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SLOVACCHIA

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)
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Slovacchia


ENCICLOPEDIA ITALIANA VI APPENDICE TAB slovacchia 01.jpg

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(XXXI, p. 957; App. II, ii, p. 843; V, iv, p. 823; v. cecoslovacchia, IX, p. 602; App. I, p. 390; II, i, p. 541; III, i, p. 335; IV, i, p. 395; V, i, p. 535)

La S. è uno dei due Stati sovrani (l’altro è la Repubblica Ceca) nati il 1° gennaio 1993 dalla pacifica divisione della Cecoslovacchia. Membro associato all’Unione Europea, con Repubblica Ceca, Slovenia, Ungheria e Polonia fa parte dell’area di libero scambio CEFTA (Central European Free Trade Agreement).

Geografia umana ed economica

Popolazione

La popolazione (5.377.000 ab. nel 1998, su 49.035 km2) è in grande maggioranza di lingua slovacca (divenuta nel 1995 lingua ufficiale del paese), ma non manca una consistente minoranza ungherese (567.000 persone nel 1996) tutelata dalla legge e garantita, pur tra problemi ricorrenti, da un trattato di amicizia tra S. e Ungheria (1996). La religione dominante è quella cattolica, anche di rito orientale, con gruppi minoritari protestanti. La capitale, Bratislava, prossima al confine ceco e ancor più a quelli ungherese e austriaco, si avvicina al mezzo milione di abitanti; poco più della metà sono gli abitanti di Koèice, la seconda città slovacca.

Condizioni economiche

Dopo il distacco dalla Repubblica Ceca, si era aperto un non breve periodo di crisi dovuto essenzialmente a due motivi: la fine dei sussidi che la Cecoslovacchia accordava alla sua regione meno sviluppata e la perdita d’importanza delle industrie pesanti slovacche, strettamente dipendenti dalle relazioni con l’URSS e gli altri paesi del COMECON. A metà degli anni Novanta tale crisi è stata in buona parte superata e l’economia si è avviata verso forme di ripresa. Il settore privato è ormai largamente maggioritario e si va consolidando, anche se non gli giovano le ricorrenti tensioni politiche interne e il tasso di disoccupazione, che resta nettamente più elevato che nella Repubblica Ceca. Nel 1996, tuttavia, la S. ha registrato il tasso di crescita (6,9 %) più elevato e il tasso d’inflazione più basso (5,4 %) tra quelli dei paesi postcomunisti dell’Europa centrale. I boschi continuano a rappresentare la principale destinazione del suolo slovacco e forniscono buone quantità di legname. Su quel terzo del territorio che è coltivato (riprivatizzato già nel 1991) si producono notevoli quantità di cereali (grano, orzo e mais), di barbabietole da zucchero e di patate. Un discreto allevamento bovino e suino completa il quadro dell’economia rurale slovacca che tecnicamente non è molto avanzata e contribuisce per circa il 5 % alla formazione del PIL. Dal sottosuolo si estraggono una certa quantità di lignite e qualche minerale metallico. La produzione di energia si deve a centrali termiche e a una diga sul Danubio, ma soprattutto alle centrali nucleari di Bohunice e di Mochovce (quest’ultima contestata dalla confinante Austria che la considera poco sicura). Nonostante le modeste dimensioni del paese e il limitato grado di industrializzazione (con difficili problemi di riconversione, come nel caso delle fabbriche di armamenti che erano state concepite in funzione del Patto di Varsavia), la S. ha una sua non trascurabile industria siderurgica, oltre che il consueto ventaglio di industrie di base e manifatturiere, i cui prodotti, pur talvolta obsoleti, spaziano dal cemento alla birra, ai televisori. Principale partner commerciale della S. rimane la Repubblica Ceca, con la quale è stato sottoscritto un accordo di unione doganale, seguita dalla Germania e, specialmente per le importazioni di materie prime, dalla Federazione Russa; notevoli sono anche gli scambi con l’Austria, favoriti dalla navigazione sul Danubio. Buone prospettive dovrebbe avere in futuro il turismo montano, specie negli Alti Tatra, al confine con la Polonia.

bibliografia

M.S. Durica, La Slovachia: un breve profilo storico-culturale, Udine 1994.

S.L. Wolchik, The politics of ethnicity in post-communist Czechoslovakia, in East European politics and societies, 1994, pp. 153-88.

P. Pavlinek, Regional development and the disintegration of Czechoslovakia, in Geoforum, 1995, pp. 351- 72.

I. Kollár, Geographische Aspekte der Ostöffnung am Beispiel der Slowakischen Republick, in Mitteilungen der Österreichischen geographischen Gesellschaft, 1996, pp. 223-46.

T. Blazik, Changes in the geopolitical position of Slovakia in the 1990s, in Acta Universitatis Carolinae. Geographica, 1997, suppl., pp. 285-89.

J. Blaha, Slovaquie 1997. Fluctuat nec mergitur, in Courrier des pays de l’Est, 1998, 428-29, pp. 141-49. *

Storia

di Giampiero Brunelli 

Giunta alla piena indipendenza dopo la caduta del regime comunista cecoslovacco e la proclamazione della repubblica, la S. conobbe durante i primi anni di vita un clima politico particolarmente incerto, caratterizzato dalle ripetute defezioni di ministri in carica. Stabile si era, tuttavia, dimostrato il consenso elettorale verso il primo partito, il Movimento per la Slovacchia democratica (HZDS, Hnutie Za Demokratické Slovensko), fondato e guidato da V. Meãiar. Su incarico del presidente M. Kováã, Meãiar formò nel dicembre 1994 un governo di coalizione, sostenuto, oltre che dal suo partito, dall’Associazione dei lavoratori di Slovacchia (ZRS, Zdruûenie Robotníkov Slovenska) e dal Partito nazionale slovacco (SNS, Slovenská Národná Strana), di ispirazione nazionalista. Fra i primi atti, Meãiar decise di annullare il programma già avviato di privatizzazioni per offerta pubblica, con l’intenzione di concentrare l’offerta nei riguardi di soggetti vicini al partito di maggioranza. Ne nacquero profondi dissidi con Kováã, che si rifiutò di promulgare il provvedimento. La maggioranza parlamentare riuscì ad aggirare il veto del presidente, ma, nel maggio 1995, la Corte costituzionale dichiarò illegittima la revoca delle privatizzazioni. I contrasti si acuirono: Meãiar promosse e ottenne dal Consiglio nazionale una mozione di censura nei confronti del presidente, accusato di intrattenere illeciti rapporti con i servizi segreti, ma a sostegno di questi vi furono mobilitazioni di piazza. Da ultimo, il conflitto trascese: nell’agosto 1995 un figlio di Kováã fu rapito e rilasciato in territorio austriaco, dove fu trattenuto dalle autorità di Vienna su mandato di cattura internazionale della Germania, dove era indagato per corruzione. Il rilascio e il rientro in patria dell’arrestato, nell’ottobre seguente, non sopirono la vicenda: il presidente additò come responsabili i servizi segreti, i quali reagirono accusando Kováã di essere a sua volta coinvolto nello scandalo. In conseguenza di tali fatti la democrazia in S. sembrò essere messa a rischio, e l’impressione fu confermata nel marzo 1996 dall’approvazione di una legge contro la sovversione, considerata da più parti lesiva delle libertà fondamentali e per questo ripetutamente rinviata dal presidente al Consiglio nazionale. Forti e diffuse proteste si ebbero anche in occasione del referendum del maggio 1997: il quesito sull’elezione diretta del capo dello Stato, promosso dalle opposizioni e decisamente avversato dal governo, fu eliminato dalle schede per intervento del ministro degli Interni. Aggravarono questa situazione il naufragio dei provvedimenti normativi elaborati da una commissione mista di parlamentari europei e slovacchi sul controllo dei servizi segreti e sulla tutela delle minoranze, oltre al deteriorarsi dei rapporti con gli Stati confinanti. Proprio durante il 1997, per es., si ebbero contrasti con l’Ungheria, che aveva accusato il governo slovacco di non aver rispettato un trattato di cooperazione firmato nel marzo 1995, promuovendo invece l’assimilazione della componente etnica magiara e auspicandone addirittura il reimpatrio. Diventarono difficili anche i rapporti con la Repubblica Ceca a causa di divergenze sulla divisione del patrimonio della federazione cecoslovacca, ma dopo forti tensioni si giunse a un accordo nel dicembre 1999. Questi contrasti in ambito internazionale, uniti alla difficile situazione interna, influirono (dicembre 1997) sulla decisione dell’Unione Europea di non includere la S. fra i paesi più vicini all’ingresso nell’UE, nonostante la notevole crescita economica dimostrata. Il clima teso vanificò anche ogni tentativo di eleggere un nuovo presidente alla scadenza del mandato di Kováã (marzo 1998). Le elezioni politiche del 25-26 settembre 1998, vigilate da osservatori dell’OSCE, portarono significativi mutamenti: le opposizioni di centro-sinistra, unite nella Coalizione democratica slovacca (SDK, Slovenská Democratická Koalicia, formata nell’autunno 1997), conquistarono 93 dei 150 seggi del Consiglio nazionale, e il 30 ottobre 1998 il suo leader, il cristianodemocratico M. Dzurinda, sostituì Meãiar nell’incarico di primo ministro, formando un governo di coalizione comprendente anche altre formazioni di centro-sinistra e il Partito della coalizione ungherese (SMK, Strana Mad´arskej Koalicie). Fra le prime iniziative del nuovo governo per far uscire la S. dall’isolamento internazionale vanno ricordati l’intervento di una delegazione slovacca al summit dei paesi dell’Europa centrale (Zagabria, 20 e 21 novembre 1998) e l’invio di militari fra gli osservatori dell’OSCE in Kosovo. Nel maggio 1999, dopo l’approvazione in gennaio della legge sull’elezione diretta del capo dello Stato, fu eletto presidente al secondo turno, con il 57,2 % dei voti, R. Schuster, un ex comunista, leader del Partito della comprensione civica (SOP, Strana Ob`cianskeho Porozumenia), al governo dal 1998. Sul fronte interno, l’esecutivo Dzurinda corresse la strategia delle privatizzazioni con una maggiore tutela degli interessi pubblici strategici e intraprese riforme in campo sociale (assistenza e sanità); si trovò però di fronte a una congiuntura economica sfavorevole: la crescita del PIL si era interrotta, era aumentata la disoccupazione, la bilancia dei pagamenti con l’estero appariva in netto passivo, il sistema creditizio dava segni di debolezza.

bibliografia

M.-A. Tétreault, R.L. Teske, The struggle to democratize the Slovak Republik, in Current history, March 1997, pp. 135-39.

Vedi anche
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