SINTASSI
. La sintassi è una delle quattro partizioni fondamentali della linguistica (insieme con la fonetica, la morfologia e la semantica). Essa studia la struttura della frase, gli elementi costitutivi della frase, le associazioni di frasi, cioè le unità superiori alla parola. Il nome deriva dal greco σύνταξις "associazione", che, dal punto di vista etimologico, potrebbe essere riferito anche alle associazioni di nomi, di sillabe o di parole viste sotto la specie fonetica. Dionisio Trace oppone alla syntaxis la synthesis o "composizione". Nel senso nostro di unità superiore alla fonetica e alla morfologia la parola sintassi risale a Apollonio Discolo.
Elementi costitutivi. - S'intende per frase l'associazione di parole reali o virtuali che constata un'azione o un rapporto d'identità. La definizione della frase come oggetto di "sintassi" prescinde dal suo valore psicologico o logico. La sintassi si occupa quindi degli elementi costitutivi della frase o sintagmi, delle varietà di frasi, delle associazioni di frasi o periodi. Dal punto di vista sintattico sono messi sullo stesso piano questi rapporti:
A) Nell'ambito della frase: che bella sera!; una bella sera chiudeva quella giornata faticosa; la sera è una delle quattro parti della giornata. I momenti psicologici e logici di queste forme di espressione sono disposti diversissimamente, ma, dal punto di vista sintattico, costituiscono tutti un'unica frase autonoma.
B) Nell'ambito dei sintagmi: bella si trova in rapporto sintattico rispetto a sera; delle quattro parti della giornata si trova in rapporto sintattico rispetto a sera, e entrambi i sintagmi, diversissimi logicamente e psicologicamente, sono sintagmi non essenziali per la struttura formale della frase.
C) Rispetto ai gruppi di frasi: voglio che la sera finisca bene, vorrei che la sera finisse bene, spero che la sera finisca bene e così via, sono associazioni di frasi che hanno un contenuto logico e psicologico non identico, ma costituiscono uno schema di periodo costante.
Viceversa la sintassi distingue rapporti che dal punto di vista logico sono indifferenti. In questi gruppi di frasi: la giornata è alla fine, la sera è bella; una bella sera conclude la giornata si contrappongono questi concetti:
a) la natura nominale del rapporto la sera è bella e quella verbale del rapporto la sera conclude;
b) il rapporto di "attributo" in bella sera e di "predicato" in la sera è bella, ciò che produce in certe lingue, come in tedesco, anche differenze formali: der schöne Abend, der Abend ist schön.
c) il rapporto di due frasi indipendenti nel primo esempio e di un'unica frase nel secondo.
Massima diventa poi la differenza delle frasi in quest'altro esempio: possiamo avere una bella sera, e la giornata finirà bene confrontato con se avremo una bella sera, la giornata finirà bene. Infatti la prima frase del primo esempio può stare anche da sola, la prima del secondo esempio è incapace di vita autonoma.
Le unità sintattiche o sintagmi e la loro natura. - I sintagmi sono gli elementi che costituiscono la frase. La frase la sera è bella si compone di due sintagmi: la sera ed è bella. Non ha importanza il fatto che le parole siano quattro. I sintagmi d'altra parte possono essere due anche se la parola espressa è una sola: arrivano. L'azione presuppone un agente: che questo esista è detto dal verbo che ha una forma di terza persona plurale e quindi definisce i caratteri (morfologici, se non semantici) di chi arriva: una pluralità di arrivanti che non comprende chi parla.
I sintagmi si distinguono in essenziali ed accessorî. Due sono i sintagmi essenziali, il soggetto e il predicato, l'agente e l'azione. I soggetti (gli agenti) di ogni frase possono essere in numero indefinito, il predicato (l'azione) è uno solo. Tanti dunque i predicati, tante le frasi: la sera soggetto, è bella predicato; la sera e la notte soggetti, si seguono predicato, e così via. Anche quando si hanno forme di frasi apparentemente senza questa duplice struttura, essa viene integrata mentalmente: vieni! presuppone un sintagma soggetto tu; Pietro! presuppone un sintagma predicato vieni o senti; persino piove presuppone un sintagma soggetto, la pioggia, come che bella sera! il predicato esiste, è.
I sintagmi accessorî non si trovano tutti sullo stesso piano: ci sono sintagmi accessorî che determinano la frase intera, oppure il sintagma soggetto, oppure altri sintagmi accessorî. Sicché, secondo si considerano i rapporti all'interno della frase si hanno diversi gradi di sintagmi:
I sintagmi accessorî di primo e di secondo grado si chiamano "complementi": complemento oggetto, complemento di specificazione, complemento di luogo nei tre esempî citati sopra. I sintagmi di terzo grado sono indicati dai due concetti di "attributo", quando si tratti di aggettivo, e di "apposizione", quando si tratti di sostantivo. Questa differenza di denominazione è giustificata soltanto dalle diverse conseguenze formali che la natura aggettivale o sostantivale della parola impiegata provoca.
Corrispondenze formali dei sintagmi. - I caratteri forrmali dei sintagmi sono attivi e passivi. I caratteri attivi determinano la natura precisa di soggetto, predicato, complementi. I caratteri passivi determinano semplicemente un legame generico di un sintagma con un altro, senza determinare la natura del rapporto.
I caratteri formali attivi sono indicati: 1. dai morfemi; 2. da parole accessorie; 3. dalla posizione dei sintagmi nella frase. Secondo la costituzione morfologica di una lingua, la parte che hanno i morfemi nel definire la funzione dei sintagmi è maggiore o minore. In latino la parte dei morfemi è ampia, quella della posizione dei sintagmi nella frase è nulla. In italiano la parte dei morfemi è minore, maggiore quella delle parole accessorie e della disposizione dei sintagmi nella frase: in francese e in inglese questa sproporzione si accentua ulteriormente.
Cuius rei videntur causae fuisse illius aetatis pecuniarum angustiae "della qual cosa sembrano esser stata causa le ristrettezze pecuniarie di quel tempo". Cuius rei, illius aetatis sono sintagmi accessorî di secondo grado che determinano rispettivamente il predicato e il soggetto e che sono individuati formalmente per mezzo dei morfemi del genitivo; in italiano "della qual cosa", "di quel tempo" indicano lo stesso rapporto sintagmatico per mezzo delle parole accessorie della, di; inoltre "di quel tempo" deve in italiano essere spostato in fondo alla frase, perché, conservato a quel posto, specificherebbe "causa" e non "ristrettezze". Causae in base alla desinenza di nominativo viene messo in rapporto con angustiae; "causa" in italiano è definita come predicato semplicemente dalla sua posizione immediatamente successiva a quella del verbo sostantivo. Ciò non toglie che talvolta gli elementi morfologici italiani possano indicare categorie morfologiche più di quelli latini: "della qual cosa", "di quel tempo" distinguono il genere e il numero, mentre cuius e illius in latino indicano il solo numero.
I caratteri passivi rientrano nel concetto generale della "concordanza", nella quale si riassumono tutti i casi in cui un'aderenza fommale integra in modo utile o superfluo (mai necessario) un rapporto di sintagmi. I due casi tipici sono quelli in cui la concordanza conferma il rapporto di uguaglianza (fra il predicato e il soggetto) o di dipendenza fra il sintagma di terzo grado e quello (essenziale o accessorio) da essi determinato. La concordanza non ha in tutti questi casi manifestazioni costanti.
1. la categoria del numero lega il predicato (verbale e nominale sostantivale) al soggetto: la lode è premio, quelle parole premiano;
2. la categoria del numero e del caso (quando quest'ultima esiste) lega il sintagma di terzo grado sostantivale (o apposizione) al sintagma determinato: Deo patri. In italiano basta la concordanza del numero: a Dio Padre, a meno di non voler accentuare la qualità di "padre": a Dio, al Padre di tutti gli uomini, ecc.;
3. le categorie del genere e del numero legano il pronome relativo al nome che determinano: vir honestus, quem laudandum puto;
4. le categorie del genere, numero e caso legano infine in latino il predicato nominale aggettivale al soggetto e il sintagma aggettivale di terzo grado al sintagma da esso determinato bonus vir, vir est bonus, boni viri, bonorum virorum, pulchrarum rosarum e così via.
Queste regole non sono universali e in tedesco, è stato osservato sopra, sono diverse secondo si tratti di attributo o di predicato nominale aggettivale; in quest'ultimo caso meno rigide.
Talvolta esse producono degli inconvenienti quando si abbia un attributo o un predicato aggettivale riferito a due sostantivi di genere diverso: i bambini e le bambine sono buoni, le pesche e i fichi maturi; è evidente che non esistendo un terzo genere se ne sceglie artificialmente uno e si consacra l'uso del maschile.
Loro insufficienze. - Il rapporto che passa fra una successione di elementi formali e la serie di sintagmi che essi determinano non è però sempre quello di elementi subordinati rispetto ad elementi subordinanti. I caratteri formali sono legati anche fra di loro e bene spesso producono alterazioni tali che il sintagma non può più esser riconosciuto attraverso gli elementi formali che ne risultano, ma, nonostante i caratteri formali, deve esser ricostruito attraverso il contesto. Sono questi i fenomeni di "attrazione" che hanno un'importanza grande non per l'irregolarità in sé stessa, ma proprio perché mostrano un'associazione che agisce orizzontalmente, non ostante il diverso valore del sintagma: studiis doctrinisque in cui il plurale di doctrina è semplicemente "attratto" dal plurale studiis. Classico è l'esempio dell'attrazione del pronome relativo in greco, per cui una frase come della razza che Giove aveva donato può mostrare il relativo che al caso genitivo (anziché al caso accusativo che spetta all'oggetto), senza nessuna ragione addotta dal sintagma, ma solo perché "attratto" dal precedente genitivo: la concordanza cioè in genere e numero (v. sopra) si è estesa anche al caso.
Altre volte invece, più ancora che il sintagma, è la concorrenza di due categorie a produrre questi squilibrî: il collettivo si usa al singolare, ma è inseparabile da una nozione di pluralità e quindi un gruppo di soldati si rifugiava o un gruppo di soldati si rifugiavano sono due espressioni fra le quali regole letterali fanno grande differenza, ma che la natura del sintagma trova in realtà affini.
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza, rappresentano un esempio in cui il rapporto dei sintagmi e quello formale concorda: i resti che avevano disceso, ma il soggetto reale sembra essere "esercito". Il verbo al plurale è stato fortemente criticato, poiché non erano "resti" quelli che avevano discese orgogliosamente le valli. Ma poiché la contrapposizione degli stati d'animo è molto più efficace riferita ai singoli e non ad una massa, giustamente si risolve il problema, immaginando che "quelli stessi risalgono oggi in qualità di resti... quelle valli che avevano disceso in qualità di esercito".
Loro eterogeneità. - Risulta da queste considerazioni che un sistema di sintagmi occupa un piano autonomo e intermedio fra un sistema di significati e un sistema di forme. Tuttavia questa autonomia nel momento stesso che si accentua viene anche limitata, perché i mezzi attraverso i quali il rapporto sintagmatico è rappresentato sono, come è stato detto, di diversa natura. Quando si tratta di morfemi, rex pater patriae fuit, possiamo contrapporre senz'altro morfologia, studio di forme alternanti (pater patriae, patria patris, ecc.) e sintassi, studio dei rapporti sintagmatici di soggetto predicato e complemento di specificazione. Quando si tratta di parole accessorie: il re è stato il padre della patria, è un po' più difficile fare rientrare in uno schema morfologico il procedimento per cui occorrono otto parole e non morfemi per indicare gli stessi tre sintagmi. È certo che, sostanzialmenie, le cose non sono diverse e quindi la serie il re, del re, al re, ecc., può essere perfettamente paragonata al paradigma rex, regis; sta di fatto però che fra la declinazione scomparsa e la declinazione rinascente c'è stato un periodo in cui l'impiego delle preposizioni ha voluto dire qualche cosa di antiflessionale e perciò stesso di antimorfologico. Risulta da questo che i confini fra morfologia e sintassi non sono rigidi, ma oscillanti; che l'introduzione di parole accessorie al posto di un morfema rappresenta un ritrarsi dell'elemento morfologico a vantaggio di quello sintattico; che l'irrigidimento delle parole accessorie rappresenta la morfologizzazione di un procedimento originariamente sintattico.
È quindi molto importante distinguere il concetto di sintagmatico, rapporto di sintagmi e rapporto sintattico fra elementi superiori all'unità della parola. Le parole accessorie destinate a determinare sintagmi invece dei morfemi sono: articolo (v.), preposizione (v.), avverbio (v.).
Similmente l'ordine delle parole è in sé stesso un procedimento stilistico, cioè fa parte in teoria dell'impiego libero degli elementi linguistici nell'ambito delle regole vigenti. La necessità di distinguere i sintagmi fa sì che questa libertà nell'ordine delle parole venga limitata o dominata, allo scopo di dare la possibilità di distinguersi al sintagma soggetto e al sintagma oggetto; necessità elementare per cui l'ordine delle parole passa in pratica da criterio stilistico a criterio morfologico; ma questo non esclude che si tratti di un procedimento originariamente stilistico ormai morfologizzato.
Tipi di frase. - La distinzione classica di frasi nominali e verbali va attenuata dal punto di vista sintattico, perché la loro differenza non sta nella natura del rapporto fra sintagmi, ma semplicemente nel significato: constatazione d'identità del soggetto o azione compiuta dal soggetto. Se i sintagmi che determinano il predicato hanno caratteri formali diversi quando il predicato è nominale e quando è verbale, questo riguarda la sintassi dei sintagmi, non quella della frase.
Le frasi sono di queste categorie:
Frasi reali, quelle che, nominali o verbali, costituiscono un'unità organica con un sintagma soggetto espresso o sottinteso, con un sintagma predicato in cui il verbo o la copula hanno una forma pienamente verbale; non importa se sufficienti a costituire un periodo oppure no.
Frasi virtuali, distinte a loro volta in due specie: quelle che formalmente hanno un predicato verbale autonomo a cui non corrisponde però autonomia di significato (frasi impersonali: accadde che, perifrasi di una fomia narrativa; o bisogna che, perifrasi di una forma di comando); quelle che hanno significato pieno, ma per la forma ibrida del predicato verbale sono messe alla dipendenza sintattica completa di un'altra frase: ablativo assoluto, accusativo con l'infinito, nominativo con l'infinito, gerundivo. Gli stessi caratteri formali che determinano i sintagmi determinano le frasi virtuali di questo secondo tipo: morfema dell'ablativo nell'ablativo assoluto, preposizione ad nella formula oratio ad petendam pluviam, preposizione di nella formula ti prego di dire. Quelle del primo tipo sono invece equiparate formalmente a frasi reali e sono costruite con congiunzioni" (v. sotto): evenit ut...
Periodi. - Il periodo comprende una o più frasi reali che, per ragioni di significato, sono associate insieme e delle quali una, oltre che reale, è anche "principale". S'intende per principale una frase, la cui autonomia non è sottoposta a restrizioni da parte di altre frasi e, dal punto di vista della forma non è determinata da pronomi o parole accessorie che indichino subordinazione: i resti dell'esercito risalgono le valli, frase principale che gode di piena autonomia e non è caratterizzata da nessuna parola accessoria subordinante; che avevano disceso con sicurezza non è frase principale perché determina un'affermazione più vasta e perché è retta dal pronome relativo che. Ci possono essere periodi costituiti da parecchie frasi principali: il loro studio esorbita però allora dalla sintassi, perché l'associazione di frasi principali coordinate può essere accentuata o attenuata per mezzo di segni d'interpunzione e quindi la nozione di periodo può avere, per ragioni estranee alla struttura del "complesso di frasi", un'ampiezza maggiore o minore: questo rientra invece nella stilistica.
Le parole accessorie o congiunzioni che determinano il valore della frase sono destinate anzitutto a indicare un rapporto di natura determinata, di causa, di modo, di tempo. Esse possono alternarsi fra di loro coordinando oppure subordinando le proposizioni: enim di fronte a cum subordinante. Altre volte la coordinazione e la subordinazione si oppongono non attraverso due specie di congiunzioni, ma contrapponendo una congiunzione che determina tutta la frase e le attribuisce natura subordinata (dopo che) e un avverbio (dopo) che determina il solo verbo e quindi non intacca la natura principale della frase: dopo che avrai superato gli esami, riposerai: supererai gli esami e dopo riposerai. Una forma caratteristica di periodo è quella del periodo ipotetico: se passi, avrai un premio.
La categoria delle frasi reali, ma subordinate, si trova così alla fine di un lungo svolgimento sintattico: più antica è nelle lingue indoeuropee l'opposizione di frasi reali e virtuali, le quali ultime si trovano largamente attestate nelle costruzioni con gerundî, ben note nel sanscrito. Uno sviluppo larghissimo di proposizioni dipendenti mostra invece il latino. Una nuova tendenza "coordinante", accompagnata però da largo uso del gerundio, si ritrova in italiano. È prevedibile un ulteriore alleggerimento della struttura del periodo per lo stesso motivo già sottolineato a proposito della morfologia (v.): che cioè dopo essersi arricchiti di forme in un'età non troppo lontana da noi, gli uomini sanno ora indicare e comprendere le stesse sfumature, supplendo con un processo mentale di reintegrazione a indicazioni formali ormai onerose. Si confrontino in italiano le congiunzioni decadenti o fuori uso: imperocché, con ciò sia cosa che, allorquando, affinché; e quelle sinonime che finiranno per ridursi di numero: sebbene, quantunque; poiché, giacché, siccome.
Sintassi e stilistica, sintassi e morfologia. - Se si devono ora definire i rapporti fra la sintassi e le parti contigue della linguistica, rapidamente si trova il punto di confine fra sintassi e stilistica: la sintassi arriva fin dove ci sono regole, la stilistica arriva fin dove può agire una scelta individuale. Tutte le eccezioni alle regole della sintassi (ellissi, anacoluto) sono dominio della stilistica che non stabilisce regole, ma constata le risonanze affettive, gli effetti della singolarità di una parola o di un costrutto. Tutte le "regole" stilistiche non sono per sé stesse stilistiche, ma sintattiche: la litote è ormai un grado di comparazione per cui meno certo e dubbio, meno bello e brutto si trovano sulla stessa linea di non indegno, non immeritevole e degno, meritevole. Rientra la stilistica quando il procedimento formale della litote, invece di attenuare, finisce per accentuare: una disgrazia non indifferente è una disgrazia grave.
Più complessi sono i rapporti con la morfologia, intorno ai quali si sono svolte molte discussioni. Il loro fulcro è se si possa scindere lo studio delle forme (morfologia) dal loro impiego (sintassi): da quando J. Ries una trentina d'anni fa ha posto il problema, esso è stato risolto piuttosto affermativamente che negativamente e il nuovo ordinamento introdotto dal Brugmann nel Grundriss (vedi sotto Bibl.) ha largamente contribuito a questo successo. È lecito affermare, dopo quanto è stato detto sopra, che la questione con questa formula è mal posta. Una volta che noi parliamo di genitivo, dativo, locativo, è naturale che noi diciamo a che cosa servano queste "forme", e in linea di massima si può seguire il principio del Ries e del Brugmann. Le restrizioni da fare sono però numerose e gravi: 1. non esiste una caratteristica formale di tutti i genitivi, di tutti i dativi nelle lingue flessive: il genitivo latino termina in -ae, -i, -is, -us, -ei; 2. è difficile enumerare le serie dei rapporti morfologici corrispondenti alla flessione del nome nelle lingue prive di declinazione; 3. i rapporti sintagmatici non si chiamano rapporti di genitività, datività o simili, ma rapporti di specificazione, di strumento, di movimento: essi sono indipendenti dalla presenza di un numero maggiore o minore di morfemi. Perciò è lecito lasciare alla morfologia l'elenco degl'impieghi delle singole forme: ma sia ben chiaro che questo non è sintassi. E la sintassi può continuare a occuparsi dei singoli sintagmi, inferiori all'unità della frase, alla condizione però di abbandonare le categorie contraddittorie di "sintassi del genitivo" o del "dativo". La sintassi studia i rapporti, ad es., di specificazione e enumera la varietà più o meno grande di caratteri formali che ha a sua disposizione per rappresentarli.
I due piani morfologico e sintattico sono dunque diversi: i loro contatti, molteplici: ma una distinzione rigida non può essere tracciata fra due categorie non comparabili.
Bibl.: J. Ries, Was ist Syntax?, 2ª ed., Praga 1927; K. Brugmann, Grundriss der vergleichenden Grammatik der indogermanischen Sprachen, II, ii e iii, 2ª ed., Strasburgo 1913-1916; J. Wackernagel, Vorlesungen über Syntax, I-II, Basel 1920-23; V. Havers, Handbuch der erklärenden Syntax, Heidelberg 1931; W. Brondal, Morfologi og Syntax, Copenaghen 1933; W. Wundt, Völkerpsychologie, II, 2ª ed., Lipsia 1904; Travaux du Cercle linguistique de Prague, Praga, I-V; A. Meillet-A. Cohen, Les langues du monde, Parigi 1924; P. W. Schmidt, Die Sprachfamilien und Sprachenkreise der Erde, Heidelberg 1926.