SINOPIA
Terra rossa o "rubrica", in origine proveniente da Sinope nel Ponto, impiegata dagli antichi sia in pittura che per uso medicinale e composta generalmente da ossido di ferro, ma talvolta anche da ossido di piombo (minio).
È menzionata da Plinio (Nat. hist., xxxv, 13-16; xxxvi, 27), Vitruvio (De arch., vii, 7), Dioscuride (De mat. med., v, iii). Il termine ha trovato recentemente (secondo il Procacci in ambiente fiorentino dopo la seconda guerra mondiale) una sua nuova accezione per indicare quel disegno che la maggior parte dei pittori a fresco, soprattutto fra il 1200 e la metà del 1400, eseguivano, per lo più con terra di Sinope, sull'arriccio, per delineare una prima traccia della loro composizione. L'operazione è illustrata dal Cennini (Trattato della Pittura, Cap. lxvii): "...Togli un poco di sinopia senza tempera e col pennello puntio sottile, va tratteggiando nasi occhi e capellature e tutte stremità e intorni di figure; e fà che queste figure sieno ben compartite, con ogni misura, perché queste ti fanno conoscere e provedere delle figure che hai a colorire...". Lo stesso procedimento è stato riscontrato nella preparazione dei mosaici fin dal IV sec. d. C. (F. Forlati, in Arte Veneta, iii, 1949, p. 85; E. Kitzinger, in Enc. Univ. Arte, ix, c. 674), ma non è stato mai rilevato nell'esecuzione delle pitture murali antiche, tranne che in un unico esempio, recentemente notato da P. Mora nella Casa del Labirinto a Pompei, ove la riproduzione di un difficile prospetto architettonico suggerì forse all'artista l'impiego di questo mezzo inusitato.
Bibl.: P. Mora-G. Torraca, in Enc. Univ. Arte, XIII, c. 731, s. v. Tecnica; U. Procacci, Sinopie e affreschi, Milano 1961; M. P. E. Berthelot, Collection des ancients alchimistes grecs, Londra 1963; S. Augusti, I colori pompejani, Roma 1967; P. Mora, Proposte sulla tecnica della pittura murale romana, in Boll. Ist. Centrale Restauro, 1967, p. 84.