BLACKSTONE, sir William
Giureconsulto, nato a Cheapside (Londra) il 10 luglio 1723, morto il 10 luglio 1780. Ammesso al patrocinio legale nel 1746, nel 1749 succedette allo zio Seymour Richmond nella carica di recorder (pubblico ufficiale che attende alla tenuta degli atti pubblici) di Wallingford. Nel 1752, per consiglio di William Murray (poi lord Mansfield), aprì un corso in Oxford sul diritto inglese e il favore con cui le sue lezioni furono accolte suggerì al Winer l'idea di fondare una cattedra di diritto inglese in quella stessa università di Oxford, cattedra che nel 1858 fu affidata al B. il quale ne fu così il primo titolare.
Riprese anche la professione di avvocato - trascurata da quando aveva iniziato le sue lezioni in Oxford - che esercitò a Westminster (Londra). Nel 1761 fu eletto membro della Camera dei comuni per il collegio di Hindon e quindi nel 1768 per quello di Westbury ma la sua carriera parlamentare non fu pari all'aspettativa destata dai suoi scritti. Nel 1766, anche per ragioni di salute, si ritirò dall'insegnamento e dalla professione. Nel 1770 fu nominato giudice alla corte dei Common pleas e fece pure per alcuni mesi parte della corte del King's bench. Negli ultimi anni patrocinò la riforma del sistema delle pene: a lui e a lord Auckland è per la massima parte dovuta la legge 19 George III, c. 74.
Lasciò numerose opere su argomenti giuridici. Ma la sua opera capitale tradotta in tutto o in parte in francese, in tedesco e in italiano (il quarto volume dei Commentarî è tradotto nella collezione Classici criminalisti 1813), opera per cui il nome del B. acquistò vasta rinomanza, è intitolata Commentaries on the laws of England, in 4 voll., di cui il primo uscì a Oxford nel 1765, i successivi nei quattro anni seguenti. Tale opera riproduce le lezioni tenute dal B. all'università di Oxford e fu resa pubblica per impedire che circolassero edizioni abusive e scorrette.
La critica asserisce che il B. adottando la ripartizione esposta dal Hale nell'Analysis of the part of the law ne abbia ripetuto l'errore, prodotto dal non avere inteso il valore dei termini tecnici del diritto romano, e abbia perciò distinto fra diritto delle persone e diritto delle cose, ammettendo che le cose al pari delle persone avessero diritti. I quattro libri di cui si compone l'opera riguardano: diritti delle persone, diritti delle cose, atti illeciti civili, atti illeciti pubblici (delitti).
Non grande è il valore scientifico dell'opera. Nei riguardi della legge positiva il B. sostenne che essa fosse valida in quanto conforme alla legge di natura o divina. È pure da rimproverare al B. il difetto di precisione nella terminologia giuridica adottata e il misconoscimento d'un soggetto di straordinaria importanza per il diritto inglese quale l'equità. La sua concezione filosofica risulta inspirata alle dottrine del Puffendorf, del Locke e del Montesquieu. Con ciò non si deve negare al B. il merito di avere dato una lucida esposizione del diritto inglese facilmente accessibile a tutti. Il successo dell'opera fu grandioso. Otto edizioni apparvero durante la vita dell'autore, e la nona era già pronta alla sua morte; altre numerose seguirono di poi per oltre mezzo secolo in Inghilterra, e anche più innanzi in America.
La grande diffusione e autorità raggiunta dai Commentari fu ostacolata da acerbe critiche, di cui principali quelle del Bentham e dell'Austin. Il Bentham nel suo Fragment on Government, pubblicato nel 1776, espresse severi giudizî sul B. accusandolo d'intolleranza, di essere nemico di ogni riforma, campione di ogni forma di chicane professionale, riconoscendone tuttavia i meriti per la divulgazione del diritto. Né meno severo giudizio espresse l'Austin che l'accusò di avere seguito pedissequamente, ed errando, il Hale, lusingando per amor di popolaritȧ la vanità degl'Inglesi nei riguardi delle proprie istituzioni.
Notevole fu tuttavia l'efficacia dell'opera per la formazione della coscienza costituzionale inglese, e l'accoglimento di essa e la sua straordinaria diffusione ne costituiscono la migliore prova. Essa è infatti una completa esposizione delle istituzioni inglesi, studiate non solo nella loro esistenza attuale, ma anche nella genesi storica e nella evoluzione. Malgrado le critiche sopra ricordate, l'adattamento dei Commentarî fatto dallo Stepheh è considerato anche oggi opera classica.
Fra le altre opere del B. sono da ricordare: Essay on collateral consanguinity, 1750; Analysis of the laws of England, Oxford 1754, con numerose edizioni successive; The great Charter and Charter of the Forest, Oxford 1759; Tracts, chiefly relating to the antiquities and laws of England, voll. 2, 1762, tradotto anche in tedesco nel 1779.
Bibl.: Cfr. per la vita del B., G. P. Macdonell, Dictionary of National Biography, V, Londra 1886; Blunstschli Brater, Staats-Wörtertbuch, s. v.