati in quella sede si sono infatti riproposti in sede di s. europea con ancor maggiori difficoltà di soluzione, evidente essendo che tale forma societaria finirebbe con il far premio, nei vari ordinamenti, sulle forme societarie di diritto interno. I problemi, perciò, che attendono una soluzione sono sempre quelli della struttura degli organi societari, della partecipazione dei lavoratori alla gestione (cosiddetta "cogestione") e della circolazione delle azioni. Non può perciò farsi una previsione sulla sorte riservata all'ambizioso progetto del regolamento della s. europea, il cui testo potrebbe costituire un valido parametro per la determinazione dei propositi e delle mete che si prefiggono gli organi comunitari in materia di disciplina delle s. per azioni.
Bibl.: G. Ferri, La filosofia della miniriforma delle società per azioni, in Riv. dir. comm., 1975, p. 209 ss.; C.M. Schmitthoff, Commercial law in a changing economic climate, Londra 1977 (il capitolo secondo è pubblicato in Rivista delle società, 1978, p. 1041 ss.); F. Galgano, Le società per azioni. Le altre società di capitali. Le cooperative, Bologna 19742; Autori vari, La riforma-stralcio della società per azioni e la piccola riforma della borsa valori, Milano 1975.
Il testo del progetto della Commissione Marchetti è pubblicato con la relazione in Rivista delle società, 1973, n. 270.