Sistemi ambientali ed ecologia cognitiva
Negli ultimi decenni il termine 'paesaggio' è stato promosso al rango di concetto chiave in molti settori della ricerca scientifica ecologica e nella gestione del territorio. La Convenzione europea del paesaggio, tenutasi a Firenze il 20 ottobre 2000, all'art. 1/a lo definisce come "una determinata porzione del territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni". Il paesaggio diventa di fatto un dominio concettuale trasversale a molti processi naturali e antropici, assumendo il ruolo di entità strategica nella conservazione del benessere delle popolazioni e della diversità biologica associata. In ambito ecologico esso viene studiato da una specifica disciplina, l'ecologia del paesaggio, che sta vivendo una grande espansione, accresciuta di contenuti teorici, metodologici e applicativi, dagli esiti di numerose conferenze organizzate su base sia regionale sia subcontinentale e mondiale. La parola inglese che corrisponde a paesaggio è landscape e la relativa disciplina è la landscape ecology.
Il paesaggio viene definito in ambito ecologico come un insieme di entità spaziali (macchie o patch) tra loro variamente collegate da flussi di materiali ed energia, ma anche da spostamenti di organismi. Forma, dimensione e arrangiamento spaziale sono alcune delle caratteristiche che l'ecologia del paesaggio considera come quegli elementi strutturali che in diversa misura entrano in relazione con diversità, abbondanza e dinamiche di individui, popolazioni e comunità animali (umane comprese) e vegetali. In realtà esistono molte definizioni di paesaggio, riconducibili al differente background di chi se ne occupa da un punto di vista culturale e scientifico, come geografi, ecologi, architetti, agronomi, forestali, urbanisti, sociologi, psicologi, medici e antropologi, ma altri soggetti potrebbero essere aggiunti. Questo genera da un lato una certa confusione nei paradigmi utilizzati e dall'altro una frequente sovraesposizione dell'argomento senza la necessaria condivisione dei fondamenti.
La descrizione e lo studio del paesaggio richiedono di assumere come invarianti i caratteri e le funzioni del contesto ambientale, e ciò limita il campo di indagine e le relative applicazioni. Infatti la descrizione del paesaggio, anziché essere interpretata soltanto in maniera antropocentrica, viene spesso assunta come valida anche per tutti gli altri organismi e processi associati. A fronte dell'inadeguatezza di tale approccio, recentemente il paesaggio non è visto solo come una configurazione spaziale (invariante) ma anche come un'entità spaziale percepita da ciascuna specie in maniera distinta. Nel primo caso l'approccio viene definito 'ecosistemico', nel secondo 'cognitivo'.
Partendo dal termine percezione, saranno illustrate alcune ipotesi o idee di base per comprendere il concetto di paesaggio cognitivo, cioè l'intorno che ciascuna specie percepisce e con il quale si rapporta per le proprie esigenze funzionali.
La teoria dell'umwelt. All'inizio del XX sec., lo zoologo estone Jacob von Uexküll ipotizzò che ciascun organismo vivente fosse circondato da un intorno percepito in maniera soggettiva, che chiamò umwelt. Questa interessante ipotesi in realtà non ricevette l'attenzione che avrebbe meritato, e fu soprattutto la nascente biosemiotica, molto dopo la morte di von Uexküll, a riconoscerne il valore intrinseco e soprattutto l'universalità. Il ragionamento alla base dell'umwelt prende spunto dal significato attribuito da una determinata specie a un determinato intorno. Per von Uexküll, l'ambiente è formato non da un'unica entità con cui si relazionano nello stesso modo tutti gli esseri viventi, ma da un'entità che cambia il proprio aspetto a seconda della specie che la percepisce. Egli riporta, per esempio, il caso della foresta che è vista differentemente dagli occhi di un forestale (come un insieme di alberi da curare e tagliare), di un agronomo (come un'area da dissodare per far posto alle coltivazioni), o di un bambino (come un luogo magico popolato da strane creature). Von Uexküll estende questa soggettività percettiva anche al mondo delle piante, riconoscendo loro un particolare umwelt che chiamerà wohnhulle (tegumento abitato): le piante, in altri termini, non sono in contatto con il loro umwelt attraverso un meccanismo nervoso di recettori ed effettori, ma sono immerse direttamente nell'ambiente, e le forme che esse mostrano sono il risultato delle interazioni tra il loro mondo esterno e il loro mondo interno. Le relazioni tra mondo interno ed esterno, in questo caso, sono regolate non da un sistema nervoso ma dalle strutture organismiche stesse.
La teoria dell'affordance. La teoria dell'umwelt riappare in altra forma nelle teorie dello psicologo James J. Gibson. Egli, attraverso il concetto di affordance (termine da lui stesso coniato e derivante dal verbo inglese to afford, la cui traduzione letterale è 'permettere'), individua una relazione oggetto-organismo attraverso le specifiche caratteristiche morfostrutturali e funzionali che l'oggetto esprime per l'individuo con cui viene in contatto. L'affordance è quindi la proprietà espressa da un oggetto, da una superficie o da un contesto nei confronti di una determinata specie. Per esempio, la superficie dell'acqua di un stagno esprime l'affordance di sostegno per un gerride (insetto dell'ordine degli Emitteri) ma non certo per un gatto: il gerride si sposta infatti sull'acqua utilizzando la tensione superficiale, cosa che il gatto non può fare a causa della sua massa corporea. Analogamente, una cicogna bianca fa il nido all'intersezione di un lampione, come accade nella città di Faro (Portogallo), ricevendo da questo oggetto l'affordance di 'albero adatto alla nidificazione'; per contro, lo stesso lampione esprime per un uomo l'affordance di 'sostegno all'illuminazione stradale'.
La teoria dell'embodiment (incorporazione). Quando vengono affrontate le problematiche cognitive, spesso viene trascurato il portatore stesso della cognizione. La teoria dell'embodiment mette in contatto le espressioni corporee con le espressioni cognitive, ricercandone i livelli di condizionamento reciproco. La cognizione è contenuta ed espressa attraverso un agente fisico che è il corpo, parte inscindibile di ogni processo cognitivo. In ultima analisi, è stato dimostrato che per l'uomo la dimensione dell'osservatore è la discriminante nella percezione dell'intorno.
La teoria del prospect and refuge. Questa teoria, presentata da Jay Appleton, cerca di trovare una spiegazione comportamentale alle modalità con cui soprattutto l'uomo organizza il proprio intorno. Essa osserva che un individuo cerca di porsi sempre in una posizione privilegiata (prospect) per poter controllare il proprio intorno, e al tempo stesso di avere a disposizione dei rifugi (refuge) in cui nascondersi per sfuggire a un'eventuale predazione. In tale prospettiva è possibile interpretare molte delle scelte che l'uomo compie nell'organizzazione del proprio intorno e che spesso vengono attribuite esclusivamente al dominio dell'estetica. La teoria del prospect and refuge trova una sua spendibilità nell'interpretazione dell'arte, della simbologia ambientale, ma anche nella progettazione del verde pubblico e privato e nelle modalità del suo utilizzo.
Indipendentemente dalle teorie descritte, di recente abbiamo utilizzato i meccanismi della percezione per stabilire un contatto tra paesaggio ecosistemico e paesaggio cognitivo, due domini fenomenologici che sono stati fino a oggi affrontati dalla ricerca scientifica con approcci paradigmatici e metodologici distinti. In realtà lo studio dell'uno è complementare allo studio dell'altro. Viene definito 'paesaggio cognitivo' l'insieme delle configurazioni spaziali che un organismo percepisce del proprio intorno. La cognizione, quale processo interpretativo e integrativo delle informazioni acquisite dal contesto ambientale, che circonda ogni organismo e che varia al cambiare di posizione dell'organismo stesso, si presenta ad almeno tre differenti livelli di intensità.
Il livello di base è stato chiamato livello 'neutro' (neutrality-based landscape). Attraverso questo tipo di cognizione vengono generati i paesaggi neutri, cioè quelli che non producono interazioni o risposte da parte dell'organismo. Le informazioni sono presenti ma non accessibili a quell'organismo. Tale livello di base può essere agevolmente spiegato con un esempio. Quando camminiamo in un bosco non siamo assolutamente capaci di avvertire la presenza dei tartufi (funghi ipogei): per trovarne uno abbiamo bisogno del fiuto di un buon cane. Il tartufo, pur essendo presente in quel bosco, non è accessibile alla nostra percezione né alla nostra cognizione, e pertanto chiameremo 'paesaggio neutro' il paesaggio 'del tartufo'. Spostandoci in un mondo decisamente tecnologico, possiamo considerare paesaggio neutro il paesaggio prodotto dalle onde radio ad alta frequenza che vengono usate per le trasmissioni televisive e telefoniche. Queste onde non vengono infatti percepite da alcun nostro organo di senso. I paesaggi neutri sono quindi paesaggi, intesi come configurazioni spaziali, che, pur essendo presenti, sfuggono alla nostra percezione e alla relativa cognizione. Lo stesso vale, per fare un ulteriore esempio, per gli ultrasuoni prodotti dai pipistrelli, che non vengono percepiti dall'orecchio umano e che quindi per noi assumono il carattere di un paesaggio (sonoro) neutro, anche se siamo capaci di seguire con la vista le evoluzioni aeree di questi animali.
Per contro, il paesaggio che percepiamo quando, attraverso gli organi di senso, abbiamo accesso ai caratteri degli oggetti o ai gradienti fisici del nostro contesto ambientale, è stato chiamato paesaggio individuale (individual-based landscape). Sono infatti le risposte dei sensori percettivi a informare l'individuo del proprio contesto, e la variabilità dei sensori è individuo-specifica. Infine, quando alla percezione vengono associati un concetto e un 'ragionamento', il paesaggio che si presenta diventa un paesaggio dell'osservatore (observer-based landscape), cioè un paesaggio che scaturisce dall'elaborazione degli stimoli percettivi. È intuitivo che una pittura astratta possa rappresentare, per una persona priva di una specifica cultura pittorica, un insieme di macchie di colore. Al contrario, per il critico d'arte lo stesso quadro esprime una rappresentazione simbolica del soggetto o del tema scelto dall'autore. In questo caso, la cognizione viene espressa come livello massimo di integrazione delle informazioni che giungono dall'intorno oggettivo e che, nell'incontro con l'individuo, assumono il carattere di informazioni soggettive interpretabili. Secondo tale ipotesi, si parte da una matrice cognitiva che dispone di una grande quantità di informazioni, la cui disponibilità per un determinato soggetto è non solo specie-specifica ma anche individuo-specifica. Di fatto, l'individuo estrae attraverso i propri sensori fisici e attraverso i meccanismi di elaborazione cognitiva (genetica e/o culturale) i caratteri dell'intorno. La quantità di caratteri estratti dipende dalle sue capacità sensoriali ma anche dal suo patrimonio culturale. Come si può vedere, questa prospettiva non corrisponde a una posizione paradigmatica contrapposta alle precedenti teorie cognitive, bensì a un'ipotesi a più ampia valenza che è capace di comprenderle tutte.
La semiotica viene definita come la scienza che studia i segni e le modalità attraverso le quali tali segni vengono interpretati. Fortemente legata al dominio della linguistica, essa ha trovato di recente, attraverso la biosemiotica e la derivata ecosemiotica, un interessante sviluppo spendibile nel dominio del paesaggio cognitivo. Si deve principalmente all'americano Charles S. Peirce la descrizione del processo attraverso il quale un soggetto (l'interpretante) prende contatto con un oggetto utilizzando un intermediario, chiamato 'portatore di significato' o representamen. Tale triade è per Peirce un meccanismo universale con il quale ogni organismo entra in contatto con il proprio intorno. Per esempio, quando vediamo del fumo il nostro pensiero va immediatamente al fuoco: il fumo è il portatore di significato e l'oggetto è il fuoco. Questo vale anche per il colore della frutta: una mela matura ha un bel colore rosso, e il colore è il portatore di significato della polpa matura (oggetto), a cui non abbiamo accesso se non dopo aver rimosso l'involucro (buccia). Ancora, quando sentiamo il canto di un uccello mentre attraversiamo un bosco pensiamo subito all'oggetto, che per l'appunto è l'uccello, e se siamo esperti possiamo anche riconoscerne la specie senza vederlo direttamente. Questa teoria ci servirà tra breve per descrivere i meccanismi percettivi del paesaggio cognitivo.
Sappiamo che ogni organismo, per poter vivere, necessita di un ambiente favorevole che gli consenta di espletare le proprie funzioni vitali, quali il dormire, il mangiare, l'accoppiarsi, ecc. Tali funzioni fanno parte dello stesso progetto evolutivo all'interno del quale le cellule si riproducono e si sostituiscono a quelle danneggiate o invecchiate. Le funzioni vitali hanno bisogno di energia, ed essa viene in gran parte raccolta dall'ambiente esterno sotto forme differenti, che possono essere biomassa, acqua, sali minerali, calore, luce, ecc. Le manifestazioni dell'energia necessarie al mantenimento in vita di ogni organismo si dicono 'risorse'. Ogni organismo manipola energia, attraverso meccanismi di raccolta, elaborazione ed espulsione di materia, energia e informazione. Nel far questo, esso si mantiene in uno stato negentropico, cioè in uno stato a rallentata entropia, come è proprio dei processi vitali.
Le risorse non sono distribuite in modo omogeneo nel loro dominio esistenziale, ma distribuzione e abbondanza appaiono eterogenee nello spazio e nel tempo. Le risorse in genere possiedono meccanismi che non le rendono direttamente osservabili. Molte di esse sono rappresentate da organismi (prede), le cui distribuzione e cripticità rientrano nei meccanismi adattativi atti a evitarne la predazione. Per questo la localizzazione delle risorse richiede a ogni organismo un importante investimento energetico e temporale. Due soggetti si affrontano nell'arena della moderna ecologia: l'organismo, alla continua ricerca di risorse per mantenere in ordine la propria struttura dissipativa, e le risorse stesse, le quali insistono in un medium che rendono a sé stesse favorevole. L'accesso alle risorse viene attuato dall'organismo attraverso l'attivazione di specifiche funzioni (vitali). L'incontro tra tali funzioni e le risorse avviene mediante un 'dominio di processo', che abbiamo chiamato eco-field (letteralmente 'campo ecologico') e che definiamo come ogni configurazione spaziale portatrice di significato per quella determinata funzione. A questo punto possiamo utilizzare la triade semiotica di Peirce per spiegare i legami tra funzioni vitali, eco-field e risorse (fig. 2). L'eco-field può essere considerato come il representamen o portatore di segno dell'oggetto qui rappresentato dalla risorsa. Il soggetto è rappresentato dalla funzione associata. Quindi è la funzione, e non l'organismo, a svolgere il ruolo di soggetto interpretante.
L'eco-field diventa il mezzo (veicolo del segno) attraverso il quale una funzione può avere accesso alla risorsa specifica. Avremo tanti eco-field quante sono le funzioni vitali considerate per quell'organismo e, ogni volta che una funzione è attiva, l'intorno di un organismo viene percepito come l'eco-field che consentirà a quella funzione di raggiungere la sua risorsa. Per fare questo, ogni funzione deve essere associata a un template cognitivo, cioè a un'immagine di ricerca risorsa-specifica, che può essere geneticamente prefissata oppure determinata da processi di apprendimento o di trasmissione culturale. L'insieme di tutti gli eco-field associati alle differenti funzioni vitali diventa alla fine il paesaggio cognitivo di un individuo. Due elementi influenzano la qualità di un eco-field: la rispondenza tra template cognitivo e configurazione spaziale, e la qualità e l'abbondanza della risorsa specifica. In teoria, la condizione ottimale per un organismo è costituita dalla scelta di un'area dove gli eco-field delle varie funzioni possano esprimere la massima capacità di intercettare le risorse, e cioè dove essi siano i più prossimi al modello del template cognitivo e le risorse siano altresì abbondanti. A questo punto potremmo dire che quel determinato individuo ha scelto l'ambiente ottimale. In realtà, per varie ragioni, questo non accade quasi mai in natura, e dovremmo aspettarci una differente qualità dei diversi eco-field come portatori di significato per le risorse.
Queste considerazioni trovano evidenze nelle cosiddette trappole ecologiche, cioè espressioni di un'apparente qualità ambientale, per esempio abbondanza di cibo, che fanno sì che siano attrattori per certe specie animali le quali troveranno abbondanza di cibo ma anche molti più predatori o elementi di disturbo. Il bilancio tra fattori positivi e fattori negativi sarà rapidamente a vantaggio di questi ultimi e le popolazioni sottoposte a questa situazione assumeranno le caratteristiche di popolazioni di tipo sink. Questa eterogeneità qualitativa avrà delle conseguenze sia di tipo funzionale che morfologico, infine di tipo demografico. La qualità di ciascun eco-field avrà quindi un'influenza diretta sulle rispettive funzioni e farà assumere a ogni organismo caratteri individualmente distinguibili. Per esempio le popolazioni di merlo che vivono nella macchia mediterranea andranno ad assumere caratteri morfofunzionali differenti da quelli di popolazioni della stessa specie che vivono in una faggeta montana. Non è difficile immaginare che i caratteri strutturali e funzionali della macchia mediterranea siano diversi da quelli di una faggeta montana. Solamente la diversa composizione e disponibilità delle risorse alimentari può fare la differenza. Ci aspettiamo infatti che i diversi eco-field, nell'esprimere una differente distribuzione e abbondanza delle risorse, influenzino i caratteri morfologici e la funzionalità degli individui. Le due popolazioni di merlo saranno quindi sottoposte a una differente pressione selettiva che ne determinerà un differente adattamento morfofunzionale.
L'ipotesi dell'eco-field risulta essere un formidabile paradigma per interpretare gli adattamenti e i meccanismi evolutivi delle specie. Prendiamo per esempio una coppia di rondini e cerchiamo di capire in cosa consista il loro eco-field riproduttivo. Questa specie trascorre alle nostre latitudini solamente la stagione riproduttiva. Per questo seleziona preferenzialmente interni di stalle dove l'accesso è garantito da finestre o porte sempre aperte. Avrà quindi bisogno dei seguenti elementi posti in ordine gerarchico crescente: (a) sporgenza non raggiungibile da ratti o altri predatori terrestri dove appoggiare il nido; (b) locale (stalla, fienile, altro) dove cercare la sporgenza; (c) edificio (agricolo) dove cercare il locale; (d) paesaggio rurale attorno all'edificio dove cercare sia il materiale per la costruzione del nido sia il cibo per la prole (fig. 3). Per ciascun elemento di questa gerarchia la rondine avrà cercato una configurazione spaziale portatrice di significato, cioè un eco-field funzione-specifico la cui scala spazio-temporale è altrettanto specifica. Come possiamo vedere, quindi, l'habitat riproduttivo di una rondine costituisce un insieme di eco-field che assolvono a distinte funzioni specifiche che vanno da quella antipredatoria (scelta dell'idonea sporgenza, scelta dell'idoneo locale) a quella alimentare (scelta dell'edificio posto nelle immediate adiacenze di campi coltivati, sopra i quali cercare gli Artropodi di cui questa specie si nutre e con i quali deve alimentare la prole).
L'ipotesi dell'eco-field assume particolare significato per valutare le esigenze dell'uomo e poter legare tra loro in una specie di metateoria tutti quegli aspetti paradigmatici utilizzati al fine di interpretare comportamenti e modalità di adattamento nell'uomo. Partiamo dalle risorse che servono all'uomo, che sono sia di tipo fisico che cognitivo. Le prime sono per esempio gli alimenti, gli indumenti, la casa. Quelle di tipo cognitivo sono rappresentate principalmente da elementi emozionali, culturali e spirituali. Per esempio tutti noi abbiamo bisogno di sicurezza. In casa la sicurezza è data dalle porte e dalle loro chiusure. In strada dalla presenza di poliziotti o dalla presenza di luce quando attraversiamo un parco. La sicurezza è quindi una risorsa e come tale viene intercettata da uno specifico eco-field. Quando ci sentiamo sicuri significa che abbiamo raggiunto questa risorsa (la sicurezza) indispensabile per poter accedere ad altre risorse. In questo modo possiamo descrivere molte altre risorse cognitive come la socialità, lo scambiare 'chiacchere' con altre persone. Per questa funzione il nostro eco-field è rappresentato dalla vicinanza e accessibilità ad altri individui. Parliamo spesso di svago o di ricreazione, ebbene anche per questa risorsa sono necessari specifici eco-field che possono essere dati da un parco cittadino, da una spiaggia, da una pista ciclabile.
L'approccio cognitivo allo studio e all'interpretazione del paesaggio consente di fornire nuove chiavi di lettura del rapporto tra processi economici e processi ecologici. Sappiamo che l'ecologia e l'economia si contendono il primato delle scelte politiche della maggior parte dei Paesi industrializzati. In effetti l'incapacità comunicativa tra queste due scienze è determinata da basi epistemologiche opposte. Per l'ecologia è l'utilizzo ottimale dell'energia attraverso meccanismi negentropici che guida i meccanismi responsabili della complessità biologica ed ecosistemica. In economia è la crescita nella produzione di beni e servizi l'obiettivo perseguito da tutti i Paesi con economie di mercato. Certamente trovare dei punti di incontro che vadano oltre l'ossimoro dello sviluppo sostenibile gioverebbe a gettare un ponte tra queste due scienze e relative filosofie separate e contrapposte.
Proviamo ora a vedere quale ruolo potrebbe giocare il paesaggio se fosse ancora una volta considerato un portatore di significato e non un'entità ecosistemica di per sé. Se ponessimo da un lato il fabbisogno dell'uomo e dall'altro le risorse necessarie a questo soddisfacimento, e collegassimo con il procedimento già descritto della triade di Peirce questi due elementi attraverso il paesaggio inteso come interfaccia portatrice di significato per le risorse ricercate, potremmo utilizzare il paesaggio stesso quale indicatore delle dinamiche economiche. Se i bisogni dell'uomo passano per il loro soddisfacimento, cioè per la loro congiunzione con le risorse, attraverso il paesaggio, quest'ultimo in qualche modo sarà un indicatore del processo. Ora però inseriamo un inaspettato modificatore che è rappresentato dal denaro. Il denaro consente di non transitare attraverso il paesaggio per il raggiungimento delle risorse e pertanto la funzione e quindi l'esistenza stessa di uno specifico paesaggio vengono a cessare.
Proviamo a trasferire questo modello nella realtà. Sappiamo per esempio che l'abbandono delle pratiche agricole produce la semplificazione del paesaggio agricolo con numerose e profonde conseguenze sulle componenti biologiche. Potremmo facilmente dimostrare che se non cercassimo più una determinata risorsa in un certo territorio, per esempio la produzione cerealicola, questa risorsa si estinguerebbe assieme al paesaggio relativo, che svolgeva il ruolo di portatore di significato e di contesto ambientale per detta risorsa. E ancora, se per esempio i boschi della Liguria non rappresentassero più una risorsa per le popolazioni locali attratte dalle risorse turistiche costiere, potremmo aspettarci assieme all'estinzione di questa risorsa la scomparsa del paesaggio relativo. Il risultato sarebbe un paesaggio di macchie degradate da incendi prodotti da quel processo che comunemente chiamiamo 'incuria dell'uomo'. Ma l'incuria dell'uomo non è altro che la mancanza di individuazione di una o più risorse in un certo territorio.
Va da sé che attraverso questa ipotesi potremmo avanzare un ragionamento più generale che ci porta inevitabilmente a constatare che un paesaggio non è una struttura di per sé auto-organizzata e indipendente dai processi economici, bensì una configurazione percettiva che ci consente di individuare le risorse. Queste ultime sono a loro volta produttrici di paesaggio e pertanto risorse, paesaggio e bisogni diventano elementi di una triade ecosemiotica. Ritorniamo brevemente alle conseguenze nell'uso del denaro e associate convenzioni su questo sistema bisogni-paesaggio-risorse. Il denaro permette di non passare dal paesaggio per individuare le risorse, le risorse sono individuate attraverso altri meccanismi di mercato. Per esempio la costruzione di un supermercato consente di trovare quasi tutte le risorse alimentari il cui paesaggio è ridotto alla pubblicità sulle confezioni in cui sono poste. Proprio come il colore della frutta ci consente di apprezzarne lo stato di maturità, altrettanto le confezioni commerciali piene di segni ci consentono di valutare qualità e adeguatezza dei prodotti in esse contenuti. Va infine detto che la sostituzione di sistemi agricoli di sussistenza a sistemi agricoli di mercato in grado di produrre grandi quantità di prodotti esportabili diventa un ulteriore fattore di rottura della triade ecologica appena descritta.
Per 'paesaggi terapeutici' si intendono quei luoghi che in qualche modo ci aiutano a recuperare la salute o che riducono gli effetti di una malattia grazie a una combinazione favorevole di fattori fisici, biologici, culturali e sociali. Questo concetto avanzato da geografi della salute, medici, sociologi, psicologi e antropologi merita un'attenta considerazione soprattutto alla luce del paradigma del paesaggio cognitivo. Sappiamo che molte società tecnologicamente avanzate soffrono oggi di un diffuso malessere che si esprime con depressione, aumento dei suicidi, aggressività, violenza familiare e sociale, fuga dalla realtà attraverso droghe, ecc. I paesaggi terapeutici vengono visti come luoghi privilegiati in cui non solo è possibile curare le malattie fisiche ma anche quelle mentali. Così stazioni termali e stazioni turistiche in aree a clima particolarmente favorevole, come quello tropicale, diventano centri per il recupero del 'ben-essere'.
Torniamo alla teoria dell'eco-field e consideriamo non solo le risorse fisiche ma anche quelle mentali. Potremmo così vedere quanto difficile sia individuare la felicità, una tra le più ambite risorse cognitive, e a seguire, la tranquillità interiore, la sicurezza della propria persona, lo star bene con sé stessi e con gli altri. Queste risorse degradano rapidamente quando cambia il contesto ambientale e si passa progressivamente dal ben-essere al 'mal-essere'. L'uomo moderno, soprattutto quello che vive nelle città, ha da tempo abbandonato l'utilizzo di queste risorse evitando così il loro paesaggio naturale. Grazie all'utilizzo del denaro, che ha surrogato il paesaggio, ha potuto accedere direttamente a queste risorse, che hanno modificato le loro caratteristiche di accessibilità diventando beni acquistabili.
Partendo dall'idea dei paesaggi terapeutici ma estendendo questa idea ai paesaggi di tutti i giorni, vale a dire al contesto in cui quotidianamente viviamo, potremmo trovare il modo di circondarci di paesaggi terapeutici sempre e non solo in momenti di effimera durata. Gran parte della terapeuticità dei paesaggi è legata all'affordance, cioè al contatto con oggetti naturali che possono essere alberi, fiori, morfologie, fenomeni atmosferici, sonorità come i canti degli uccelli, contatto con processi produttivi dei beni agricoli, ecc. L'elenco potrebbe essere assai più lungo. A questo punto dovremmo inserire il concetto di salute e quello transitivo di guarigione come passaggio dalla malattia alla salute. Vi sono oggi fondati indizi che collegano le condizioni fisiche del contesto in cui una persona vive alle sue condizioni di salute fisica e mentale. Non serve a questo punto individuare un preciso elemento responsabile del ben-essere o della guarigione, diventa per contro importante accettare l'idea che è attraverso la conservazione o il miglioramento della diversità del ben-essere che l'uomo riceverà i benefici sperati.
Il ben-essere passa quindi dalla qualità dei cibi all'accesso ai servizi ecosistemici che non possono essere acquistati nei supermercati. La diversità del ben-essere diventa quindi importante per ogni classe di età dell'uomo e quindi le risorse che la mantengono cambieranno a seconda della classe di età e del livello sociale. Crediamo che ancora troppo poco si faccia per questo obiettivo, per il cui perseguimento si attribuisce importanza, in forma surrogatoria, alla conservazione della biodiversità, trascurando che quest'ultima è una delle tante componenti che contribuiscono alla diversità del ben-essere umano. Per esempio nelle nostre città il verde era visto nel recente passato come un arredo urbano necessario ad aumentare l'estetica del luogo, poi è stato visto come agente mitigatore degli inquinamenti atmosferici. In realtà il verde urbano è un elemento insostituibile dei paesaggi terapeutici e come tale, secondo questa nuova visione, deve essere riprogettato e ricollocato nello spazio urbano affinché diventi una risorsa vera e accessibile.
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