SINIGARDI, Benedetto,
beato. – Nacque ad Arezzo intorno al 1190 da Sinigardo dei Sinigardi e da Lisabetta dei Tarlati da Pietramala.
La famiglia Sinigardi compare nella documentazione aretina dalla metà del Duecento; aveva le sue case in città in via Pellicceria, nel populus di S. Agnese (chiesa di cui deteneva il patronato), in una delle zone di più antica urbanizzazione, e apparteneva alla fazione guelfa.
La fonte principale per la vita di Benedetto è la Legenda latina composta nel 1302 da un certo Nanni di Arezzo e conservata in copia unica nel manoscritto Firenze, Biblioteca nazionale centrale (Palat. 266, cc. 314r-318r autografo di Francesco Redi, 1661 circa).
Di questo Nanni non sappiamo nient’altro eccetto che appartenne all’Ordine dei minori, probabilmente come terziario; gratuita è l’identificazione con il Giovanni da Arezzo corrispondente di Francesco Petrarca, avanzata da Corrado Lazzeri (1937, p. 50). La Legenda fu nota a Bartolomeo da Pisa (De conformitate..., 1906-1912, pp. 99, 253) e all’autore della Chronica XXIV generalium, attribuita comunemente ad Arnaldo di Sarrant (1897, p. 224), che la citarono in modo non letterale e vi aggiunsero alcuni particolari inediti; questo ha fatto ipotizzare a Girolamo Golubovich (Vita et miracula..., 1905, pp. 7 s.) l’esistenza di tre diverse redazioni del testo.
Della giovinezza di Benedetto ad Arezzo sappiamo molto poco. Secondo la Legenda ricevette l’istruzione scolastica nella sua città natale, dove visse in modo virtuoso digiunando tre volte alla settimana e distribuendo elemosine ai poveri. Prese poi l’abito francescano direttamente dalle mani di san Francesco quando questi si recò ad Arezzo, nel 1211 o nel 1214 (Cresi, 1958, pp. 13 s.).
In seguito, tra il 1216 e il 1219, rivestì la carica di ministro della provincia francescana della Marca Anconetana, carica in cui gli subentrò, nel 1221, frate Alberto da Pisa. Tra il 1221 e il 1237 fu ministro della provincia di Terrasanta e contribuì alla diffusione dell’Ordine in Grecia, Egitto, Siria e Palestina.
L’istituzione della provincia di Terrasanta (altrimenti detta di Oriente, di Oltremare, di Antiochia, di Grecia, di Romania) risale al 1217, quando, nel capitolo generale di Pentecoste tenuto alla Porziuncola il 14 maggio di quell’anno, si decise per la prima volta di inviare i frati anche in Oriente. Era divisa in tre custodie e nel corso del XIII secolo arrivò a contare quattordici conventi. La Legenda chiama Benedetto primo ministro di Terrasanta, ma in realtà fu preceduto in questa carica da frate Elia e, per poco tempo, da un certo frate Luca. Secondo Golubovich Benedetto entrò in carica intorno al 30 maggio 1221 e nel 1237 lasciò l’incarico a fra Vito da Cortona. La sede provinciale era a Costantinopoli, ma stando alla Legenda Benedetto risiedette ad Antiochia. Secondo Domenico Cresi (1958, pp. 18 s.) fin dalle origini la provincia fu divisa in due: da una parte la Terrasanta vera e propria, comprendente Siria, Palestina e Cipro, con sede ad Antiochia, dall’altra l’Impero latino e Costantinopoli. Questo spiegherebbe il titolo di ministro di Antiochia dato a Sinigardi. Ma altri (Golubovich, Martiniano Roncaglia) datano la divisione della provincia al 1263.
In Terrasanta Sinigardi fu protetto e stimato dagli imperatori latini di Costantinopoli, Roberto di Courtenay (1218-28) e Baldovino II (1228-61), che regnò inizialmente sotto la reggenza di Giovanni di Brienne (1228-37) già re di Gerusalemme. Secondo Bartolomeo da Pisa (De conformitate..., cit., p. 253) Benedetto avrebbe predetto spesso il futuro al giovane Baldovino II. Fu sempre lui a dare l’abito dei minori a Giovanni di Brienne poco prima della morte (23 marzo 1237). Inoltre, secondo la Legenda, convertì alla fede cristiana anche un servo del sultano d’Egitto e una donna musulmana, dopo averla guarita miracolosamente da una malattia al seno. Prese anche parte alle trattative di unione tra la Chiesa greca e quella latina che si svolsero nel 1234 a Nicea e a Nymphaion in Lidia. Questa sua attività ci è nota grazie alla Relatio dei due messi pontifici, Aimone di Faversham e Rodolfo di Reims: vi si legge che i due incontrarono Benedetto, allora ministro provinciale di Romania, a Costantinopoli, e che intavolarono trattative con il patriarca Germano II interrotte le quali, a metà marzo del 1234, quest’ultimo scrisse a Sinigardi pregandolo di agevolare la ripresa del dialogo. Nel 1245 papa Innocenzo IV lo incaricò di trovare presso i prelati d’Oriente il denaro necessario a sostenere il patriarca latino di Gerusalemme, Pantaleone Giustinian.
Secondo la Legenda in una data imprecisata Benedetto si recò in pellegrinaggio a Susa, in Persia, presso la tomba del profeta Daniele e da qui riportò un dito del profeta, reliquia che agli inizi del Trecento si conservava ancora ad Arezzo. Sempre stando alla Legenda, dopo aver visitato i luoghi santi fece ritorno ad Arezzo e durante il viaggio per mare avvenne l’episodio favoloso della visita di Benedetto al Paradiso terrestre, dove il santo avrebbe incontrato Enoc ed Elia.
Potrebbe essere Sinigardi quel «frater Benedicte» a cui è dedicata la francescana Legenda ad usum chori, attribuita tradizionalmente a Tommaso da Celano e redatta nel 1230 circa.
Intorno al 1237 Benedetto tornò nella sua città natale, dove si dedicò alla pacificazione tra le fazioni cittadine, seguendo l’esempio del santo di Assisi. In particolare, stando alla Legenda, egli avrebbe salvato miracolosamente dalla morte un membro della nobile famiglia Brandaglia, ferito dai suoi nemici nel corso di un agguato, facendogli promettere che avrebbe perdonato i suoi assalitori. La Legenda parla anche di altri miracoli generici operati dal beato ad Arezzo: guarigioni, esorcismi e profezie. Qui Benedetto istituì anche la pratica di recitare a compieta l’antifona Angelus locutus est Mariae, che fu approvata nel capitolo generale di Pisa del 1263 e si diffuse rapidamente in tutto l’Occidente cristiano.
Degli ultimi anni di vita di Sinigardi ad Arezzo non sappiamo molto. Tommaso da Pavia narra che quattro o cinque giorni prima della battaglia di Tagliacozzo (23 agosto 1268) due frati francescani (uno di Arezzo, l’altro, probabilmente, lui stesso), recatisi da Carlo d’Angiò, gli riferirono una profezia del beato aretino, secondo la quale il re avrebbe vinto la battaglia, e Carlo apprezzò questa profezia più che l’invio di mille cavalieri. L’ultima notizia che abbiamo su Benedetto risale al 31 ottobre 1277, quando rese testimonianza per l’indulgenza della Porziuncola insieme a frate Ranieri Mariani da Arezzo (talvolta confuso nella storiografia francescana con il beato Ranieri da Borgo Sansepolcro); la testimonianza si apre con la commossa rievocazione dell’ingresso di Benedetto nell’Ordine per volontà dello stesso san Francesco e della frequentazione amichevole con uno dei primi compagni del santo, frate Masseo da Marignano.
Sinigardi morì ad Arezzo dopo una breve malattia il 2 settembre 1282 (la data del 1242, che si legge nella Legenda, è quasi certamente dovuta a un errore di trasmissione) e fu sepolto nella chiesa dei minori, che allora si trovava sul Poggio del Sole. Il titolo di beato gli è dato dalla Legenda e dai Catalogi sanctorum francescani trecenteschi.
Nel 1314 i frati minori si spostarono dentro la città, portando con loro il corpo di Benedetto, che trovò sepoltura nella chiesa di S. Francesco. Per volontà della famiglia Sinigardi fu costruita una cappella in suo onore e fu posta un’iscrizione, oggi perduta, che recitava: «Arretii Benedictus ego Sinigardia proles / Vates et sacra religione minor. / Assirii patres mihi paruere ministro / Hinc digitum Daniel quem dedit ipse tuli. / Nunc vivo in cœlis et patria mea membra reservat / Inque meis quris turea dona fero» (Wadding, 1637, 1931, IV, p. 127). Luca Wadding riporta anche i seguenti versi scritti in suo onore, giudicandoli antichi: «Hic Syriæ in patriam digitum Danielis ademit / In patria tandem periit petiturum Olympum» (ibid.). Nel 1589 il corpo riposava in una «urna» di pietra (Centauro, 1990, p. 128) e nel 1627 fu trasferito in un sarcofago romano, dove si trova tuttora, con un’epigrafe di epoca moderna: «Corpus beati Benedicti Sinigardi Arretini Ord(inis) Min(orum) Con(ventualium)». Una ricognizione delle reliquie fu fatta il 4 maggio 1627, un’altra il 4 giugno 1929 dal vescovo di Arezzo Emanuele Mignone.
Fonti e Bibl.: Il testo della Legenda fu pubblicato per la prima volta su trascrizione del p. Girolamo Golubovich (1865-1941) da M. Faloci Pulignani, La leggenda del B. Benedetto d’Arezzo, in Miscellanea francescana di storia, di lettere, di arti, VIII (1901), pp. 5-8, poi da G. Golubovich in La Verna. Rivista illustrata francescana, III (1906), pp. 39-44 e in precedenza dallo stesso autore, con ampio commento, in Id., Vita et miracula B. Benedicti Sinigardi de Aretio Ord. Min. scripta per Nannem Aretinum a. 1302, Ad Claras Aquas 1905 (poi confluito in Id., Biblioteca bio-bibliografica della Terra Santa e dell’Oriente francescano, I (1215-1300), Ad Claras Aquas 1906, pp. 129-149). Tra le fonti medievali che parlano di Sinigardi si vedano: Tommaso da Pavia, Gesta imperatorum et pontificum, a cura di E. Ehrenfeuchter, in MGH, Scriptores, XXII, a cura di G.H. Pertz, Hannoverae 1872, pp. 522 s.; Chronica XXIV generalium, in Analecta Franciscana, III, Ad Claras Aquas 1897, pp. 224, 286; Bartolomeo da Pisa, De conformitate vitae beati Francisci ad vitam domini Iesu, ibid., IV-V, Ad Claras Aquas 1906-1912, IV, pp. 99, 253, 347, 519; Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, I-II, Bari 1966, p. 60. Si vedano inoltre: Catalogus sanctorum fratrum Minorum (del 1335 ca.), a cura di L. Lemmens, Roma 1903, pp. 14 s.; Provinciale Ordinis Fratrum Minorum vetustissimum (metà XIV secolo circa), a cura di C. Eubel, Ad Claras Aquas 1892, p. 59 n. 232; Catalogus sanctorum (del 1385-1399), in R. Paciocco, Da Francesco ai “Catalogi sanctorum”: livelli istituzionali e immagini agiografiche nell’Ordine francescano, Assisi 1990, p. 144.
L. Wadding, Annales Minorum, IV-V (1637-1642), Ad Claras Aquas 1931, IV, p. 127, V, pp. 27, 102; Acta Sanctorum Augusti VI, Anversa 1743, pp. 808-811; G. Golubovich, Serie cronologica dei reverendissimi superiori di Terra Santa, Gerusalemme 1898, p. 3; C. Lazzeri, Aspetti e figure di vita medievale in Arezzo, Arezzo 1937, pp. 49-57; M. Roncaglia, Storia della Provincia di Terra Santa, I, I Francescani in Oriente durante le crociate (sec. XIII), Il Cairo 1954; Les Frères Mineurs et l’Église grecque orthodoxe au XIIIe siècle (1231-1274), Il Cairo 1954, pp. 43-84; D. Cresi, Il beato B. S. d’Arezzo e l’origine dell’«Angelus Domini», Firenze 1958; G. Sabatelli, S., B., in Bibliotheca sanctorum, XI, Roma 1968, coll. 1229 s.; Bibliotheca Hagiographica Latina. Novum Supplementum, a cura di H. Fros, Bruxelles 1986, p. 130 n. 1096b, pp. 355-356 nn. 3136a-b; G. Centauro, Dipinti murali di Piero della Francesca. La basilica di S. Francesco ad Arezzo: indagini su sette secoli, Milano 1990, pp. 125, 128; G. Renzi, Beato B. S. (Frate B. da Arezzo) compagno di s. Francesco, iniziatore e divulgatore della preghiera “Angelus Domini”, Arezzo 1994.