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La Cecoslovacchia, indipendente dall’Impero austroungarico dal 1918 e appartenente all’area di influenza sovietica nell’Europa orientale durante la Guerra fredda, si è divisa il 1° gennaio 1993 con un processo di separazione pacifico che ha dato vita alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia. Da allora il paese ha avviato la transizione alla democrazia e all’economia di mercato e ha perseguito una politica volta all’integrazione nel blocco occidentale, completata con l’ammissione all’Unione Europea (Eu) e alla Nato.
Il percorso è stato inizialmente più lento rispetto a quello della vicina Repubblica Ceca. La Slovacchia ha aderito al programma Partnership for Peace della Nato nel 1994 assieme alla Repubblica Ceca ma, a causa delle difficoltà nella transizione democratica durante i governi di Vladimír Mečiar (1993-94 e 1994-98), non è entrata a far parte della Nato nel 1999 come Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia, ma soltanto nel marzo 2004. Il ‘deficit democratico’ e le violazioni dei diritti umani hanno rallentato anche l’avvio dei negoziati per l’ammissione all’Eu. Tuttavia il governo di Mikuláš Dzurinda (1998-2006) e il boom economico dei primi anni del 21° secolo hanno poi permesso l’ingresso nell’Eu nel maggio 2004, assieme alla maggioranza dei paesi dell’Europa orientale. Nel 2007 la Slovacchia è entrata anche nell’area Schengen e, rispettando i criteri di Maastricht nel 2008, dal 1° gennaio dell’anno successivo ha aderito alla zona euro, prima della Repubblica Ceca.
La Russia rimane un partner energetico cruciale poiché fornisce la quasi totalità di gas e petrolio alla Slovacchia. Le relazioni con Mosca sono quindi amichevoli e, di conseguenza, la Slovacchia non ha sostenuto l’ipotesi di scudo missilistico statunitense nel territorio della Repubblica Ceca, avversato dalla Russia. Allo stesso tempo, dagli anni Novanta si sono approfondite le relazioni con gli Usa, che hanno fornito ingenti aiuti per la transizione e per ricostruire la difesa.
Le relazioni con i vicini sono amichevoli, in particolare con il Gruppo di Visegrád (Repubblica ceca, Polonia e Ungheria), nonostante esistano tensioni con l’Ungheria, principalmente legate alla consistente minoranza ungherese in Slovacchia, pari al 10% della popolazione. Recentemente le relazioni tra i due paesi sono state esacerbate dall’approvazione a Budapest, nel maggio 2010, di una legge che concede il diritto di cittadinanza a tutti gli ungheresi residenti all’estero, seguita da una legge slovacca volta a vietare la doppia cittadinanza e la perdita di quella slovacca nel caso di acquisto di un’altra. Ad alimentare le tensioni potrebbe contribuire anche la recente affermazione alle elezioni regionali di Marian Kotleba, leader del partito di estrema destra ‘La nostra Slovacchia’.
La Slovacchia è una repubblica parlamentare, con un legislativo unicamerale e un presidente eletto direttamente dal popolo. Le elezioni parlamentari del giugno 2010 sono state vinte, come nella Repubblica Ceca, dalla coalizione di centro-destra formata dall’Unione democratica e cristiana slovacca e dal Partito democratico (Sdku-Ds), Libertà e solidarietà (Sas), Movimento cristiano democratico (Kdh) e Most-Hid. Il partito Direzione-Democrazia sociale (Smer-Sd), pur avendo la maggioranza relativa dei seggi, non è riuscito a formare una coalizione. Iveta Radičová del Sdku-Ds è stata la prima donna a ricoprire la carica di primo ministro. Nell’ottobre del 2011 il governo di Radičová, in occasione del voto di fiducia per l’approvazione del Fondo europeo di stabilità (Efsf), ha avuto bisogno dell’appoggio dei socialdemocratici che, in cambio, hanno ottenuto il voto anticipato. Nelle elezioni del marzo 2012 il centro-sinistra di Smer-Sd ha ottenuto la maggioranza: Robert Fico, già premier tra il 2006 e il 2010, ha conquistato il 44,4% dei consensi, pari a 83 dei 150 seggi in parlamento. Grazie a questo risultato, frutto anche di uno scandalo legato alla corruzione che ha investito il paese alla fine del 2011, Fico ha formato un nuovo governo senza ricorrere al sostegno di altri partiti.
La popolazione slovacca è costituita da 5,4 milioni di cittadini e registra un tasso di crescita piuttosto basso (0,1% tra il 2005 e il 2010). Gli slovacchi rappresentano la maggioranza della popolazione (85%). Vi è inoltre una cospicua minoranza ungherese (10%), che vive prevalentemente al confine con l’Ungheria e alcune minoranze di tedeschi, cechi, polacchi e ucraini.
Inoltre, esiste la minoranza rom (2%), che è oggetto di discriminazioni sia nell’istruzione sia sul mercato del lavoro.
Circa il 60% della popolazione è cristiano cattolico, mentre l’8% è protestante e il 4% ortodosso.
A partire dagli anni Novanta il sistema educativo è stato profondamente riformato. La qualità del sistema è elevata: l’istruzione della forza lavoro è comparabile a quella dei paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) e più elevata della media dell’Europa centro-orientale. Sebbene la spesa per l’istruzione sia stata in parte ridimensionata rimane comunque in linea con il 4% nei primi anni del secolo. La spesa per la sanità (8,7% del pil) è sotto la media europea.
I mezzi di comunicazione slovacchi sono generalmente liberi, anche se si registra un peso eccessivo dei poteri politici.
La condizione femminile è migliorata rispetto all’epoca comunista. Benché le donne godano in teoria degli stessi diritti degli uomini, continuano tuttavia a essere sottorappresentate nelle posizioni dirigenziali e in politica.
Il periodo di transizione verso l’economia di mercato è stato difficoltoso, soprattutto durante il governo Mečiar, tra il 1994 e il 1998. In seguito, l’esecutivo a guida Dzurinda ha portato avanti le riforme e ha migliorato la gestione delle finanze pubbliche. Nel 2004 è stata introdotta una tassazione fissa del 19% per le persone fisiche e le imprese che, accompagnata alla forza lavoro qualificata e alla posizione centrale del paese, ha favorito l’ingresso di investimenti diretti esteri (26 miliardi di dollari nel 2012).
Dall’inizio del nuovo secolo, la Slovacchia ha registrato una crescita sostenuta (dal 6% del 2005 al 10% del 2007). Il rispetto dei criteri di Maastricht sul debito e il deficit hanno permesso al paese di entrare nella zona euro prima degli altri membri del Gruppo di Visegrád. Tuttavia, la crisi globale ha comportato una forte battuta d’arresto (-6,2% del pil nel 2009) e la disoccupazione resta ancora elevata (14,3% nel 2013). Nonostante il perdurare della crisi economica nell’eurozona, nel 2011 la Slovacchia è tornata a crescere e le previsioni per il 2013, sebbene registrino una decrescita del pil, rimangono comunque positive (0,8%).
L’industria, settore che contribuisce al 35% del pil, è importante e si basa sulla lavorazione dei metalli, sui prodotti minerari, sulla fabbricazione di macchinari e autoveicoli, sulle aziende tessili, di elettronica e di chimica. Principali partner commerciali sono la Germania, la Repubblica Ceca e la Russia. Il settore dei servizi è prevalentemente basato sul finanziario, vendita al dettaglio e turismo.
La Slovacchia ha riserve limitate di carbone, petrolio e gas ed è quindi fortemente dipendente dalla Russia per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. Il paese infatti importa gas (che conta per il 26,8% del totale dell’energia consumata) e petrolio (che conta per il 20,5%) solo dalla Russia. Oltre a migliorare l’efficienza energetica e diversificare le fonti puntando su nucleare e idroelettrico, la Slovacchia mira dunque a diminuire la propria dipendenza dalla Russia: a tal fine ha concluso un accordo con l’Ungheria nel 2011 per la costruzione di un gasdotto che collegherà i due paesi e che dovrebbe ricevere il gas da un terminale rigassificatore in Polonia, che poi rifornirebbe tutti i membri del Gruppo di Visegrád. Anche il petrolio proviene solo dalla Russia, attraverso l’oleodotto Druzhba. Per ridurre il peso anche di questo legame, la Slovacchia sta cercando di accrescere la sicurezza energetica, promuovendo la ricerca di fonti alternative assieme ai membri del Gruppo di Visegrád.
L’esercito slovacco è di dimensioni limitate – poco meno di 16.000 soldati – e composto dalle truppe di terra e dall’aviazione. Dal 2006 il servizio militare non è più obbligatorio ma volontario, dai 17 anni. Il paese spende circa l’1,1% del pil per la difesa.
La Slovacchia si è impegnata, già dai primi giorni successivi alla scissione dalla Repubblica ceca, in alcune missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite quali Unosom in Somalia e Unprofor nei Balcani. Attualmente partecipa alle missioni Nato in Afghanistan (Isaf) e in Kosovo (Kfor), congiuntamente alla Repubblica Ceca. Inoltre, Bratislava fa parte della missione dell’Eu in Bosnia-Erzegovina e di quella delle Nazioni Unite a Cipro (Unficyp). Il paese aveva anche inviato un contingente di cento militari in Iraq, poi ritirato nel 2007.
Infine, la Slovacchia è partner degli Usa nella guerra al terrorismo ed è parte delle convenzioni internazionali in materia, sebbene non abbia problemi diretti in questo campo.
Eletto il 26 novembre 2013 governatore della regione di Banská Bystrica, Marian Kotleba è solo l’ultima personalità salita agli onori delle cronache internazionali in quel gran contenitore etichettato come euroscetticismo. Kotleba è il leader di ‘La nostra Slovacchia’, partito di estrema destra anti-EU e anti-Rom, noto soprattutto per gli atteggiamenti radicali dei suoi affiliati che indossano tenute simili a quelle dei nazisti hitleriani e si battono per l’esclusione dei Rom dalla società slovacca. Benché la vittoria di Kotleba si inserisca nel più vasto fenomeno dei movimenti e dei partiti di estrema destra ormai ben radicati nell’Europa centro-orientale (vedi la presenza nel parlamento di Budapest di Jobbik, il ‘Movimento per una Ungheria migliore’), l’affermazione di ‘La nostra Slovacchia’ costituisce un campanello di allarme anche per Bruxelles, in vista dell’elezioni europee del maggio 2014: infatti, tra i punti del programma del neo governatore vi è anche l’uscita dall’euro.