SITULA (situlus, situla, sitla)
Denominazione comprendente, nella terminologia archeologica, un vaso metallico, di rado fittile, di forma troncoconica, con spalla arrotondata o a spigolo, collo per lo più largo e basso, (in alcuni casi del tutto mancante), provvisto di manico semplice o doppio, ad arco, fissato mediante orecchiette forate; talora i manici sono di verga, fissati alla parete, come quelli della cista (v.). L'impiego ovvio, nella vita pratica e nel rituale, è quello di contenere e trasportare liquidi.
1. - Egitto. - In Egitto la s. appare piuttosto tardi; infatti, a parte un esemplare del museo di Berlino che reca il nome di Amenemḥet I (Medio Regno), la maggior parte dei monumenti conosciuti datano dal Nuovo Regno all'età greco-romana compresa. In alcune raffigurazioni del Nuovo Regno appaiono connesse con scene di tributi stranieri, soprattutto siriani e cretesi, per cui si è supposto (P. Montet, Les reliques de l'art syrien, pp. 57-59) che potessero avere un'origine extra-egiziana. La mancanza di ritrovamenti in tali regioni unita alla presenza in queste scene di vasellame tipicamente egiziano mescolato a quello straniero portano però ad escludere tale ipotesi.
La tipologia di questo tipo di monumenti ci è nota sia da esemplari reali, sia da raffigurazioni a rilievo o dipinte, sia, ma in misura assai ristretta, da modelli in scala minore. Da essi le S. appaiono in una grande varietà di forme e di funzioni. Vi sono tuttavia alcune caratteristiche comuni che permettono di isolare questa classe di monumenti: in primo luogo la presenza di un manico mobile, ricurvo, articolato entro due occhielli facenti corpo col vaso stesso. Non mancano tuttavia esemplari totaimenté privi di manico o con un'unica presa laterale. Il corpo del vaso ricorre in parecchie forme che possono, tuttavia, raggrupparsi in due categorie principali: nella prima, la più comune, il corpo è un tutto unico a sezione approssimativamente cilindrica o troncoconica, generalmente espansa verso il fondo e con base tronca o, più spesso arrotondata, talvolta terminata da un piccolo piede o da un umbone, il labbro è talvolta distinto da un bordo piatto o cordonato; nella seconda, invece, collo, spalla e corpo del vaso sono nettamente articolati, spesso addirittura con spigoli vivi ai giunti.
I materiali usati sono l'oro, l'argento e soprattutto il bronzo, ma non manca almeno un esempio di alabastro (dalla tomba di Cha a Tebe, ora al museo di Torino). È probabile che, almeno in alcuni casi (soprattutto per le S. cilindriche senza manico), si possa risalire a modelli tratti dalla ceramica di uso comune, ma in generale si deve postulare per la forma una molteplicità di origini oltre che di funzioni. La decorazione negli esemplari del Nuovo Regno manca o è limitata a brevi iscrizioni col nome del proprietario o del donatore, ma, a partire dall'età saita, si arricchisce e finisce col ricoprire tutto il corpo del vaso con scene di carattere religioso o rituale e formule di libazione, sia incise sia a rilievo. Tra le scene: le barche solari, sfilate di divinità di fronte a un adorante, la dea Nut (o Ḥatḥōr) che versa libazioni al defunto.
Quanto alle funzioni la s. appare in cerimonie templari e funerarie per libazioni o aspersioni sia di latte sia di acqua. Non è agevole, specie in età più tarda, distinguere una specializzazione di funzioni in rapporto al variare della forma, tuttavia si nota ad esempio un più frequente ricorrere in rappresentazioni di scene a carattere funerario delle s. di forma articolata. Manca tuttavia uno studio definitivo dell'evoluzione tipologica.
(A. M. Roveri)
2. - Oriente mediterraneo. - L'origine della s. è stata ricercata nell'Oriente. In effetti, vasi che possono considerarsi suoi antecedenti si trovano nell'Egitto all'inizio del III millennio e all'incirca contemporaneo è un gruppetto ora al museo di Bagdad raffigurante due uomini che lottano reggendo sul capo ciascuno una situla. Ma è anche un fatto assodato che l'area di maggior frequenza della s. è l'Europa protostorica. Relazioni con l'Oriente e il Mediterraneo sono sempre ammissibili, ma occorre d'altra parte non dimenticare che la forma della s. non esclude - e così la sua funzione - fenomeni di convergenza, parallelamente sviluppatisi da forme preistoriche. È necessario in ogni caso distinguere fra la forma in sé e la decorazione di alcune categorie di situle. In Creta si ha una documentazione indiretta delle s. usate in funzione sacrale nella scena dipinta sul sarcofago di Haghìa Triàda, e altrove, per cui, almeno per quanto riguarda l'Occidente, un tramite cretese potrebbe ammettersi. Incerta, allo stato attuale della documentazione, la questione se originariamente la s. fosse di legno, costruita a doghe verticali.
Secondo le testimonianze archeologiche, numerosissime, l'area di diffusione della s. è costituita dall'Italia centrosettentrionale e dall'Europa centrale e settentrionale in un primo tempo, poi anche occidentale e centro-orientale.
3. - Italia ed Europa centrale. - La s., come la cista, compare al trapasso fra la cultura del bronzo e quella del ferro, e si presenta in forma troncoconica, in lamina i cui margini sono riuniti mediante chiodetti ribattuti. L'Etruria conosce la s. a partire del sec. X-IX (Tomba delle Arcatelle a Tarquinia) e successivamente si hanno gli esemplari della Tomba della Pania a Chiusi, di Vetulonia, della Marsiliana (Circolo delle Pellicce), della Tomba Bernardini di Palestrina (s. liscia, con coperchio e anse a nastro). Nelle due s. della Pania, nel Museo Archeologico di Firenze, si ha l'uso, del resto non comune, del cilindro d'avorio intagliato. La decorazione a fasce parallele al fondo comprende in parte scene mitologiche, in parte figure e motivi decorativi. La tettonica si accosta più a quella della cista che non a quella tradizionale della s., data la forma cilindrica. Così è del recipiente proveniente da Palestrina, ora nel Museo dei Conservatori, in lamina d'argento a giorno, su fusto ligneo: piuttosto una cista che una situla. Di conseguenza, il numero delle s. tipiche appare piuttosto limitato nell'Etruria del periodo orientalizzante.
Il fatto che spesso la s. è associata in Etruria all'elmo crestato è stato interpretato come una prova della sua importazione dall'Egeo. Un esemplare sporadico di Lentini, da una tomba non posteriore al sec. VI a. C., è da attribuirsi forse ad importazione, giacché nella Grecia propria né ora né poi è documentata la s. e, del resto alla presenza delle S. a Lentini si riconosce oggi un'importanza documentaria assai minore che in passato. Il recipiente chiamato ἄμνιον che può mettersi in rapporto con la S. cretese è dell'età omerica (Od., iii, 444). In Grecia compare di rado un tipo di secchio ovoidale senza piede, di cui sarà parola più sotto (v. l'esemplare di Olimpia, in Dict. Ant., s. v. Situla, fig. 6477). Nell'Europa centrale e nell'Italia settentrionale, durante la prima Età del Ferro la s. metallica, troncoconica, è in origine liscia, poi per tutta la sua area di diffusione (ritrovamenti di Sesto Calende, Trezzo d'Adda, ecc.), riceve decorazioni geometriche, come nella civiltà del I periodo di Hallstatt. Esemplari di S. lisce e geometriche si riscontrano anche nella penisola scandinava, ma non in Francia. Il repertorio geometrico europeo cede fra il VII e il VI sec. a. C. all'influsso orientalizzante. Da questo periodo la produduzione di S. è sempre più elevata e l'area di diffusione si allarga. Dalla semplice introduzione di motivi fitomorfi stilizzati e di teste stilizzate di volatili, come nell'esemplare di Hadju Boszóvmény (Ungheria), ecc., si passa nel III periodo di Este a vere e proprie scene svolgentisi in fasce parallele al fondo. Sulla base degli esemplari continentali si è cercata l'"origine" della S. figurata nella tarda civiltà dei Campi d'Urne o almeno una componente centroeuropea nella formazione di quella che di recente è stata chiamata "l'arte delle situle". L'eccezionale produzione di s. durante la civiltà atestina (v. atestina, civiltà) ha fatto pensare al Veneto come centro di diffusione del nuovo stile. In realtà soltanto la s. Benvenuti, la più antica, riflette lo stesso clima di quelle dell'orizzonte alpino-danubiano, per il resto le s. atestine e i prodotti congeneri per tecnica e stile individuano un settore particolarmente definito, il più chiaramente definito anzi di tutta la sfera dell'arte delle situle. Giacché la tettonica presenta soltanto un naturale svolgimento rispetto alle forme più antiche, il problema riguarda prevalentemente la formazione del linguaggio decorativo. A questo proposito si sono supposti contatti dall' Etruria attraverso Bologna, dall'Adriatico attraverso Adria e attraverso i Balcani, che possono tuttavia lasciare valida l'ipotesi di componenti orientali e locali del repertorio, che spesso innestandosi sulle esperienze del geometrico europeo, si schematizza a fine decorativo. Nel villanoviano bolognese la s., liscia nelle imitazioni fittili, conserva la decorazione geometrica dei periodi Benacci I e II e assume poi il repertorio zoo- e fitomorfo della fase Arnoaldi. La s. a zone figurate, peculiare di Este III e di Hallstatt II ha tuttavia il suo esempio più illustre in Bologna, in ambiente culturale ormai estraneo alla tipica cultura del Ferro, nella s. della Certosa, databile agli inizî del sec. V. La s. della Certosa ha forma troncoconica con spalla arrotondata, senza collo e decorazione a sbalzo divisa in quattro zone con scene e figure di grande coerenza compositiva e d'impianto. Le prime due zone (sfilata di guerrieri e processione funebre) sembrano costituire due registri della stessa scena, la terza (scene della vita privata e agreste) sta a sé, l'ultima è semplicemente decorativa.
Lo schema di partizione della decorazione e il repertorio decorativo sono in parte comuni agli esemplari d'Este III (s. Benvenuti) e d'oltralpe (Vače, Welzelach). Va notato che nella scena del secondo registro sono rappresentate varie forme di s. del tipo a fianchi inflessi e spalle espanse, caratteristico di Este III. La più recente (?) s. bolognese Arnoaldi si avvicina per la forma a questi esemplari e segnatamente, per le forme schematizzate e convenzionali, ai più tardi esemplari atestini e hallstattiani (Kuffarn). Sicché il problema delle s. figurate bolognesi rimane ancora uno dei più gravi fra quelli relativi all'arte dell'Italia settentrionale preromana. Sembra accertato ad ogni modo che, se non il materiale centro di produzione, la valle padana orientale sia stata il tramite verso i paesi d'oltralpe di elementi del repertorio figurativo e dello stile che contraddistinguono tanta parte della produzione metallotecnica di quei paesi. Non si deve passare sotto silenzio il particolare che la partizione in zone è la stessa delle due s. cistiformi della Pania, di cui sopra si è parlato. La precedenza cronologica degli esemplari chiusini è un elemento che ha certo il suo peso in vista del problema generale della derivazione che si è esposto.
La diffusione dei materiali prova quanta importanza abbia questo stile e questa produzione nella civiltà figurativa dell'intera Europa fino alla fine del sec. V a. C. ed anche più tardi. Distinguono l'arte della s. la partizione zonata di estrazione geometrico-orientalizzante, il repertorio che presuppone la conoscenza di un vasto settore della ceramica greca almeno sino alla fine del VI sec., senza trascurare connessioni con l'artigianato artistico asiatico, in particolare con l'ambiente urarteo. Il tratto più particolare è l'esigenza di rappresentatività connessa con figurazioni d'ambiente e di costume non sempre riferibili ad apporti esterni, ma aderenti in larga misura ad ambienti ed alla società delle minoranze evolute dei paesi ove le s. sono state trovate. Va notato che, ad eccezione di Este, le s. sono sempre state rinvenute singolarmente come parti di corredi funerarî e come elementi particolarmente distinti di questi, il che rende non facile l'individuazione di centri di produzione e non esclude la possibilità di pensare ad artigiani o gruppi di artigiani senza sede stabile.
A partire dal sec. V a. C. in Etruria e nell'Italia centrale è presente e si diffonde un tipo di s. che deriva dal secchiello ovoidale presente in Grecia. Il metallo, anziché laminato, è fuso e il corpo coperto di decorazioni. Può esser citata ad esempio la s. da Montefiascone, ora al Louvre. Ma in un esemplare da Offida si manifesta l'incrocio delle forme della s. con quelle della cista, per la partizione in zone e la presenza dei piedi. Nel corso del sec. IV prevale invece la s. ovoidale con piede, in metallo fuso, con decorazione sull'orlo e in corrispondenza delle orecchiette. Tale s. si ritrova spesso in corredi gallici, come nei sepolcri di Montefortino, ed è pure presente in tombe di La Tène I (Waldalgesheim) e nella penisola scandinava (Kelchby, isola di Mon). Tale tipo, che il Déchelette (Manuel, iii, p. 1442) riteneva di produzione capuana, cede il posto, in La Tène II, alla s. ovoidale a fondo piatto con manico di ferro diffusa dalla Francia alla Boemia e presente nel Friuli orientale (Idria).
Ancora nel III sec. a. C. si mantiene in Etruria la s. ovoidale apoda. Il bell'esemplare di Bolsena ha il corpo diviso in tre zone di cui la principale, mediana, è occupata da una vasta scena mitologica (Efesto ricondotto all'Olimpo). Su questa nuova partizione hanno certo influito le esperienze lontane della ceramica megalografica e quelle più vicine delle ciste incise (v. cista).
Ma il III sec. a. C. in Etruria offre una ulteriore modificazione tettonica della situla. Due esemplari da Todi hanno spalla larghissima, corpo inferiormente rastremato, piede ad echino e manici applicati con orecchiette fissate al corpo mediante protomi a forte rilievo. E lo sviluppo di una forma già osservabile nel sec. IV a. C. nell'esemplare da S. Ginesio, risultante in parte dagli estremi sviluppi della s. atestina e hallstattiana, ma che manifesta anche l'incrocio con le forme dello stàmnos. La s. di questo tipo è diffusissima fra la suppellettile del III La Tène in Italia (Ornavasso), Francia, Svizzera, Baviera (Karlstein), Boemia (Dobricow), Ungheria, Prussia, Hannover, Danimarca. I prodotti transalpini sono evidentemente importati dal S. Come per gli esemplari di La Tène II non è difficile pensare ad officine etrusche.
4. - Età romana. - In ambiente romano la s. che, oltre all'impiego pratico e a quello sacrale, ha anche quello di contenere le sorti nelle operazioni politiche di sorteggio, presenta una quantità grande di forme. La s. ovoidale a fondo piatto con o senza piede, spesso appoggiata sopra piccoli tripodi, è presente fra il materiale degli scavi pompeiani. A lato della produzione di impiego pratico si mantiene quella dell'artigianato più raffinato ed esperto. Alcuni esemplari pompeiani di s. in bronzo presentano la norma costante di limitare la decorazione alla fascia immediatamente sotto l'orlo, mentre in altri esemplari pure pompeiani una decorazione figurata a soggetto mitologico occupa tutto il corpo della s., disponendosi fra due fasce ad elementi ornamentali, secondo la tradizione delle s. etrusche del IV e III sec. a. C. Il bronzo è in queste s. pompeiane incrostato d'argento e tutto in argento è un altro bellissimo esemplare, con scena di gineceo. Inoltre tra le s. pompeiane se ne vedono globulari, campaniformi, a spalle larghe con alto collo, coniche lisce, con appliques a rilievo, del tipo arieggiante allo stàmnos ecc., a manico doppio o semplice. Tale varietà tettonica documenta il permanere di molta parte della tradizione artigiana, dell'età preromana. L'importanza delle fabbriche campane di questa categoria di vasellame, destinato anche all'esportazione nelle province, è stata più volte assenta. Dall'Italia provengono, ad esempio, le tre s. bronzee di Nehrum ora a Bonn, di cui due troncoconiche e una ovoidale con alto collo e manici applicati mediante maschere a rilievo. Il singolare ritrovamento di Hemmoor offre un vero campionario di s. metalliche romane dell'avanzata età imperiale nella provincia renana. Predomina una tettonica approssimativamente campaniforme, con un corpo cilindrico e fondo emisferico, senza collo, con una fascia al di sotto dell'orlo decorata a basso rilievo con scene figurate di caccia. Questo tipo appare abbastanza diffuso nella Germania romana, unitamente a quello sferoide e a quello biconico. Del tipo di Hemmoor è un esemplare da Stockstadt (v. romana, arte, xi, A, 2).
Nell'età imperiale si hanno pure S. e secchielli di vetro, come l'esemplare di Colonia.
Monumenti considerati. - Pittura egizia con Keftiu: H. Bossert, Altkreta, 2, p. 243, fig. 336. S. della Pania: G. Q. Giglioli, Arte etrusca, lxxxi, 1 e 2. S. da Palestrina, Roma, Conservatori: id., ibid., xxx, 2 e xxxi, 1. S. da Offida: P. Ducati, Arte etrusca, fig. 366. S. di Bolsena: G. Q. Giglioli, op. cit., cccxv, 7. S. da Todi: P. Ducati, op. cit., figg. 606-607. S. da S. Genesio: id., ibid., fig. 527. S. da Pompei: V. Spinazzola, Arti decorative di Pompei, tavv. 273-5. S. di Pompei con scena di gineceo: id., ibid., tav. 235. S. da Nehrum, Bonn: Germania Romana, v-iv, 2. S. da Stockstadt: ibid., 2, v, iv, 3. S. di Colonia: ibid., 2, v, xix, 3.
(G. A. Mansuelli)
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(A. M. Roveri - G. A. Mansuelli)