SISTO IV papa
Francesco della Rovere nacque nel 1414 a Celle Ligure da antica famiglia savonese impoverita. Entrato nell'ordine francescano, conseguì a Bologna la laurea in filosofia e teologia e fu maestro riputato e predicatore di chiara fama; procuratore generale dell'Ordine, vicario per l'Italia, generale (1464), spiegò larga attività direttrice e riformatrice. Cardinale di S. Pietro in Vincoli (18 settembre 1467), eletto papa (9 agosto 1471) per gli intrighi dei cardinali Orsini, Borgia e Gonzaga e con l'appoggio del duca di Milano, parve sull'inizio "voler star bene cum ogniuno" e metter pace nell'Italia e nell'Europa divise per rivolgerne le forze alla difesa contro la minaccia dell'Islām.
Già amico dello Sforza e dei Medici, stabilì accordi con Napoli e con Venezia, tentò una lega generale delle potenze europee, emanò bolle e brevi e mandò per tutta l'Europa legati per chiamare a raccolta contro il Turco. Allestì anche, con grande spesa, una flotta, che, unita con quelle di Venezia e di Napoli, prese Smirne (1472); ma i dissensi fra gli alleati impedirono che proseguisse l'impresa; e le speranze del papa che dalle nozze, celebrate per procura in Roma, fra la cattolica Zoe Paleologa, nipote dell'ultimo imperatore bizantino, e Ivan III di Russia seguissero la obbedienza dei Russi alla Chiesa romana e l'appoggio loro alla guerra santa si rivelarono presto illusioni.
Il papa, del resto, quantunque non tralasciasse anche poi di occuparsi della difesa della cristianità, era distratto da brighe assai meno convenienti alla dignità pontificale.
Il soverchio amore ai congiunti lo aveva tratto fin dai primi tempi del suo pontificato (16 dicembre 1471) a conferire la porpora cardinalizia a due giovani nipoti, Pietro Riario e Giuliano della Rovere, e lo spinse poi a elevarne alla stessa dignità altri quattro; un altro nipote, Leonardo della Rovere, ebbe (1472) l'ufficio di prefetto di Roma, il ducato di Sora, la mano di una figliuola illegittima di re Ferrante; Giovanni, fratello del cardinale Giuliano, ebbe in sposa la figliuola di Federico da Montefeltro, nuovo duca di Urbino (1474), fu investito dei vicariati di Senigallia e Mondavio, succedette al cugino nella prefettura di Roma (17 dicembre 1475); e nipoti, parenti, concittadini ebbero prebende, uffici, danaro in gran copia.
"Gubernava la sua Santità come voleva", in quei primi anni del pontificato, Pietro Riario, cardinale di S. Sisto e legato papale per tutta l'Italia (estate 1473), la cui ricchezza eccessiva, il lusso sfrenato, la mondanità della vita, male erano compensati da una munificenza che ne fece piangere la morte precoce (5 gennaio 1474). Il papa si affidò allora tutto a Gerolamo Riario, fratello del morto cardinale, fatto sposo di Caterina Sforza illegittima di Galeazzo duca di Milano, investito di Imola (1473).
Gl'intrighi del Riario resero più grave la scissura fra le potenze italiane; contro la lega di Firenze, Milano e Venezia, sospettose per il consolidamento dello stato papale e per la crescente ambizione di Gerolamo (2 novembre 1474), si strinsero il papa e re Ferrante, che venne a Roma in persona (28 gennaio-i febbraio 1475).
Contro Lorenzo de' Medici, coperto nemico del dominio temporale e tiepido amico della stessa autorità spirituale del pontefice, il Riario si legò con i nemici interni della signoria medicea, con Salviati ed i Pazzi (v. medici, lorenzo de').
Il papa aderì al disegno, illudendosi di separare la causa dei Fiorentini da quella dei Medici.
Ucciso Giuliano (26 aprile 1478), colse ragione o pretesto dal supplizio dell'arcivescovo Salviati e dalla prigionia dell'ignaro nipote cardinale Raffaele Sansoni Riario e colpì di scomunica Lorenzo e d'interdetto i Fiorentini, che, ancora più stretti al Medici, gli lanciarono contro furenti invettive. Nella guerra, S. ebbe alleato il re di Napoli; Venezia e Milano sostennero il Medici, e più caldamente operò in favore suo Luigi XI di Francia, che minacciò la convocazione d'un concilio, e, quando la guerra volgeva sfavorevole per Lorenzo, procurò la riconciliazione sua con Ferrante (dicembre 1479). Il papa dovette piegare, tanto più che la presa e l'orribile saccheggio di Otranto da parte degli Osmani (11 agosto 1480) facevano temere una loro irruzione nella penisola; s'indusse quindi S. a imporre ai Fiorentini condizioni non inaccettabili e li assolse dalle censure (3 dicembre 1480).
E purtroppo la politica italiana assorbì S. nuovamente. Il papa, e più Gerolamo, fatto conte di Forlì e capitano generale della Chiesa (1480), pensavano ora a una guerra col re di Napoli, l'antico alleato fedifrago; e, per avere l'appoggio dei Veneziani, offrirono a questi Ferrara, il cui duca era venuto meno agli obblighi di vassallaggio al pontefice; Milano e Firenze stettero col re e col duca.
La vittoria dei pontifici e dei Veneziani sugli Aragonesi a Campomorto nelle paludi Pontine (21 agosto 1482) rimase senza frutto per la morte del valoroso condottiero Roberto Malatesta; il papa, malsicuro in Roma, conchiuse pace a insaputa dei Veneziani (12 dicembre 1482). Ma questi non vollero lasciarsi sfuggire i frutti della guerra contro Ferrara e sostennero soli l'urto di tutte le potenze italiane e le scomuniche papali. A Roma riarsero le lotte: il Riario e gli Orsini presero e devastarono il palazzo Colonna. Il papa, già infermo, parve non poter sopravvivere alla notizia che a Bagnolo s' era conchiusa la pace (7 agosto 1484), trascurando lui e il Riario. Morì il 12 agosto 1484.
Nel campo ecclesiastico S. accordò ai re di Spagna, con bolla del 1° novembre 1478, l'istituzione dell'inquisizione contro i "marrani", e gli apostati, concedendo ai sovrani il diritto di nomina degl'inquisitori.
Amministratore attivo e sagace, S. assicurò in tempi difficili l'approvvigionamento e attese al rinnovamento edilizio di Roma, e riorganizzò quella scuola di cantori, che da lui fu detta "Cappella Sistina".
Splendida, anche, la protezione di S. alla cultura. Furono chiamati o vennero spontaneamente a Roma e affollarono la curia umanisti e dotti di chiaro nome, l'Argiropulo, il Filelfo, il Fonzio, il Filetico, Porcellio, il Regiomontano; risorse intorno a Pomponio Leto l'Accademia romana, sciolta da Paolo II; fiorirono gli studî storici; il Platina ebbe dal papa l'incarico di scrivere le vite dei papi e lo adempì con libertà di parola fin eccessiva. La biblioteca di Niccolò V fu largamente accresciuta; dal 1475 ne fu bibliotecario il Platina. Furono iniziate le preziose raccolte del Museo Capitolino. Fu eretta da Giovannino de' Dolci in Vaticano la Cappella Sistina. Fra gli artisti fu caro particolarmente al pontefice Melozzo da Forlì, che dipinse per lui la Biblioteca e in un celebre affresco presenta ancora viva al nostro sguardo la figura di Sisto.
Fonti e bibl.: B. Platina, Vita Sixti IV, in Rer. Ital. Script., nuova ed., III, i, p. 398 segg.; I. da Volterra, Il diario romano, ibid., XXIII, 3; A. de Tummulillis, Notabilia temporum, Roma 1890 (Fonti per la st. d'Italia); S. Infessura, Diario della città di Roma, ivi 1890 (ibid.); Sigismondo de' Conti, Le storie de' suoi tempi, I, ivi 1883; E. Frantz, Sixtus IV. und die Republik Florenz, Ratisbona 1880; A. Schmarsow, Melozzo da Forlì, Berlino e Stoccarda 1886; L. Pastor, Storia dei papi, ed. ital., II, Roma 1911; E. Rodocanachi, Histoire de Rome. Une cour princière au Vatican pendant la Renaissance, Sixte IV, Innocent VIII, Alexandre VI Borgia, Parigi 1925.