LEUCITE (dal gr. λεικός "bianco"), sinonimo Anfigene (dal gr. ἀμϕί "da ambo le parti" e rad. γεν- "generare")
Metasilicato di potassio e di alluminio K2Al2Si4O12 della composizione teorica percentuale SiO2 54,97, Al2O3 23,50, K2O 21,53. Piccole quantità di soda sostituiscono parzialmente la potassa.
La caratteristica sua forma cristallina è approssimativamente quella dell'icositetraedro {211} che fu chiamato, appunto perciò, leucitoedro. Misure accurate su buoni cristalli fecero osservare che ai tre spigoli di ciascun ottante non corrispondono angoli esattamente uguali, come sarebbe richiesto dalla simmetria della classe esacisottaedrica, e che inoltre secondo il piano {101} si ha una geminazione polisintetica costituita da sottilissime lamelle che formano spesso sulle facce dell'icositetraedro una fine striatura, come accade nelle geminazioni polisintetiche dei plagioclasî. Anche questo contrasta con la simmetria della classe stessa, nella quale la normale al piano (101) è asse digiro di simmetria. In seguito a tali osservazioni G. von Rath propose di considerare il minerale come appartenente al sistema dimetrico e il falso icositetraedro come la combinazione delle forme {111} e {421}. Ma la constatazione che anche secondo il piano (110), che in questa ipotesi sarebbe il prisma tetragonale di primo ordine, e quindi piano di simmetria, si verifica la geminazione polisintetica, fece concludere a C. Klein che alla leucite non potesse in definitiva essere ascritta una simmetria superiore a quella trimetrica con la combinazione p = {111}, r = {421}, t = {241} (fig.1). Conferma siffatta conclusione lo studio delle proprietà ottiche, da cui risulta che le fini lamelle di geminazione della leucite sono birifrangenti e biassiche (figg. 2 e 3).
C. Klein poté inoltre osservare nella leucite sottoposta a riscaldamento a 620° circa, una brusca trasformazione di fase, perché le lamelle di geminazione scompaiono e la sezione appare uniformemente isotropa. La trasformazione è reversibile; col raffreddamento alla medesima temperatura ricompaiono la geminazione polisintetica e la birifrangenza. Si tratta dunque d'un sistema enantiotropo (v. cristalli: Chimica), con due fasi, leucite α, stabile al disopra di 62°, monometrica, ed è la fase nella quale si consolida in un primo tempo dai magmi eruttivi, e leucite β, stabile al disotto di 62°, trimetrica. Il comune leucitoedro è una forma mimetica limite pseudomonometrica.
Allo stato perfettamente fresco la leucite è trasparente, incolora, con lucentezza vitrea e talora grassa sulle superficie di frattura; più spesso è opaca, bianca o gialliccia o grigiastra; ha durezza da 51/2 a 6, peso specifico da 2,45 a 4,50, sfaldatura, o scorrimento, assai imperfetti secondo {110} e frattura concoide. L'indice di rifrazione medio a temperatura ordinaria è 1,509, la birifrazione non è superiore a 0,001. Al cannello è infusibile, la fase α fonde sopra i 1800°. Viene facilmente decomposta dagli acidi comuni anche diluiti con formazione di sali solubili di alluminio e di potassio e di silice gelatinosa.
La leucite si altera facilmente trasformandosi in altri minerali. Comunissima è la trasformazione in caolino, frequente anche quella in un aggregato di feldspato e nefelina denominato pseudoleucite. Non rara la trasformazione in analcime, che si può ottenere anche artificialmente trattandola con soluzioni di sali di sodio.
La leucite in cristalli, o microscopici o di dimensioni anche considerevolî, è costituente essenziale di molte rocce effusive e dei tufi con esse collegate, più raramente di rocce intrusive (vedi leucitiche, rocce). Si trovano bei cristalli di leucite negli aggregati cristallini di minerali di Monte Somma, del Vulcano Laziale e degli altri apparati vulcanici dell'Italia centrale. Cristalli sciolti si rinvengono fra i prodotti della disgregazione di rocce leucitiche e più spesso di tufi leucitici; nell'eruzione vesuviana del 1855 si osservò una pioggia di cristalli di leucite vitrea trasparente. Fa parte dei proietti a costituzione mineralogica spesso assai complessa del Monte Somma, del Vulcano Laziale, del lago di Laach e del Kaiserstuhl.
Applicazioni della leucite. - Dal principio del secolo XX si è cominciato a considerare la leucite come una materia prima importante per l'estrazione di sali di potassio, di sali d'alluminio e dello stesso alluminio metallico. I primi tentativi di F. Millosevich e di U. Alvisi per la preparazione dalla leucite dell'allume e per la necessaria separazione di questo nei due componenti, rimontano al 1901; ma è merito di G.A. Blanc di averli ripresi, modificandoli e sviluppandoli fino alla creazione di un vero e proprio processo industriale applicabile su vasta scala. Fra le rocce leucitiche, che si trovano così diffuse e in masse tanto considerevoli nei vulcani dell'Italia centrale, quelle che meglio si prestano alla preparazione del minerale sono le leucotefriti (v. leucitiche, rocce). A Fontanaradina, sulle pendici del vulcano di Roccamonfina, a Carbognano e al Borghetto di Civitacastellana, nel sistema vulcanico di Vico, si trovano le principali cave di leucotefrite attualmente utilizzate. Dalla roccia, per successivi processi di triturazione, di crivellazione, di classificazione meccanica e infine di separazione magnetica, si ottiene un minerale al 95% di leucite, contenente dal 22 al 23% di allumina, dal 17 al 18% di potassa e dal 53 al 55% di silice.
L'attacco viene operato per mezzo di acidi ssopra la leucite in cristalli o in frammenti di cristalli. In questo modo la silice gelatinosa residua costituisce una massa permeabile e porosa, dalla quale si separa perfettamente la soluzione dei sali di potassio e di alluminio e attraverso la quale le soluzioni saline e la soluzione acida fresca circolano perfettamente. Durante tale circolazione viene anche eliminata, perché si fissa nella massa stessa dell'idrogelo, anche la silice colloidale in sospensione nella soluzione salina e che deriva da piccole quantità di leucite in polvere fina rimasta a contatto della granaglia che viene sottoposta all'azione dell'acido. Il processo con l'acido cloridrico è una lavorazione ciclica nella quale i liquidi residui sono usati per la ripresa dell'attacco. Il calore sviluppato durante la trasformazione degli ossidi in cloruri ammonta a circa 350.000 calorie per tonn. di leucite, il che è sufficiente a riscaldare la corrispondente massa di liquido, che è di circa 2,5 metri cubi, alla temperatura di 80° a 90° senza ricorrere a riscaldamento dall'esterno. Dalla soluzione calda e moderatamente acida contenente cloruri di potassio, di alluminio e, in quantità minore, di ferro viene separato con un successivo raffreddamento il cloruro di potassio, mentre restano integralmente in soluzione i cloruri di alluminio e ferrico, con una piccola quantità di cloruro di potassio. Da tale soluzione, acidificata per assorbimento di acido cloridrico gassoso, precipita a una temperatura di 500-600 il cloruro di alluminio quasi al completo, mentre il liquido residuale viene scaricato entro una vasca in cui viene raffreddato a 15°, ottenendo la separazione del cloruro ferrico con altre impurità.
Alla fine rimane una soluzione con un minimo di sali che ritorna in circolo per un nuovo attacco. I sali che si ottengono, cloruro di potassio e di alluminio, sono allo stato di grande purezza. Per ottenere il solfato di potassio il cloruro viene trasformato in solfato con acido solforico e l'aeido cloridrico liberato viene di nuovo utilizzato in ciclo. L'attacco diretto della leucite con acido solforico porta direttamente alla formazione di allume, cioè di un sale doppio difficilmente decomponibile nei suoi due componenti. Se l'attacco è fatto con acido nitrico, il processo di separazione dei due nitrati più importanti è diverso. Al liquido caldo al massimo grado di concentrazione si aggiunge acido nitrico in misura tale da potere ottenere col raffreddamento la precipitazione di tutto il nitrato di alluminio idrato puro, mentre restano nella soluzione acida nitrato di potassio con piccole quantità di nitrati di ferro e di altri metalli. Per evaporazione si separa il nitrato di potassio, e il distillato, che è una soluzione di acido nitrico eoncentrato, viene riutilizzato in ciclo.
Il cloruro o il nitrato di alluminio ottenuti con i metodi descritti vengono riscaldati entro tubi rotanti. Avviene così la loro decomposizione in ossido di alluminio (allumina) con emissione di acido cloridrico gassoso o di vapori nitroso-nitrici misti a vapor d'acqua. Gli acidi così ricuperati vengono utilizzati per l'acidificazione, come si è detto innanzi, delle soluzioni, allo scopo della separazione di nuove quantità di sali di alluminio. L'allumina ottenuta dalla demolizione termica degl'idrati del cloruro e del nitrato d'alluminio è stata denominata allumina Blanc, in quanto si differenzia nettamente dall'allumina Bayer e dall'allumina Hagkund.
Essa si scioglie più facilmente nella criolite fusa, il che, oltre al suo elevato grado di purezza - da sali di prima cristallizzazione si ottiene Al2O3 con meno di 0,05% di SiO2 e 0,05 di Fe., mentre da sali di seconda cristallizzazione si ha un contenuto complessivo di tali impurità inferiore allo 0,005% - la rende preferibile per la fabbricazione dell'alluminio.
Anche i sali di potassio (cloruro e nitrato) sono molto puri (oltre 99,5%). La silice residuale, dopo terminato l'attacco, viene legata e fatta essiccare all'aria fino a costituire una massa granulare opaca e candida che viene accuratamente sgretolata in fina polvere e poi ventilata e setacciata per separarla dai granelli della massa della roccia, che rimangono in piccole quantità con la leucite anche dopo un'accurata separazione magnetica. Per la sua grande purezza e per il notevole potere assorbente può trovare varie e interessanti applicazioni.
I processi Blanc sono stati provati in scala semi-industriale, prima a Cengio negli stabilimenti della S.I.P.E., poi a Bussi presso la Società italiana di elettrochimica. I risultati favorevoli hanno consigliato la creazione di un grande stabilimento ad Aurelia presso Civitavecchia per il trattamento del minerale con acido nitrico. Ora ad Aurelia è già completa, e in grado di funzionamento, un'unità atta alla lavorazione di 15 a 20.000 tonn. all'anno di leucite, ma è prevista l'estensione degl'impianti per aumentare di molto la potenzialità dello stabilimento. Una certa quantità di allumina è già stata elettrolizzata con ottimo successo a Borgofranco d'Ivrea.
La leucite presenta interesse in agricoltura sia come materia prima per la produzione dei sali potassici, sia anche per la possibilità di venire usata direttamente come concime potassico. Le esperienze fatte in proposito portano ad ammettere che, in determinate condizioni, essa possa essere adoperata con buoni risultati.
Bibl.: G. von Rath, Sitz. d. nat. hist. Vereins, Bonn 1883; C. Klein, Optische Studien aus Leucit, in Nachrichten v. d. k. Ges. d. Wissensch., Gottinga 1885; G. A. Blanc, Leucite as a source of alumina, potash and silica, in Transactions of the Istitution of chemical engineers, IX, Londra 1931, pp. 49-62.