SLONTA
Villaggio situato 50 km c.a a S di Cirene, a una quota di 735 m sul margine estremo dell'altopiano cirenaico e del territorio anticamente coltivato, pressoché al limite del predeserto libico, nelle cui vicinanze, sul pendio roccioso della collina, sono visibili alcune grotte. Si tratta di abitazioni trogloditiche della tarda antichità, che spesso hanno utilizzato precedenti tombe a camera ricavate nella roccia. Vicino a queste cavità in parte crollate, un poco più a valle delle altre, è situata la grotta denominata dagli Arabi at-taṣwῑra ossia «delle immagini», a causa di alcune figure allora visibili scolpite in bassorilievo nel masso.
Un certo numero di viaggiatori già dalla fine del secolo scorso ha descritto i rilievi di S., che hanno assunto maggiore consistenza con lo sterro dell'intera grotta da parte degli archeologi italiani nel 1919. Scarsa è la bibliografia sul complesso figurato; solo recentemente è stato possibile eseguire un accurato rilievo grafico completo delle figure conservate.
Un elemento fondamentale è costituito da un basamento a forma di piramide tronca, disposto su esili piedi, che solo su due lati si presenta isolato dalla roccia: si tratta con ogni probabilità di un'ara, risparmiata nel masso, alta m 1,50, con la base che misura m 1,60x1,20. Lo stato di conservazione rende poco chiara la lettura del gruppo di personaggi rappresentati nel monumento. La parte inferiore, alta 90 cm, è decorata da numerose figure in rilievo, di piccole dimensioni e disposte sia di prospetto sia di profilo: l'intera superficie risulta completamente coperta. Due modanature a ovuli e astragali delimitano la scena sul margine superiore e inferiore, così da costituire una parziale cornice. Il lato meridionale è assai complesso e presenta due serie di personaggi raffigurati pressoché in miniatura e disposti in doppia fila, quasi che quelli al di sopra poggino sui corpi di quelli sottostanti. Malgrado il rilievo sia consunto e con sbrecciature, si possono tuttavia riconoscere nove figure nella fila superiore, disposte senza regolarità, quasi tutte accomunate dalla resa dei pingui corpi, probabilmente nudi. Qui infatti mancano le vesti ad ampie pieghe, con cintura alla vita, che invece contraddistinguono sei personaggi rappresentati nella fila inferiore: uno di essi indossa un lungo vestito a pesanti falde che scendono dalle spalle ai piedi; due donne paiono raffigurate con la sola gonna e a seno scoperto, come forse un'altra vicina. Le caratteristiche di questi personaggi si riscontrano in numerose altre figure rappresentate in parziale o completa nudità. I personaggi sono disposti in pose diverse, in piedi, seduti, riversi, con le membra scomposte, ma molti sono accomunati da un particolare gesto, come se partecipassero a una scena rituale: poggiano una o entrambe le mani sulle guance o sul capo, apparentemente in segno di dolore. Le due donne a seno scoperto avevano forse un ruolo particolare, sottolineato da una sorta di fiaccola che le fiancheggia.
Non molto resta dell'altra faccia del basamento, in gran parte sbrecciata: solo circa la metà della superficie conserva ancora resti di figure ricavate nella roccia. Quella meglio riconoscibile occupa l'intera altezza della fascia tra le due cornici con ovuli e astragali: si tratta di un personaggio maschile, seduto in modo scomposto, nudo, con membra adipose e forse con una mano sul capo. Solo in parte conservata è una figura femminile di dimensioni ridotte, raffigurata a fianco della precedente: ha il seno scoperto e indossa una gonna a grosse pieghe. Una testa umana e poco altro appena s'intravedono accanto.
Questi due soli lati del basamento a tronco di piramide fuoriescono dal costone roccioso e sono scolpiti a rilievo. Le altre due pareti non hanno alcuna lavorazione. Si tratta di un altare a pianta rettangolare, sormontato da quattro animali disposti simmetricamente, rivolti col muso verso l'ingresso del santuario e affiancati, in modo tale che i loro corpi si uniscono l'uno con l'altro. Un solo animale è conservato per intero: dai particolari della testa e delle zampe è riconoscibile come un maiale adulto. I quattro animali sono sagomati nel masso con discreto realismo, ritti sulle zampe.
Nel contesto del santuario l'altare sembra formare un tutt'uno sia con la roccia da cui sorge, sia con gli animali che lo sovrastano, e assume un ruolo fondamentale anche per la peculiare posizione in cui è stato ricavato: infatti nella parete rocciosa, più in basso, è una piccola caverna naturale, con all'interno cinque teste umane scolpite sulla parete presso l'apertura. Il legame tra il sito più esclusivo dell'area sacra e il soprastante altare risulta immediato. Gli stessi maiali sull'ara sembrano qui disposti per il rito da compiere, quasi simbolo di un'offerta.
La grotta costituisce il nucleo originario attorno al quale si è sviluppato attraverso i secoli il santuario. La serie dei volti qui ricavati su una parete di roccia si pone come un elemento a sé stante, del tutto peculiare nel contesto dell'intero complesso di rilievi. Essi sono caratterizzati dai soli lineamenti essenziali: bocca carnosa con labbra accentuate, occhi grandi e rigonfi, solco di divisione tra la fronte e la capigliatura, naso marcato. Le teste sono disposte in modo asimmetrico: di dimensioni diverse, in parte si sovrappongono, come se volutamente fossero state rese in modo reale verso l'ingresso e sempre più sfumate mano a mano che si procede verso il fondo della caverna.
La disposizione casuale dei volti e lo scarso rilievo suggeriscono l'idea che in origine si trattasse di semplici formazioni naturali rotondeggianti della superficie della roccia, su cui sono stati aggiunti i tratti somatici fondamentali. Suggestivo è il richiamo alle têtes coupées segnalate nel bacino del Mediterraneo.
I tratti somatici sopra descritti non hanno punti di riferimento con i ritratti o con la statuaria di età classica, assai ben documentati nella vicina Cirene. Questi volti così peculiari e così schematizzati, inoltre, non forniscono elementi diretti per definire cronologicamente la grotta con le cinque teste. Alcuni dati indicativi sono segnalati nelle vicinanze, dove si sono osservati resti di sepolture, ossa e varî materiali sparsi su una vasta area di necropoli. Sono stati qui rinvenuti alcuni frammenti di ceramica a vernice nera: si può perciò supporre che il nucleo originario del santuario sia stato in riferimento con un'area cimiteriale di età classica.
La doppia cornice a ovuli e astragali ricavata sui bordi del basamento dell'altare trova raffronti su edifici greci sia dell'agorà sia del Santuario di Apollo a Cirene.
Probabilmente di epoca imperiale è invece l'ampliamento del santuario verso E, ricavato artificialmente nel masso, come mostra la base della colonna risparmiata al centro, riferibile alla più recente fase di vita del complesso sacrale. Qui sono stati rinvenuti altri rilievi crollati sul pavimento; il repertorio figurativo è costituito da teste umane mozze, da uomini e donne con attributi sessuali in evidenza e in posa scomposta, da animali domestici (maiali, cavalli, buoi, pecore, cani) e selvatici (gazzelle, leoni, serpenti). Va notata la presenza di un serpente, di straordinarie dimensioni, che si snoda lungo tutto il lato settentrionale di questo ambiente ricavato nella roccia e che si affaccia con la bocca spalancata sull'apertura della grotticella naturale proprio in corrispondenza delle cinque teste. Una seconda stanza s'intravede accanto alla precedente, in precario stato di conservazione, con un personaggio seduto all'interno di una nicchia e rappresentato con le mani sul capo. Un ultimo gruppo di personaggi in bassorilievo è raffigurato sulla parete verticale in connessione con l'ingresso al santuario.
Il piano per i sacrifici è formato dalle ampie schiene dei quattro animali: esso è leggermente in pendenza dalle teste alle code e il sangue delle vittime da qui scorreva in un rivolo ricavato nella roccia, per poi scaturire in corrispondenza della piccola grotta naturale che presenta il piano sottoscavato. Nell'agorà di Cirene, all'interno del tèmenos arcaico di Demetra e Kore, è stato di recente rinvenuto un altare collegato a una vasca da un rivolo; anche nel vicino santuario ellenistico di Demetra sono conservati due bòthroi uniti da canalette a cavità nel terreno. La tipologia del rito che si officiava nei due edifici sacri si riconduce al culto per divinità ctonie: anche il santuario di S., sia pure in epoca diversa, si può riferire probabilmente a questo ambito.
I quattro animali sull'altare simboleggiano le vittime sacrificali per la divinità venerata: alcuni maiali di terracotta in miniatura, datati alla prima età imperiale, sono stati recuperati tra gli oggetti votivi nel santuario extramurale di Demetra Libyssa a Cirene (anch'esso, come quello di S., è in un'area di necropoli); numerose ossa di maiale, probabilmente resti di sacrifici, sono state inoltre scoperte negli strati arcaici dello stesso santuario in cui si praticavano culti ctonî.
L'altare rupestre di S. sembra essere un unicum, da mettere in relazione con la cultura libia, ma ripreso e valorizzato in età romana.
Le fonti ci forniscono notizie sulle credenze religiose presso i Libii, che in massima parte avevano adottato i costumi dei colonizzatori, a eccezione di alcune tribù che conservavano la loro lingua primitiva e le divinità dei loro antenati. Importante per comprendere il significato del santuario di S. potrebbe essere un passo di Erodoto (IV, 172) in cui si riferisce che la tribù dei Nasamoni faceva giuramento sugli antenati che erano considerati i più giusti toccandone la tomba e che praticavano l'oniromanzia mediante incubazione sulla tomba degli antenati; la grotta di S. potrebbe inserirsi in questo orizzonte culturale.
Bibl.: G. Haimann, Cirenaica, Milano 1866, pp. 87-89; O. Bates, The Eastern Libyans, Londra 1914, pp. 128-129; L- V. Bertarelli, Guida del Touring Club Italiano - Possedimenti e colonie, Milano 1929, pp. 421, 471; S. Stucchi, Architettura cirenaica, Roma 1975, pp. 335-336; M. Luni, Il santuario rupestre libyo «delle immagini» a Slonta. Testimonianza della cultura libya in ambiente greco-romano: originalità e dipendenza, in QuadALibia, XII, 1987, pp. 415-458; id., Il Santuario libyo della grotta «delle figure» a Slonta presso Cirene, in AA.VV., Da Batto Aristotele a Ibn el-'As. Introduzione alla mostra (cat.), Roma 1988, pp. 53-56; id., Gli altari del Santuario rupestre di Slonta (Cirene), in R. Etienne (ed.), L'espace sacrificiel dans les civilisations méditerranéennes de l'antiquité, Lione 1991, pp. 155-158, tavv. xlv-lviii.