SIRINGA (gr. συ0ριγξ; λατ. fistula)
Strumento a fiato, di dimensioni modeste e di semplice costruzione, che si ritrova presso molti popoli dell'antichità e massimamente in Grecia, dove ebbe voga anche nell'età ellenistica.
Se ne conservano due specie: una "monokálamos", detta anche ἴυγξ, la quale era una specie di zufolo con fori che, chiusi o aperti con la punta delle dita, producevano suoni diversi; una "polykálamos", costituita da una serie di tubi o cannucce connesse con cera e legate con un filo, con una cordicella o, addirittura, con una specie di guaina, che ne lasciava libere solo le estremità. L'imboccatura delle cannucce era allo stesso livello, ma la lunghezza di esse era diversa e tale diversità, nell'epoca arcaica, quando lo strumento era rettangolare, dipendeva dal punto in cui si collocava la cera che ostruiva il piccolo tubo e che respingeva l'aria; più tardi dal punto diverso in cui le canne venivano tagliate, di modo che la siringa assunse quella forma trapezoidale, caratteristica, per cui fu paragonata da Polluce all'ala di un uccello. Il numero delle canne corrispondeva in certo modo a quello delle corde della lira: da sei o sette, in origine, esse raggiunsero, nell'età ellenistica, un numero maggiore. La siringa era generalmente di canna, ma si fabbricò anche di bronzo o di legno: in quest'ultimo caso si trattava di una tavoletta trapezoidale nella quale si praticavano alcuni fori accostati che fungevano da tubi. Il suono consisteva per lo più in scale e arpeggi, e si ricavava facendo scorrere le labbra sull'estremità superiore delle cannucce appositamente tagliate a sghembo.
Strumento eminentemente pastorale, la siringa si disse originaria dell'Arcadia, nelle cui monete essa fu quasi l'"arma parlante" della regione. Se ne volle anzi attribuire l'origine mitica a Pan sebbene talora si parli anche di Sileni o di Marsia come inventori della siringa che non di rado è l'attributo di altre divinità. In epoca ellenistica se ne cercò di spiegare l'etimologia con un mito che presenta evidenti analogie con quello di Apollo e Dafne, e che narrava come il dio l'avesse ricavata dalla pianta nella quale si era trasformata la ninfa Syrinx da lui amata e invano inseguita (v. Ov., Metam., XIII, 784). Lo strumento, conosciuto anche dai Latini, è rimasto poi in uso tra le popolazioni campagnole di diverse regioni.