societa di massa
Società caratterizzate da un significativo ruolo delle masse nello svolgimento della vita politica e sociale, ma anche da una loro crescente omologazione, perdita di autonomia individuale, atomizzazione, conformismo, facilità di manipolazione ed eterodirezione. L’avvento della s. di m. viene solitamente datato tra la fine del 19° sec. (già nel 1895 G. le Bon scriveva la Psicologia delle folle) e gli inizi del 20° e ha caratterizzato tutto il Novecento, parallelamente con l’affermarsi della , della produzione in serie e del mercato dei consumi di massa tipici di taylorismo e fordismo. L’aumento demografico, l’urbanizzazione di massa, la diffusione della scolarità, l’estendersi del diritto di voto hanno completato il quadro, favorendo un ruolo più consapevole e una maggiore partecipazione politica delle masse (non a caso è questa l’epoca anche dei partiti di massa), ma parallelamente la crescente burocratizzazione e concentrazione del potere, sempre più impersonale, il ruolo sempre più forte di strutture e organizzazioni rispetto ai singoli hanno favorito una crisi dell’individuo e della sua autonomia e un suo graduale immergersi e omologarsi nella s. di massa. Tali processi hanno a loro volta creato un terreno favorevole al predominio di ristrette élite (J. Ortega y Gasset, C.W. Mills) e all’avvento di regimi totalitari (K. Mannheim), che G.L. Mosse ha legato alla «nazionalizzazione delle masse». L’uso dei moderni mezzi di comunicazione di massa – tipico l’esempio di quello fattone dal regime nazista e dal fascismo, dal cinema alla radio – ha costituito un’ulteriore importante componente di tale processo, come il ruolo crescente e pervasivo svolto dalla pubblicità nelle società democratiche nei decenni postbellici. Massificazione ed eterodirezione dei comportamenti sono dunque avanzate ulteriormente nella seconda metà del 20° secolo. La stessa crescita economica e l’estendersi del mercato dei consumi di massa hanno fatto sì che alle differenze economiche e sociali abbia corrisposto una graduale omogeneizzazione di costumi, stili di vita e modelli culturali, delineando un nuovo tipo di s. di m., la società dei consumi. Parallelamente, la forza dei moderni mass-media, stampa e televisione in primo luogo, ha accresciuto le possibilità di manipolazione dell’opinione pubblica e dei comportamenti sociali. Molti studiosi hanno quindi individuato nelle s. di m. una dicotomia fra un «pubblico di élite», composto da gruppi dirigenti e avanguardie intellettuali, e un «pubblico di massa», ossia un insieme di persone dotate di un sistema di credenze cognitivamente povere ed emotivamente instabili, e pertanto esposte alle manipolazioni e alla eterodirezione delle élite. In questo senso, le teorie sulla s. di m. mettono in luce come taluni processi di modernizzazione tendano a costruire una società di «uguali» che, se da una parte poggia su una base estesa di democratizzazione, dall’altra – accrescendo le disuguaglianze in termini economici e di potere e alimentando dinamiche di omologazione e atomizzazione sociale – allontana le masse stesse dall’esercizio della sovranità e in qualche caso dalla stessa partecipazione politica.