Vedi SIRI dell'anno: 1966 - 1997
SIRI (Σῖρις)
Città sulla costa ionica d'Italia fra le foci del fiume omonimo - oggi Sinni - e dell'Akiris (Strab., vi, 264; Pl., iii, 15, 97).
Celebri scrittori antichi, come Aristotele e Timeo, ne attribuivano la fondazione ad un gruppo di profughi da Troia, che avrebbero portato con loro il Palladio ed il culto di Atena Iliade; altre fonti tutte trasmesse a noi da Strabone e da Ateneo (XII, 523 c), l'attribuiscono invece ai Rodi ed altre infine, che sembrano più attendibili, ai Colofoni, fuggiti dalla patria quando fu invasa dai Lidi di Gige (circa 675 a. C,). Ebbe, comunque, origini ioniche ed alla metà del VII sec. a. C. la fama della bellezza e dell'opulenza della Siritide era già tanto diffusa in tutto il mondo greco da ispirare l'amaro rimpianto di Archiloco (fr. 17 e 18). La sua ricchezza, alimentata senza dubbio dal dominio sui territori dell'interno, suscitò l'invidia delle città vicine, sicché Sibarî, Metaponto e Crotone si coalizzarono ai suoi danni e la distrussero per sempre fra il 570 ed il 56o a. C. (Iustin., xx, 2, 3 ss.).
Esclusa l'attribuzione a S. delle monete di tipo acheo, che le erano state assegnate (v. surino), non vi è più motivo per sospettare né della cronologia né delle caratteristiche ioniche, riferite dalla tradizione antica e molto discusse dalla critica moderna. Esse sono anzi validamente confermate da un peso fittile da telaio proveniente dall'area sirite (Policoro) con il nome del proprietario Isodike iscritto nel dialetto e nell'alfabeto ionico più arcaico.
Il lusso di S. fu proverbiale quanto quello di Sibari ed è deplorevole che nulla oggi sappiamo della sua raffinata civiltà: forse un riflesso se ne può sorprendere nei più antichi monumenti di Poseidonia e dello Heraion sul Sele. Certo non possono aver rapporto con la città perita in età arcaica né gli spallacci con amazzonomachia ad altorilievo, spesso menzionati come bronzi di S. e che sono invece mirabili prodotti del maturo IV sec., né le tombe ed i ruderi ellenistici affiorati nei lavori di bonifica sulla riva sinistra del fiume Sinni, presso Policoro: forse nelle murature relativamente tarde è compreso qualche blocco arcaico.
Che S. sia stata preceduta o seguita da una città chiamata Polieion Πολίειον) è leggenda spiegabile con l'uso contemporaneo di due nomi, l'uno più diffuso, tratto da quello del fiume e l'altro più solenne, forse ufficiale, ma meno popolare.
Bibl.: Philipp, in Pauly-Wissowa, III A, 1929, c. 309 ss., s. v.; J. Perret, Siris, Parigi 1941, ov'è tutta la bibl. anteriore; J. Bérard, La Colonisation grecque2, Parigi 1941, pp. 187-99, anche p. 201 ss., e per le fonti antiche; T. J. Dunbabin, The Western Greeks, Oxford 1948, pp. 34 s., 153, 207 s., 356 s. ecc.; P. Zancani Montuoro, in Arch. Stor. Calabria e Lucania, XVIII, 1949, p. i ss. Per il peso da telaio: P. Orsi, in Not. Scavi, Suppl. 1912, p. 61, fig. 63; L. H. Jeffery, in Journ. Hell. Stud., LXX, 1949, p. 32 s., fig. 9; per i rilievi di bronzo: H. B. Walters, in British Mus. Catal. of Bronzes, Londra 1915, n. 285; P. Wuilleumier, Tarente, Parigi 1939, tav. XVI, 1-2, p. 322; per i possibili riflessi artistici nell'area posidoniate: P. Zancani Montuoro-U. Zanotti Bianco, Heraion alla foce del Sele, Roma 1951-4, I, p. 140, II, pp. 73 ss.; e 105.