SKELMIS (Σκέλμις)
Nome incerto di scultore greco, ricostruito sul fondamento di un passo di Callimaco (framm. 105) giuntoci corrotto dalla tradizione manoscritta (Plutarco presso Eusebio di Cesarea, Praeparatio evangelica, iii, 8), in cui si parla della statua del culto di Hera a Samo come di uno Σκέλμιον ἔργον (cioè "opera di Skelmis"), che sostituì un primitivo xòanon di legno.
Contro tale notizia, la restante tradizione attribuiva l'opera a Smilis d'Egina (v.). È stato peraltro osservato che l'espressione può indicare genericamente la tecnica usata nella statua, in contrapposto a quella del simulacro primitivo (bronzo nella prima e legno nel secondo). Fra l'altro non è impossibile la lettura κέλμιον, e Kelmis è attestato fra i Dattili, scopritori mitici della metallurgia in Cipro. Un frammento delle Dieghèseis callimachee (M. Norsa e G. Vitelli, Διηγήσεις di poemi di Callimaco in un papiro di Tebtynis, Firenze 1934) si riferisce al passo in questione. Da esso si apprende come la dea fosse incoronata di vite e tenesse ai piedi una pelle di leone.
Bibl.: R. Schneider, Callimachea, Lipsia 1873, vol. II, p. 366 ss.; Höfer, in Roscher, IV, 1902-09, c. 990; F. Jacoby, in Hermes, LVII, 1922, p. 367; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, III A, 1927, c. 469; Ch. Picard, Manuel, I, 1935, p. 652; II, 1939, p. 70.