RETICOLARI, SISTEMI o tralicci (fr. treillis; sp. celosía; ted. Fachwerk, Netzwerk; ingl. lattice)
Sono largamente impiegati nelle costruzioni per formare incavallature, travi da ponte, ossature di velivoli e dirigibili, incastellature varie e simili. Sono costituiti da aste rettilinee collegate tra di loro alle estremità con cerniere senza attrito. I punti d'incontro degli assi delle aste si dicono nodi, essi sono i centri delle cerniere. Se tutti i nodi giacciono in un piano, il sistema si dice piano; se i nodi si trovano sopra una superficie qualunque, il sistema si dice spaziale.
Se a tutti i nodi del traliccio o a parte di essi sono applicate delle forze, che stiano fra di loro in equilibrio, le aste del traliccio costituiscono un collegamento fra dette forze, le quali, per la presenza delle cerniere senza attrito, inducono alle due estremità di ciascun'asta due forze rispettivamente uguali e contrarie dirette secondo l'asse dell'asta medesima, che viene così sollecitata a trazione o a compressione a seconda che le azioni, agenti su di essa, siano dirette dall'asta verso il nodo o viceversa.
Il peso proprio dell'asta o si trascura o si considera semplicemente applicato ai nodi. Le aste tese si dicono tiranti e quelle compresse puntoni.
Un sistema reticolare, a prescindere dalle deformazioni elastiche, può essere deformabile, strettamente indeformabile, ad aste sovrabbondanti. È deformabile, se la configurazione del sistema si può variare senza che occorra variare la lunghezza di alcun'asta; è strettamente indeformabile, se ciò non si può effettuare, ma basti sopprimere un'asta qualunque perché il sistema diventi deformabile; è infine ad aste sovrabbondanti, se essendo già indeformabile, cioè tale che la sua configurazione non si possa alterare senza la variazione di lunghezza di qualche asta, si può sopprimere opportunamente una o più aste ed ottenere un sistema strettamente indeformabile. Un sistema reticolare può tuttavia risultare di varie parti, di cui ciascuna appartenga a un diverso tipo di traliccio.
I sistemi reticolari possono venir vincolati a un corpo fisso di riferimento o mediante aste incernierate, o ponendo in contatto con questo due o più cerniere, alle quali s'imponga una limitazione di spostamenti. Si hanno così cerniere fisse e cerniere scorrevoli sopra un piano o lungo una retta. Tra le forze applicate ai nodi si distinguono quindi quelle note, che si sogliono chiamare carichi, e quelle dipendenti dalle reazioni dei vincoli, che sono incognite, e che si dicono reazioni d'appoggio o di vincolo.
Sistemi reticolari piani. - Le forme più semplici di sistemi reticolari deformabile, strettamente indeformabile e ad aste sovrabbondanti sono rispettivamente il quadrilatero, il triangolo ed il quadrilatero con le sue diagonali. Per costruire un traliccio strettamente indeformabile (fig.1) si parta da un'asta qualunque, ai cui estremi un terzo punto, perché mantenga invariata la sua posizione rispetto all'asta, deve esser legato con due aste. Un quarto nodo, perché resti legato invariabilmente al primo triangolo costituito, dovrà essere connesso a due suoi vertici, mediante altre due aste e così ulteriormente ogni altro punto non potrà essere collegato al precedente sistema indeformabile con meno di due aste, perché la sua posizione resti inalterata senza variare la lunghezza delle aste del sistema. Pertanto, se a è il numero delle aste ed n il numero dei nodi, in definitiva, poiché per i primi due nodi basta un'asta e ne occorrono due per ciascuno degli n − 2 nodi successivi, fra a ed n deve sussistere la relazione:
Se si adoperano più di due aste per collegare ciascun nodo ai nodi precedentemente connessi, il sistema sarà ad aste sovrabbondanti (fig. 2) e quindi:
Se invece qualche punto verrà collegato ai precedenti, strettamente connessi, mediante una sola asta e ciascuno degli altri con due aste soltanto, il sistema è deformabile (fig. 3) e sarà:
Nella formazione del traliccio strettamente indeformabile è necessario che un nodo k qualsiasi non venga collegato mediante due aste, che stiano per diritto, poiché in tale caso la posizione di k viene data dalla tangenza delle due circonferenze, che hanno per raggio la lunghezza di ciascuna delle aste e per centro l'altra estremità dell'asta opposta a k, e la posizione di questo nodo cessa a rigore di essere definita, in quanto si potrebbe sempre immaginare d'imprimere a k un movimento elementare in direzione normale a quella delle aste. La relazione (3) è necessaria e sufficiente per decidere se la travatura è deformabile, mentre le altre due, se sono necessarie, non sono sufficienti, perché potrebbero essere soddisfatte e il traliccio essere in parte deformabile e in parte ad aste sovrabbondanti. Per accertarsi che un traliccio dato sia strettamente indeformabile, occorre vedere se esso risponda alle condizioni di generazione indicate, ovvero risulti dall'unione di sistemi triangolari mediante tre aste non concorrenti. E invero, se si hanno due sistemi strettamente indeformabili A1 e A2 di aste a1 e a2 e nodi n1 e n2 rispettivi e si vogliono riunire in modo che ne risulti un sistema sempre strettamente indeformabile, è necessario impiegare tre aste non concorrenti (fig. 4). È necessario che siano tre perché sia soddisfatta la condizione (1) per il complesso, in cui:
Infatti:
È necessario ehe non siano concorrenti perché non si crei un centro attorno a cui possa avvenire la libera rotazione di A1 rispetto ad A2. Il verificarsi contemporaneamente delle due precedenti condizioni è sufficiente perché il sistema così formato risponda al modo di generazione indicato per i tralicci strettamente indeformabili.
Un sistema reticolare formato da una serie di triangoli contigui, in cui ogni triangolo ha comune col precedente un lato e due nodi, si dice rete triangolare. Le aste che formano il contorno del traliccio si dicono aste di contorno o briglie o correnti, e quelle che restano entro la figura definita dal contorno, si chiamano aste di parete, e più particolarmente montanti, se sono verticali, e diagonali, se sono inclinate.
Il traliccio piano può essere collegato ad un sistema fisso di riferimento mediante aste o mediante appoggi. Questi possono essere cerniere fisse (fig. 5 a) o cerniere scorrevoli (fig. 5 b) in una direzione assegnata e si dicono appoggi fissi o scorrevoli. Un'asta di vincolo corrisponde ad un appoggio scorrevole. Una cerniera fissa può reagire in ogni direzione. Quindi per determinare la sua reazione occorre conoscere le sue componenti secondo due assi e quindi essa dà luogo a due incognite. Una cerniera scorrevole non può reagire che in direzione normale a quella di scorrimento e pertanto dà luogo ad una sola incognita.
Si consideri il traliccio di n nodi come un sistema di n punti in equilibrio sotto l'azione delle reazioni dei vincoli, dei carichi e delle tensioni delle aste. Trattandosi di forze concorrenti, le equazioni di equilibrio sono due per ciascun nodo e quindi in tutto 2n. Se la travatura è strettamente indeformabile, il numero delle aste e quindi delle loro tensioni è a = 2n − 3; pertanto, se le reazioni dei vincoli dànno luogo solo a tre incognite, esse si potranno determinare insieme con le tensioni delle aste mediante le 2n equazioni lineari disponibili della statica dei corpi rigidi. Tuttavia, se i vincoli presentano più di tre incognite, queste si potranno sempre determinare col sussidio delle 2n equazioni precedenti, se, ad ogni incognita in più che presentano, corrisponde l'opportuna mancanza di un'asta nel sistema strettamente indeformabile (fig. 6 a-b).
Detto s il numero degli appoggi scorrevoli ed f quello degli appoggi fissi, se le 2n equazioni bastano a determinare tutte le incognite, il sistema si dice isostatico, e sarà 2n = a + s + 2f; se non bastano, si chiama iperstatico, e sarà 2n 〈 a + s + 2f. Tuttavia un sistema reticolare può essere iperstatico rispetto alle aste e isostatico rispetto ai vincoli, quando essi diano luogo a tre sole incognite, giacché allora queste si possono trovare, considerando l'equilibrio fra i carichi e le reazioni e scrivere fra questi le 3 equazioni di equilibrio nel piano. Un minor numero d'incognite di 3 delle reazioni, dando meno di 3 limitazioni di movimento del sistema, non potrebbe assicurare l'equilibrio. Pertanto, se il numero delle aste è maggiore di 2n - 3, le corrispondenti tensioni non si possono trovare con le sole leggi della statica dei corpi rigidi, e pertanto ogni traliccio ad aste sovrabbondanti, in cui a > 2n − 3, è sempre iperstatico, giacché per l'equilibrio del sistema nel suo complesso le reazioni non possono essere definite da meno di 3 quantità, e quindi a + 3 > 2n.
Si chiama travatura a nodi canonici quella che possiede almeno un nodo nel quale non concorrano che due sole aste (nodo semplice), e rimane sempre tale quando vengano soppressi il nodo e le due aste di collegamento relative. La travatura strettamente indeformabile generata nel modo già espresso appartiene evidentemente a questa categoria. Il sistema delle 2n equazioni di equilibrio si scinde in questo caso in n sistemi di due equazioni ciascuno, ognuno dei quali contiene solo due incognite, il che corrisponde graficamente a costruire n poligoni chiusi fra le forze concorrenti negli n nodi. Una sezione che, tagliando solo 3 aste non concorrenti di un sistema reticolare, lo divide in due tralicci strettamente indeformabili, si dice canonica o anche sezione di Ritter. Per la determinazione delle tensioni delle aste, il metodo del Cremona, con la creazione dei corrispondenti diagrammi, è applicabile solo nei sistemi a nodi canonici. Se il sistema non è a nodi canonici, ma ammette delle sezioni canoniche, le tensioni delle aste tagliate da dette sezioni si possono determinare con i metodi di Culmann o di Ritter o di Zimmermann. Tuttavia può avvenire che una travatura non a nodi canonici ammetta almeno una sezione canonica e che le parti in cui essa viene divisa dalla sezione siano a nodi canonici. In tal caso si presenta possibile prima l'applicazione di uno dei metodi di Culmann o di Ritter e successivamente quello del Cremona.
Il metodo del Cremona consiste nel raggruppare gli n poligoni di equilibrio relativi agli n nodi del traliccio addossandoli per i lati, che rappresentano le due forze interne provenienti dalla stessa asta. Questo insieme di poligoni costituisce una figura unica, che si chiama diagramma reciproco o diagramma cremoniano e la sua costruzione è più elegante e più spedita di quella dei poligoni chiusi separati. Fra lo schema di un sistema reticolare ed il suo diagramma reciproco esistono le seguenti relazioni: 1. ad ogni lato del traliccio corrisponde nel diagramma reciproco un lato parallelo (quello che rappresenta lo sforzo dell'asta): 2. ai lati del traliccio concorrenti in un nodo corrispondono nel diagramma reciproco lati, formanti un poligono chiuso (il poligono delle forze che si fanno equilibrio nel nodo); 3. ai lati del diagramma reciproco concorrenti in un punto corrispondono lati del traliccio formanti poligono chiuso. Il Cremona ha dimostrato il seguente teorema: una figura piana ammette sempre la reciproca, quando può essere riguardata come la proiezione ortografica di un poliedro e in tal caso anche la figura reciproca è la proiezione di un altro poliedro, che si dice reciproco del primo.
I poligoni chiusi, cui corrispondono i nodi, sono le proiezioni delle facce del poliedro. Consideriamo la travatura triangolare a nodi canonici, rappresentata dalla fig. 7a, il cui contorno sia rappresentato dalle aste 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, ad alcuni nodi della quale siano applicate le forze in equilibrio agenti secondo1, 2, 3, 4, 5, 6. Sia 1′ 2′ 3′ 4′ 5′ 6′ il poligono chiuso di dette forze; proiettiamo questo poligono da un polo P, e costruiamo il corrispondente poligono funicolare chiuso. La fig. 7a ammette la reciproca, giacché si può riguardare come la proiezione di un poliedro. La fig. 7b ne è la reciproca, ed è facile scorgervi la proiezione di un altro poliedro con un angolo solido in P: essa è appunto costituita dalla sovrapposizione di tutti i poligoni delle forze chiusi, che rappresentano graficamente l'equilibrio dei diversi nodi della travatura. Partiamo infatti dal nodo di concorso delle due aste 7 e 13, dove è applicata la forza 6, e costruiamo il poligono chiuso 6′, 7′, 13′, corrispondente al detto nodo. Poiché il lato 6′ è già noto, basta condurre dagli estremi di esso due parallele a 7′ e 13′. Passiamo al nodo comune a 1, 7, 8 e 14, contiguo al precedente, per il quale si conoscono già le forze 1′ e 7′ che formano una spezzata aperta, e conduciamo dai suoi estremi le 8′ e 14′ parallele ad 8 e 14, con che si è costruito un nuovo poligono chiuso corrispondente al nodo considerato. Analogamente si proceda per i nodi di 5, 13, 14, 15 e 12, di 8, 15, 16 e 9 e di 4, 12, 16, 17 e 11, costruendo i relativi poligoni chiusi. Non resta allora che considerare gli ultimi due nodi di 2, 9, 17 e 10 e di 3, 11 e 10, per i quali si conoscono già gli sforzi corrispondenti alle aste ivi concorrenti ad eccezione dello sforzo 10′, che si ottiene subito nella congiungente i due vertici già esistenti nella fig. 7b. Questa dovrà risultare parallela all'asta 10, e ciò costituisce una verifica dell'esattezza di tutte le costruzioni grafiche eseguite. Si sono così determinate le grandezze degli sforzi nelle aste; se ne trovano i versi percorrendo ciascun poligono chiuso nel senso ciclico, che viene indicato dal verso della forza esterna, se in quel nodo esiste, ovvero dal verso contrario a quello precedentemente determinato in un'asta concorrente in quel nodo ed in un altro nodo per il quale si sia già costruito il poligono chiuso. I versi così definiti sono quelli delle reazioni delle aste alle forze, che agiscono alle loro estremità, cosicché se il verso individuato è diretto dal nodo verso l'asta, questa risulta compressa, mentre risulta tesa nel caso contrario. Le reazioni delle aste, che risultano compresse, nel diagramma reciproco si sogliono indicare con linee più spesse di quelle relative ad aste tese.
Se le forze esterne sono tutte parallele, il poligono delle forze si riduce ad una punteggiata. Ciò corrisponde a supporre che il poligono gobbo, di cui il poligono delle forze è la proiezione, sia un poligono piano, contenuto in un piano normale a quello di proiezione. Concludendo, dato lo schema di un sistema reticolare, per costruire il diagramma reciproco, bisogna prima di tutto costruire il poligono delle forze esterne in equilibrio, disponendole nell'ordine col quale s'incontrano percorrendo il contorno del traliccio, senza di che la costruzione del diagramma è impossibile. Questo poligono si può costruire appena siano note le reazioni dei vincoli, le quali debbono essere determinate per prime. La costruzione poi, per quel che si è detto più avanti, deve cominciare sempre da un nodo semplice, ossia da quello in cui s'incontrano due sole aste.
Metodo di Culmann. - Si tagli la travatura in due parti A e B attraverso tre aste non concorrenti a1 a2 a3, di cui si vogliono determinare le rispettive tensioni S1 S2 e S3.
Per ristabilire l'equilibrio di ciascuna delle parti occorrerà applicare alla parte A tre forze S1 S2 e S3 nella direzione delle a1 a2 e a3 ed alla parte B altre forze eguali e contrarie alle precedenti e secondo la stessa linea di azione. La parte A, ad es., deve dunque trovarsi in equilibrio sotto l'azione delle S e della risultante R dei carichi e delle reazioni di appoggio, relativi ad A. I valori delle S saranno quindi determinati col soddisfare tale condizione. Data dunque la travatura ed operato il taglio (fig. 8 a) si prolunghi a1 fino ad incontrare R in k e si congiunga quindi k col nodo m in cui si incontrano a2 e a3. Si scomponga quindi R secondo queste due direzioni in o,2 ed 1,2 (figura 8 b) e successivamente o,2 secondo le direzioni di a2 e a3 in 2,3 e o,3. Ne risulterà il poligono 0, 1, 2, 3, o, il quale risulta chiuso ed ha i lati paralleli alla risultante R e alle direzioni delle tre aste ossia delle S. Poiché la risultante delle S passa per il punto k di R, la chiusura del poligono delle forze così formato è necessaria e sufficiente a definire la condizione di equilibrio anzidetta ed i lati del poligono oltre la R dànno la grandezza delle S1 S2 ed S3, mentre il ciclo di percorrenza, perché il poligono risulti chiuso, fornisce inoltre il verso delle forze stesse.
Metodo di Ritter. - Quando interessa conoscere la tensione S della sola asta a1, fra le tre a1 a2 a3, tagliate, si applica l'equazione di equilibrio alla rotazione. Poiché le forze F che sono applicate al traliccio da una parte del taglio e le tensioni S delle aste tagliate stanno in equilibrio, la somma dei momenti delle F e delle S rispetto ad un punto qualunque del piano deve essere nulla. Pertanto, se si prende come centro dei momenti il punto d'incontro delle due aste a2 ed a3, nell'equazione dei momenti scompaiono le relative tensioni S2 ed S3 e rimane soltanto la S1, che si può quindi agevolmente calcolare. Sul modo di trattare i sistemi reticolari iperstatici, v. iperstatici, sistemi.
Se il sistema reticolare è caricato da forze non agenti sui nodi, per ciascuna asta la risultante R dei carichi si scompone in due forze R1 ed R2 parallele ad R ed agenti alle estremità dell'asta considerata. Si viene così a riportare ai nodi il carico, e però il sistema rientra fra quelli già trattati, e ad esso si possono quindi applicare i varî metodi sviluppati per la determinazione degli sforzi assiali delle aste. Queste però non verranno solamente sollecitate a pressione o trazione, ma saranno sottoposte altresì a flessione e taglio in dipendenza delle forze applicate nei varî punti del loro asse. Le due ultime sollecitazioni saranno determinate asta per asta, considerando ciascuna come una trave su due punti di appoggio. Nelle costruzioni pratiche i sistemi reticolari vengono eseguiti di solito senza cerniere. In conseguenza all'impedita rotazione delle estremità delle aste, nascono in queste delle sollecitazioni a flessione, la cui determinazione assai laboriosa si può fare soltanto considerando l'elasticità di tutto il sistema.
Sistemi reticolari spaziali. - I sistemi reticolari spaziali possono essere generati partendo da un triangolo formato da tre aste colleganti tre nodi. Consideriamo un quarto nodo non complanare con i primi tre. Affinché questo quarto nodo sia rigidamente collegato con gli altri tre, occorrono e bastano tre aste, che, assieme a quelle del triangolo originario, formano un tetraedro, una figura formata cioè da sei aste e quattro nodi, che è strettamente indeformabile. Per collegare ai precedenti un altro nodo, occorrono e bastano altre tre aste. Indicando quindi in generale con a il numero totale delle aste e con n il numero totale dei nodi di un sistema reticolare spaziale strettamente indeformabile, sarà:
Se in un sistema reticolare spaziale strettamente indeformabile, togliamo una o più aste, il sistema diviene deformabile e la relazione (4) si trasforma nella seguente:
Che se viceversa risultasse:
il sistema sarà ad aste sovrabbondanti.
È però da notare che, analogamente a quanto succede nei sistemi reticolari piani, per un sistema reticolare spaziale può essere verificata la condizione (4) ed essere in qualche sua parte deformabile ed in qualche altra parte ad aste sovrabbondanti.
È noto che un sistema rigido gode nello spazio di sei libertà di movimento, di cui tre costituite dalle possibilità di traslazione secondo tre assi ortogonali qualsiasi, e tre dalle possibilità di rotazione attorno a questi tre assi. Pertanto, considerando due parti di un sistema reticolare spaziale, già di per sé stesse strettamente indeformabili, affinché queste due parti vengano collegate invariabilmente fra di loro, occorrono e bastano sei aste, destinate ad impedire le sei libertà di movimento possibili. Analogamente considerando i vincoli esterni di un sistema reticolare spaziale, affinché essi siano rigidi, tali cioè da impedire ogni movimento del sistema, occorrono e bastano sei condizioni di appoggio, le quali possono essere realizzate in molti modi fra di loro differenti, ma in ogni caso distribuite almeno su tre nodi, e comunque su non più di sei nodi. Se le condizioni di appoggio sono inferiori a sei, il vincolo non è rigido, e consentirà quindi degli spostamenti del sistema in diversa misura, secondo il diverso numero delle condizioni di appoggio. Che se poi le condizioni di appoggio fossero in numero maggiore di sei, il sistema sarebbe iperstatico per eccesso di vincoli esterni, a meno che si sopprima in esso un numero di aste pari al maggior numero di condizioni di vincolo esterno imposte al sistema. In generale indicando con a′ ≥ 6 le condizioni di vincolo, e con a il numero delle aste, le incognite da determinare sono a′+ a. Poiché l'equilibrio di ogni nodo fornisce tre equazioni, esprimenti l'equilibrio alla traslazione del nodo secondo tre assi coordinati, il numero delle equazioni fornite dalla statica risulta 3n; quindi affinché il sistema sia isostatico occorre sia verificata la relazione:
che esprime l'uguaglianza tra il numero delle incognite da determinare ed il numero delle equazioni fornite dalla statica.
Se risultasse a′ + a > 3n, il sistema sarebbe iperstatico, e la determinazione degli sforzi nelle aste e delle reazioni dei vincoli, sarebbe solo possibile col sussidio delle equazioni fornite dalla teoria dell'elasticità.
Tra le travature reticolari nello spazio sono massimamente interessanti quelle che costituiscono una superficie poliedrica semplice a facce triangolari. Supponendo questa superficie chiusa, in guisa cioè da formare un poliedro completo, indichiamo con F il numero delle facce triangolari, V il numero dei vertici ed s quello degli spigoli. Poiché il poliedro sopraddetto appartiene alla categoria dei poliedri euleriani, si ha la nota relazione:
D'altra parte se contiamo separatamente per ogni faccia i suoi tre spigoli di perimetro, avremo contato 3F spigoli, e poiché uno spigolo è comune a due facce, gli spigoli resteranno contati in complesso tutti due volte, e sarà quindi:
Sostituendo nella (8) si ottiene:
relazione identica alla (4), ciò che dimostra che il sistema considerato è strettamente indeformabile. Questa condizione sussiste evidentemente ancora se la superficie poliedrica si modifica di forma, in guisa che alcuni triangoli vengano a cadere in un medesimo piano, formando una travatura triangolare piana. Tale è il caso delle pile metalliche a forma di prisma o di tronco di piramide (fig. 9), di cui le basi e le facce laterali siano travature triangolari piane. In questo caso però è necessario che tutte le aste uscenti da un medesimo nodo non giacciano nello stesso piano, o che, in altre parole, non vi siano nodi interni al contorno della travatura piana, perché altrimenti, giacendo tutte le aste uscenti da un nodo in uno stesso piano, la risultante degli sforzi delle varie aste sarebbe contenuta in quel piano, ed essa quindi non potrebbe fare equilibrio in nessun caso ad una forza esterna applicata al nodo e normale al piano stesso. Questa condizione corrisponde a quella per cui nelle travature piane, se in un nodo concorrono solo due aste, esse non debbono essere per diritto.
Una delle più importanti e frequenti travature reticolari spaziali è la cupola reticolare Schwedler, indicata nella fig. 10, che viene impiegata per coprire ambienti di pianta poligonale o circolare. La genesi geometrica di questa struttura è la seguente:
Si faccia passare per il diametro verticale o asse d'una sfera una serie di meridiani equidistanti e si tracci una serie di paralleli pure equidistanti, in modo da dividere la superficie sferica in quadrilateri curvilinei: assumiamo i punti d'intersezione di queste circonferenze come nodi, e le corde dei varî archetti circolari come aste. Per avere una struttura strettamente indeformabile basterà aggiungere per ogni faccia quadrilatera, che così risulta, una sola diagonale. Tagliamo ora il sistema in due parti mediante un piano normale all'asse e immediatamente superiore ad un parallelo, e costituiamo alla parte inferiore la terra ferma o altro qualsiasi sostegno. L'indeformabilità del sistema rimane evidentemente inalterata, purché le aste sezionate vengano collegate al sostegno. Si può fare ancora un'altra sezione simile alla precedente, immediatamente al di sopra di uno dei paralleli più vicini al polo superiore, e rimuovere tutte le aste che restano al di sopra, senza con ciò alterare l'indeformabilità della parte restante. I due paralleli, in corrispondenza dei due piani orizzontali superiore e inferiore, secondo i quali è stata sezionata la sfera, diconsi paralleli di colmo e di imposta. Quest'ultimo non è necessario all'indeformabilità del sistema, ma ha lo scopo di eliminare la spinta che in sua mancanza la struttura eserciterebbe sulle strutture alle quali si appoggia la cupola. In pratica nei singoli pannelli quadrilateri anziché una sola diagonale se ne introducono due. Poiché in tal modo il sistema sarebbe ad aste sovrabbondanti e quindi iperstatico, si fa l'ipotesi che, delle due diagonali, sia efficace quella che risulta tesa, con che il sistema ritorna ad essere isostatico. Il calcolo delle cupole reticolari Schwedler si fa supponendo che tutte le aste siano articolate a cerniera fra di loro senza attrito, che il carico, compreso il peso proprio delle aste, sia applicato soltanto ai nodi e sia eguale per tutti quelli appartenenti al medesimo parallelo. Si prescinde infine dalla presenza delle aste diagonali o controventi, i quali divengono invece essenziali per condizioni dissimetriche di carico, quale la pressione del vento. In quest'ipotesi consideriamo il nodo r-esimo di un meridiano qualunque, sul quale si scarichi il peso Pr. Siano Cr-1 e Cr le tensioni nelle due aste del meridiano, che ivi mncorrono, inclinate all'orizzonte rispettivamente degli angoli ar- i, a,.; sia Tr la tensione costante, per ragioni di simmetria, nelle n aste del parallelo r-esimo. Dall'equilibrio alla traslazione verticale delle 5 forze concorrenti nel nodo si ha:
Dell'equilibrio alla traslazione secondo il raggio del parallelo che va al nodo r si ricava:
Da queste due equazioni si ricavano le espressioni di Cr e Tr che applicate ai suceessivi nodi del meridiano, ci permettono subito di calcolare gli sforzi nelle diverse aste dei meridiani e dei paralleli in funzione dei carichi P e degli elementi geometrici della struttura. Si desume da queste formule che le aste dei meridiani sono tutte compresse, che il parallelo del lucernario è sempre compresso, mentre quello di gronda è sempre teso, e che i paralleli intermedî possono risultare tesi o compressi, o in parte tesi e in parte compressi, secondo il ribassamento della cupola e la diversa entità relativa dei carichi Pr, applicati ai nodi.
Qualora invece della condizione di carico simmetrica precedentemente considerata si avesse una condizione di carico dissimmetrica, entrerebbero in funzione le diagonali, e la determinazione degli sforzi nelle varie aste riesce più laboriosa. Con qualche artifizio però la soluzione del problema può essere notevolmente agevolata.
Il calcolo dei sistemi reticolari spaziali è assai complesso. I principî ai quali esso è informato sono analoghi a quelli già esposti per i sistemi reticolati piani, ma la loro applicazione nello spazio non è ugualmente facile e richiede l'impiego di metodi particolari che vanno opportunamente adattati ai diversi tipi strutturali. Tra i metodi maggiormente adoperati ricorderemo quello proposto da Henneberg, o metodo di sostituzione dell'asta, che riconduce il calcolo di un sistema con n nodi a quello di un sistema con n - 1 nodi, e quindi in definitiva al calcolo di un tetraedro, per il quale si hanno delle formule risolutive abbastanza semplici.
Bibl.: A. Ritter, Elementare Theorie und Berechnung eiserner Dach- und Brückenkonstruktionen, Hannover 1863, Lipsia 1904; I. C. Maxwell, On reciprocal figures and diagrams of forces in Philosophical Magazine, 1864; K. Culmann, Die graphische Statik, Zurigo 1866-1875; L. Cremona, Le figure reciproche nella statica grafica, Milano 1879; C. Saviotti, La statica grafica, ivi 1888; A. Föppl, Technische Mechanik. Graphische Statik, Lipsia 1903; M. Levy, La statique graphique et ses applications aux constructions, Parigi 1907; H. F. B. Müller Breslau, Die graphische Statik der Baukonstruktionen, Lipsia 1912; C. Guidi, Noz. di statica grafica, Torino 1913; A. Ciappi, Statica grafica, Roma 1930; G. Colonnetti, La statica delle costruzioni, II, i, Torino 1932.