Le società tra professionisti, pur presentando un carattere economico, non sono, di norma, considerate attività imprenditoriali. Si tratta, più propriamente, di associazioni professionali non del tutto sovrapponibili al modello di società. La prestazione professionale, infatti, non è strumentale al perseguimento del fine economico della società, diverso rispetto al risultato economico dello svolgimento di attività professionale, ma lo scopo dell’associazione, secondo la dottrina prevalente, coincide con il fine economico dell’attività professionale.
La disciplina legislativa del fenomeno è in costante evoluzione. Si segnalano, tra gli altri la l. 266/1997, che abroga l’art. 2 della l. 1815/1939, sul divieto di esercizio in forma associata di professioni, ma non l’art. 1, che disciplina l’attività professionale organizzata secondo lo schema associativo; il d. legisl. 96/2001, sulla costituzione di società tra avvocati; la l. 248/2006, che consente a società di persone e associazioni tra professionisti di fornire servizi professionali interdisciplinari, anche se un professionista non può partecipare a più di una società. Inoltre, il socio è personalmente responsabile per la prestazione resa.
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