SISTEMI
Ingegneria dei sistemi. - L'i. dei s. è quel ramo dell'ingegneria che ha per oggetto lo studio dei s. complessi, con una metodologia che tende a esaminare l'aspetto globale d'integrazione delle varie parti e a ottimizzarne il comportamento in rapporto a prescelti obiettivi.
I due caratteri, dell'integrazione tra le parti e del conseguimento ottimo di un obiettivo, sono quelli distintivi di questo ramo dell'ingegneria e sono presenti, sia pure con diversa accentuazione, in tutte le varie definizioni che da un decennio vengono date.
In effetti, anche se la denominazione è recente, l'i. dei s. è esistita da quando l'ingegnere ha progettato grandi opere: basti pensare ai s. d'irrigazione degli antichi o, in epoca vicina a noi, ai grandi s. di telecomunicazioni. Concetti tipicamente sistemistici d'altronde sono stati già adottati da molti anni per i grandi s. tecnologici, prima cioè che s'incominciasse a parlare di un nuovo settore dell'ingegneria. Nell'ultimo decennio però, all'aumentare della crescente complessità tecnica di molti s. (si pensi a quelli relativi alle imprese spaziali, ai s. di difesa e offesa militari), al sempre più breve tempo intercorrente tra concezione, sviluppo e realizzazione, al riconoscimento di metodologie e tecnologie comuni (per es., le metodologie matematiche della ricerca operativa e le tecnologie dei calcolatori), si è andata imponendo l'esigenza di affrontare in maniera sistemistica la concezione e la progettazione dei grandi sistemi.
In effetti lo stesso processo di concezione, sviluppo e realizzazione o di esercizio di un s. tecnologico complesso può a sua volta essere visto come s. e come tale venire trattato, mediante i concetti d'integrazione delle varie fasi e di ottimizzazione di obiettivi. A questo proposito va rilevato che si nota in talune concezioni dell'i. dei s. una particolare attenzione a tali processi e di conseguenza un'accentuazione del punto di vista organizzativo e manageriale; va però detto che l'opinione prevalente considera la riduzione dell'i. dei s. alla cosiddetta "ingegneria organizzativa" una visione parziale in quanto finisce col prendere in esame un solo particolare tipo di s., quello organizzativo appunto, e non tiene conto che le metodologie sistemistiche sono essenziali, oltre che nell'organizzazione del processo di analisi e di progettazione dei grandi s., anche nel vero e proprio processo di analisi e di progettazione. Occorre anzi dire di più: l'oggetto d'interesse dell'i. dei s. non si può esaurire nella tecnologia sia pure considerata con tutti gli aspetti organizzativi che vi sono a monte e a valle.
L'i. dei s., come ogni ramo dell'ingegneria e cioè della scienza applicata, ha sempre due componenti, una scientifica e l'altra applicata. Quella scientifica nel caso in esame è caratterizzata dall'approccio allo studio della realtà mediante l'analisi dei processi d'informazione e di controllo, in altri termini dall'approccio cibernetico; il ruolo unificatore della matematica ne è un aspetto essenziale. La componente applicativa è caratterizzata da una finalizzazione dello studio a problemi di realizzazione di nuovi s. o di interventi su s. già operanti, considerati come problemi d'integrazione di vari subsistemi e di ottimizzazione del comportamento globale. Le tecnologie interdisciplinari relative alla realizzazione di tali processi e di cui parleremo tra poco ne sono un aspetto essenziale. In definitiva l'analisi scientifica dei processi d'informazione e di controllo che intervengono nei grandi s. e la loro realizzazione ingegneristica costituiscono la metodologia e la tecnologia dell'i. dei sistemi.
Per entrare in maggior dettaglio conviene considerare i principali problemi di studio di un grande s. (v. anche automatica, in questa Appendice).
Un primo problema è la costruzione di un modello matematico del s. stesso. E chiaro che l'intervento su s. già operanti (processi industriali, processi gestionali e organizzativi, ecosistemi, ecc.) o studi per nuovi s. non possono venire affrontati senza la disponibilità di un modello matematico, la cui conoscenza consenta di valutare gli effetti delle varie grandezze che agiscono sul s. reale e di scegliere e d'individuare le azioni d'intervento e di controllo.
Un secondo problema che s'incontra nello studio di un s. consiste nell'individuazione e realizzazione delle azioni d'intervento sul s. stesso allo scopo di fargli conseguire gli obiettivi prefissati. Esso viene affrontato con quel complesso di teorie e tecniche, cui si dà il nome di controllo.
Per la realizzazione delle azioni d'intervento ci si servirà di volta in volta delle tecnologie necessarie; tra esse emergono per la loro generalità la strumentazione e il calcolo automatico. Della tecnologia del calcolo automatico appare inutile e superfluo parlare in generale, perché è largamente noto quale ruolo giocano i calcolatori nei grandi sistemi dei più vari settori di attività. Si vuol solo sottolineare come tale diffusione sia un primo indice dell'importanza dell'approccio interdisciplinare proprio dell'i. dei s.; l'altro indice è quello della diffusione dell'altra tecnologia interdisciplinare, la strumentazione automatica, che ha avuto un incremento di parecchi ordini di grandezze negli ultimi decenni sia per la sua importanza in tutti i più vari settori applicativi, sia per il ritmo sempre più intenso di trasferimento di funzioni dall'operatore umano a dispositivi automatici.
Dalle considerazioni che precedono emergono chiaramente le teorie e le tecniche interdisciplinari tipiche dell'i. dei s.: a) la teoria generale dei s.; b) la modellistica; c) il controllo; d) la strumentazione automatica; e) il calcolo automatico. A queste vanno aggiunte ancora due: f) la teoria delle comunicazioni; g) la metodologia del processo di sintesi. La considerazione della prima è determinata dal ruolo che hanno i processi d'informazione nell'approccio sistemistico e dall'importanza quindi delle teorie dell'informazione, della codificazione, dei segnali per studiare tali processi. La considerazione della seconda, legata al carattere che anche nell'i. dei s. ha il lavoro dell'ingegnere, riguarda proprio l'analisi generale del processo di progettazione dei grandi s.: definizione del problema di progetto, scelta degli obiettivi, individuazione dei vincoli, analisi delle scelte possibili, esame delle fasi di sviluppo, progettazione e realizzazione, considerazione dei problemi di valutazione, di affidabilità, di manutenzione, ecc.
Individuato così il nucleo di discipline che caratterizza l'i. del s., va sottolineato, da un lato, che questo nucleo si fonda ovviamente su un complesso di cognizioni propedeutiche e, dall'altro, che a questo nucleo vanno aggiunte teorie e tecniche più specifiche a seconda dei diversi settori applicativi. Lo schema in sostanza ripete quello dell'ingegneria classica: una base propedeutica, un nucleo comune di teorie e di tecniche, infine teorie e tecniche specifiche a seconda delle applicazioni. Il nucleo comune dell'ingegneria classica è basato sull'ipotesi che l'ingegnere sia un progettista di apparati o macchine; nel caso in esame il nucleo comune nasce dall'ipotesi che l'ingegnere si occupi della progettazione o esercizio di grandi sistemi.
Bibl.: H.H. Goode, R.E. Machol, System engineering, New York 1958; H. Chestnot, Systems engineering methods, ivi 1967; S.M. Shinners, Techniques of systems engineering, ivi 1967.
Teoria dei sistemi.
La t. dei s. è una disciplina che ha per oggetto le metodologie che consentono di studiare, in maniera unificata, l'evoluzione di fenomeni del mondo reale mediante il ricorso alla trattazione in termini matematici.
Per illustrare quelli che sono i fondamenti della t. dei s., è opportuno anzitutto esaminare come sia possibile associare un ente matematico astratto a un assegnato oggetto fisico oppure a un processo, naturale o artificiale. A questo scopo si supponga di aver individuato, nell'oggetto o nel processo, un certo numero di grandezze d'interesse alle quali sia possibile associare un valore numerico, o in base a un criterio di misura precedentemente stabilito o in base ad altre opportune convenzioni. Si supponga inoltre di poter osservare l'evoluzione nel tempo dei valori assunti da tali grandezze e cioè di poter associare a ciascuna di esse una funzione del tempo il cui valore, per ogni istante di tempo, rappresenti il valore assunto a quell'istante dalla misura della grandezza stessa. In questo modo, supponendo di poter eseguire sull'oggetto o sul processo opportuni esperimenti intesi a rilevare i valori di tali grandezze e il loro andamento nel tempo, è possibile associare a esso la collezione delle funzioni del tempo che rappresentano i risultati degli esperimenti stessi. Si perviene, per questa via, ad associare all'oggetto o al processo un ente matematico (collezione di funzioni) che va sotto il nome di "sistema astratto".
Poiché dal punto di vista da cui ci si è posti non si è dato rilievo alle leggi, fisiche o di altra natura, che regolano il comportamento dell'oggetto o del processo, ma soltanto al rilievo sperimentale dell'evoluzione di determinate grandezze d'interesse, è abituale affermare che un tale punto di vista privilegia un'osservazione del comportamento "esterno" dell'oggetto o del processo, prescindendo dalla natura di questo e delle leggi che ne regolano il comportamento "interno". In altri termini è usuale dire che un s. astratto consiste nella raccolta di risultati di esperimenti effettuati su una "scatola nera" (di cui, cioè, non si conosce il contenuto).
Nella maggioranza dei casi le grandezze d'interesse vengono distinte in grandezze che si ritiene di poter variare ad arbitrio e grandezze di cui interessa osservare il comportamento, per effetto della variazione delle prime. In tal caso le prime vengono dette grandezze d'ingresso (o, più brevemente, ingresso) e le seconde grandezze di uscita (o uscita). Il sistema astratto corrispondente viene detto "orientato" in quanto si è posta una relazione di dipendenza tra le variabili considerate, orientata dall'ingresso verso l'uscita.
Risulta immediatamente da quanto esposto che a un oggetto (o processo) assegnato si possono far corrispondere diversi s. astratti, a seconda delle particolari grandezze che di volta in volta risultano d'interesse, così come uno stesso s. astratto possa corrispondere a diversi oggetti (o processi). La t. dei s. ha sostanzialmente per oggetto i problemi connessi all'introduzione delle definizioni formali connesse col concetto di s., all'analisi delle rappresentazioni di questo mediante enti matematici opportuni e allo studio di determinate proprietà d'interesse. In questa sede verrà affrontato con qualche dettaglio il primo di questi problemi, rimandandosi alla letteratura specializzata per l'esame degli altri.
Definizione di sistema astratto. - Per associare un ente matematico astratto alla collezione dei risultati di esperimenti effettuati su una scatola nera si può procedere nel seguente modo:
si considera un sottoinsieme ordinato T dell'insieme R dei numeri reali, che viene detto "insieme di valori del tempo";
s'indica con T(t0) il sottoinsieme:
si considerano due insiemi arbitrari non vuoti U e Y, che vengono rispettivamente detti "insieme dei valori della grandezza di ingresso" e "insieme dei valori della grandezza di uscita".
Risultano allora definiti l'insieme UT(t0) di tutte le funzioni aventi come dominio T(t0) e codominio U, l'insieme YT(t0) di tutte le funzioni aventi lo stesso dominio e codominio Y e il prodotto cartesiano UT(t0) × YT(t0) che rappresenta la totalità delle coppie ordinate di funzioni in UT(t0) e YT(t0). Utilizzando questo formalismo, i risultati di esperimenti aventi origine all'istante t0 possono essere rappresentati come una relazione S(t0) ⊂ UT(t0) × YT(t0).
Ciò premesso, si definisce sistema astratto orientato un insieme di relazioni del tipo S = {S(t0) : t0 ∈ T}, che soddisfi la condizione:
Quest'ultima prende il nome di condizione di chiusura rispetto al troncamento e traduce in termini formali l'esigenza, peraltro naturale, che tra i risultati di esperimenti aventi origine in un istante tI siano compresi anche i risultati di esperimenti aventi origine in un istante precedente t0.
La [1] richiede che in una generica relazione S(t1) siano presenti tutte le coppie ottenute per troncamento di qualsiasi coppia avente origine in un qualsiasi istante precedente. In generale però la relazione S(t1) può comprendere anche coppie di funzioni che non sono ottenibili in questo modo. Vi sono tuttavia particolari s. in cui ogni relazione contiene solo coppie ottenute per troncamento di coppie aventi origine in istanti precedenti; in tali casi il s. viene detto "uniforme".
Concetto dî stato. - Un punto essenziale che caratterizza la definizione di s. astratto è il fatto che, in ogni relazione S(t0), a una data funzione d'ingresso possono corrispondere più funzioni di uscita. Poiché una delle esigenze principali che motivano l'associazione di un s. astratto a un determinato oggetto o processo è quella di poter consentire la determinazione dell'uscita una volta noto l'ingresso, è interessante esaminare se e come la corrispondenza stabilita da S(t0) tra gli elementi di UT(t0) e YT(t0) può essere resa univoca.
Il modo concettualmente più semplice di conseguire questo risultato è quello d'introdurre una rappresentazione parametrica di S(t0), cioè un insieme Xt0, che viene detto insieme dei parametri, e una funzione
(nella quale DS(t0) e ℛS(t0) rappresentano rispettivamente dominio e codominio della relazione S(t0)) che consenta, per ciascuna coppia (ū, ç) ∈ S(t0), il calcolo dell'uscita ç nella forma ç = ft0(x0, ū) per almeno un valore x0 ∈ Xt0. Una volta effettuata questa operazione si può allora interpretare il valore x0 del parametro come ulteriore informazione che è necessario specificare, accanto all'ingresso, per rendere univoca la determinazione dell'uscita.
L' insieme
viene detto "rappresentazione parametrica del sistema S".
In generale i singoli elementi ft0, ft1,... di una rappresentazione parametrica di un s. possono risultare tra loro completamente indipendenti. È però ragionevole ritenere che, almeno in determinati casi, sia possibile istituire una corrispondenza tra le diverse funzioni e in particolare tra i valori dei parametri ai diversi istanti. Da questo punto di vista, tenendo conto del fatto che si è interpretato il valore del parametro come ulteriore informazione necessaria, in aggiunta all'ingresso, per l'individuazione dell'uscita, assume particolare interesse il caso in cui, per ogni coppia di istanti t0 e t1 con t1 > t0, sia possibile esprimere i valori del parametro all'istante t1 come funzioni dei valori assunti dal parametro all'istante anteriore t0 e dei valori assunti dall'ingresso nell'intervallo di tempo compreso tra t0 e t1. In questo modo si viene ad attribuire al parametro il ruolo di "memoria" degli eventi passati, nel senso che il suo valore riassume, a un determinato istante t1, sia i valori assunti dal parametro a un generico istante precedente t0, sia i valori assunti dall'ingresso nell'intervallo di tempo tra t0 e t1 (in generale si conviene di assumere quest'ultimo chiuso a sinistra e aperto a destra).
La formalizzazione di queste considerazioni porta a introdurre:
un singolo insieme di parametri X in luogo dei diversi insiemi Xt0;
un singolo insieme di funzioni d'ingresso U ⊂ UT in luogo dei diversi domini DS(t0) ⊂ UT(t0) delle relazioni S(t0);
il sottoinsieme di (T × T) costituito dalle coppie (t, t0) per le quali sia t ≥ t0:
e a definire una funzione
che permetta il calcolo del valore assunto dal parametrro all'istante t in funzione del valore assunto dal parametro all'istante t0 e dai valori dell'ingresso nell'intervallo [t0, t).
Affinché la funzione ϕ soddisfi alle esigenze sopra indicate, occorre poi che per essa siano soddisfatte le seguenti proprietà:
a) consistenza
b) causalità
c) separazione
La prima di esse corrisponde a richiedere, come peraltro è naturale, che quando t1 e t0 coincidono la funzione restituisca il valore stesso dell'argomento x0 in corrispondenza al quale è stata calcolata, indipendentemente dall'ingresso u.
La seconda proprietà assicura che soltanto la restrizione della funzione d'ingresso u all'intervallo [t0, t) sia rilevante ai fini del calcolo del valore del parametro all'istante t.
La terza è intesa a garantire che il valore x, del parametro che si ottiene all'istante t in funzione del valore x0 (assunto all'istante t0) e dell'ingresso u∣[t0,t) possa essere anche ottenuto in funzione del valore x1 (assunto all'istante t1) e dell'ingresso u∣[t1,t) , utilizzando per x1 il valore della stessa funzione ϕ calcolata a partire dal valore x0 (assunto all'istante t0) e dall'ingresso u∣[t0,t).
Una volta stabilito un tale genere di corrispondenza tra i valori dei parametri ai diversi istanti di tempo, si può esaminare il modo in cui tali parametri intervengano nel calcolo dell'uscita. A tal fine è abituale limitarsi a considerare il caso dei s. cosiddetti "causali", nei quali il valore assunto dall'uscita a un generico istante t non dipende dai valori che il parametro o l'ingresso assumeranno in istanti successivi a t. In questo ambito, poiché si è convenuto che il valore del parametro a un istante riassuma già i valori assunti dal parametro stesso e dall'ingresso in istanti anteriori, risulta naturale esprimere il valore dell'uscita all'istante t come funzione dei valori assunti al medesimo istante dal parametro e, al più, dall'ingresso.
Su un piano formale, s'introduce allora una funzione
che permetta il calcolo del valore assunto dall'uscita all'istante t in funzione dei valori assunti al medesimo istante dal parametro e dall'ingresso.
Componendo le due funzioni ϕ ed η si può ottenere una funzione che associa a ogni coppia parametro-ingresso (x0, u) ⊂ X × U un'uscita y ∈ UT definita come
e cioè una funzione in grado di svolgere un ruolo analogo a quello della rappresentazione parametrica [3] delle coppie ingresso-uscita del sistema S.
Ovviamente, affinché la rappresentazione sia fedele, occorre che essa soddisfi al fondamentale requisito di riprodurre, attraverso la [4], tutte le coppie di S e di non generarne di nuove.
L'ente matematico costituito dall'insieme X e dalle funzioni ϕ ed η prende il nome di rappresentazione del sistema S con lo spazio di stato. L'insieme X è lo spazio di stato, la funzione ϕ è la funzione di transizione dello stato e la funzione η è la trasformazione di uscita.
Problemi connessi con l'associazione di rappresentazioni con lo spazio di stato. - Il passo che si presenta naturale nello sviluppo sistematico della teoria a partire dagli enti fin qui definiti è quello di esaminare i problemi connessi alla possibilità di associare una rappresentazione con lo spazio di stato a un assegnato s. astratto. A questo proposito un primo problema fondamentale è quello di analizzare le condizioni alle quali deve soddisfare il s. S affinché esista uno spazio di stato e quindi almeno una rappresentazione (X, ϕ, η) (problema di esistenza). Successivamente si pone il problema di esaminare se tale rappresentazione è unica o se ne esistono più di una e, in questo caso, le eventuali relazioni che si possono stabilire tra esse (problema di unicità). È chiaro che, accanto a questi problemi, è fondamentale, dal punto di vista delle applicazioni, mettere a punto procedimenti operativi per individuare una di queste rappresentazioni (metodi di costruzione della rappresentazione).
A proposito di questi ultimi è da osservare che, a livello generale, è difficile dare più di un procedimento formale consistente in un'opportuna rielaborazione delle rappresentazioni parametriche [2] dei singoli insiemi S(t0). Soltanto limitando lo studio a classi particolari di s. si possono sviluppare metodi operativamente validi; questa osservazione, del resto, è valida anche per quanto concerne i problemi di esistenza e unicità. Spesso in questo ambito, sia con riferimento a classi particolari di s. sia anche particolarizzando il problema generale, si usa parlare di "problema della realizzazione".
Il problema in questione, che, come risulta da quanto detto, svolge un ruolo centrale nella t. dei s., ha pure una notevole rilevanza sul piano applicativo. Si supponga infatti che si voglia realizzare un oggetto o un processo artificiale che presenti un comportamento ingresso-uscita prefissato (un filtro, un riconoscitore di caratteri, un algoritmo, ecc.); in questo caso si può considerare assegnato il s. astratto e si tratta d'individuare un oggetto o un processo che gli corrisponde; tale problema viene detto di sintesi. L'individuazione di una descrizione (X, ϕ, η) fornisce informazioni su una delle possibili strutture interne dell'oggetto o processo da realizzare.
Classificazione dei sistemi. - Il concetto di s. è così generale che lo sviluppo di metodi atti a risolvere compiutamente sul piano operativo i problemi elencati in precedenza richiede, come peraltro si è già osservato, la particolarizzazione dello studio a determinate classi di sistemi ovvero a determinate classi di rappresentazioni di un dato sistema.
Per quanto concerne la classificazione dei s., è usuale, in relazione alla natura dell'insieme T dei valori del tempo, definire s. a tempo-continuo quelli in cui T coincide con l'insieme R dei numeri reali e s. a tempo-discreto quelli in cui T coincide con l'insieme Z dei numeri interi.
Una seconda classificazione può essere fatta considerando il comportamento degl'insiemi S(t0) che definiscono il s. S rispetto all'operazione di traslazione nel tempo. A questo proposito conviene innanzi tutto definire in modo formale tale operazione. Si supponga T coincidente con R o con Z e sia data una funzione u0 ∈ UT(t0); considerato allora un elemento Δ ∈ T, si dice traslazione, di ampiezza Δ, un'operazione che associa alla funzione u0 una funzione (δΔu0) ∈ UT(t0+Δ) così definita: (δΔu0)(t) = u(t − Δ).
Utilizzando l'operazione così introdotta, è possibile definire stazionario un s., a tempo-continuo o a tempo-discreto, in cui
per ogni Δ ∈ T.
Questa definizione permette di suddividere i s. in due classi, a seconda che la proprietà indicata sia presente o meno. Nel secondo caso si può parlare di s. non-stazionari.
Una terza classificazione, molto importante, fa riferimento all'introduzione di strutture di spazio lineare sui vari insiemi che intervengono nella definizione di sistema. In proposito, un s. viene detto lineare se U e Y sono spazi lineari su un medesimo corpo K e se, considerata su UT(t0) × YT(t0) la struttura di spazio lineare naturalmente indotta, S(t0) è un sottospazio (lineare) di UT(t0) × YT(t0), per ogni t0 ∈ T.
In analogia a quanto osservato più sopra i s. che non soddisfano alla proprietà indicata si dicono non-lineari.
Passando a considerare la classificazione delle rappresentazioni, si farà riferimento alle rappresentazioni ingresso-stato-uscita, in ragione del ruolo particolarmente rilevante che esse assumono nell'ambito della t. dei sistemi. In relazione alla natura degl'insiemi dei valori d'ingresso, di uscita e di stato, è usuale considerare le definizioni seguenti. Una rappresentazione con lo spazio di stato si dice "a stati finiti", se U, Y, X sono insiemi aventi cardinalità finita.
Una rappresentazione con lo spazio di stato si dice "a dimensione finita", se U, Y, X ammettono ciascuno struttura di spazio lineare (su un medesimo corpo K) e hanno ciascuno dimensione finita.
Una rappresentazione, nella quale U, Y, X ammettono struttura di spazio lineare, ma non soddisfano alla proprietà indicata nella definizione precedente, si dice "a dimensione infinita".
La distinzione ora illustrata è tra le più rilevanti nell'ambito della t. dei s. e si riflette profondamente sui metodi di trattazione. In effetti solo a livello astratto le diverse classi di s. così individuate possono essere studiate in modo unitario e, per quanto vi siano importanti tentatim in questa direzione, attualmente lo studio delle rappresentazioni a stati finiti e quello delle rappresentazioni a dimensione finita costituiscono due discipline specializzate; lo studio delle rappresentazioni a dimensione infinita non si può peraltro ancora considerare sufficientemente assestato.
Altre importanti classificazioni sono quelle che si possono introdurre riferendosi, anche per le rappresentazioni, alle proprietà d'invarianza rispetto alla traslazione e di linearità. Si hanno così le seguenti definizioni.
Una rappresentazione ingresso-stato-uscita (di un s. a tempo-continuo o a tempo-discreto) viene detta stazionaria, se
a) l'insieme U è chiuso rispetto alla traslazione, cioè se per ogni Δ ∈ T
Una rappresentazione ingresso-stato-uscita viene detta lineare se: a) gl'insiemi U, Y, X sono spazi lineari (su un arbitrario corpo K); b) l'insieme U è un sottospazio lineare di UT; c) per ogni coppia (t, t0) ∈ (T × T)*, la funzione ϕ è lineare sul prodotto X × U; d) per ogni t ∈ T, la funzione η è lineare sul prodotto X × U.
Bibl.: L.A. Zadeh, C.A. Desoer, Linear system theory, New York 1963; R. E. Kalman, P.L. Falh e M.A. Arbib, Topics in mathematical system theory, ivi 1968; L.A. Zadeh, E. Polak, System theory, ivi 1969; A. Ruberti, A. Isidori, Teoria dei sistemi, Torino 1979.