social housing
<së'ušl hàuʃiṅ> locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. – Edilizia sociale, che fornisce soluzioni abitative per quei nuclei familiari i cui bisogni non possono essere soddisfatti alle condizioni di mercato e per le quali esistono regole di assegnazione. Su questa definizione, fondata sugli aspetti comuni ai diversi paesi membri dell'Unione Europea, si è ormai diffuso un unanime consenso. Il concetto tende però a variare da un Paese all’altro per l'eterogeneità delle politiche abitative adottate e di specifiche situazioni nazionali; da qui la difficoltà di un’analisi comparativa in mancanza di una definizione comune a livello europeo. Per queste ragioni il Comité europeen de coordination de l’habitat social, che ha adottato per la prima volta la locuzione nel 2006, compie un'analisi dei s. h. country profiles in base al ruolo che tale fenomeno assume nei singoli paesi europei: i criteri di ammissione, i soggetti coinvolti nell’offerta, le modalità di finanziamento e gli sviluppi più recenti del fenomeno nelle politiche interne, tenendo conto di come esso sia strettamente connesso alle dinamiche sociali e demografiche, oltre che di mercato. Il s. h. è certamente uno degli strumenti con cui i governi perseguono i propri obiettivi in materia di politica abitativa; allo stesso tempo, secondo diversi gradi di priorità, interferiscono con il fenomeno ulteriori aspetti e obiettivi del vivere sociale, quali per es.: combattere l’emarginazione, incentivare la diversità socioeconomica, contribuire all’equilibrio del mercato, promuovere il risparmio energetico, offrire sufficienti garanzie agli affittuari e così via, rispetto a sempre nuove domande e fabbisogni. Comune a un po’ tutta l’Europa è stata, negli ultimi anni, la difficoltà a sostenere le spese abitative a fronte di un incremento dei prezzi non corrispondente a una altrettanto significativa crescita dei redditi reali. Al tempo stesso, l’intervento pubblico è stato via via progressivamente ridotto mentre hanno contribuito a implementare la domanda abitativa nuove pressioni dovute a fattori demografici quali l’aumento dell’immigrazione, l’invecchiamento della popolazione (secondo stime Eurostat la percentuale di ultraottantenni è destinata a triplicarsi nel 2050) e le nuove dinamiche di riduzione dei nuclei familiari. Esistono ancora strette connessioni tra questione abitativa, coesione sociale e crescita delle aree urbane, così che il fenomeno del s. h. è diventato motore di trasformazione urbana per uno sviluppo sostenibile delle città; più in generale, l'edilizia a basso costo è divenuta oggetto di sperimentazione per nuovi materiali, tipologie e soluzioni ecocompatibili. Il fenomeno, largamente diffuso a scala europea, soprattutto in Olanda e Gran Bretagna, in Italia (con l'80% del patrimonio abitativo di proprietà di chi lo abita) ha registrato significativi ritardi, pur essendo oggi nuovamente al centro dell’attenzione sia pubblica sia privata. Il s. h. rappresenta infatti uno degli strumenti con cui sostenere la cosiddetta fascia grigia, composta da famiglie con redditi medio-bassi, studenti fuori sede, pendolari, lavoratori precari, giovani coppie o neo-separati, anziani, soggetti sottoposti a procedure di sfratto, immigrati regolarmente residenti, single in cerca di prima casa, e tutta un'estesa classe di persone che non necessariamente rientra nei canoni di povertà economica previsti per accedere all’edilizia residenziale sovvenzionata e pubblica. Sebbene a livello nazionale siano stati presi importanti provvedimenti sulle politiche abitative (quali, per es., il d. p. c. m. del 16 luglio 2009 con cui è stato approvato il Piano nazionale di edilizia abitativa; il Piano per il rilancio dell’edilizia definito nell’intesa tra Stato e Regioni sottoscritta il 31 marzo 2009, che prevede l’impegno, da parte di queste ultime, di approvare leggi finalizzate a fronteggiare la crisi attraverso il rilancio dell’attività edilizia; la proposta di legge presentata in Parlamento su iniziativa del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro nell’agosto 2009; l’istituzione di Agenzie territoriali per l’abitare sociale), lo sviluppo del fenomeno in Italia risulta complessivamente ancora frammentario per distribuzione sul territorio nazionale, disarticolato, di dubbio impatto e contraddistinto da difficili iter burocratici.