SINGAPORE (XXXI, p. 844)
Posta nel punto di passaggio obbligato fra l'Oceano Indiano e il Pacifico, l'isola di Singapore (la Gibilterra dell'Oriente) venne dagli Inglesi particolarmente curata ed attrezzata dal punto di vista militare, adeguando costantemente le fortificazioni ai tempi e ai progressi delle armi e facendone una delle più formidabili piazzeforti del mondo.
Sull'isola - congiunta al continente da un'ampia diga in cemento, lunga circa 3 km., sulla quale la ferrovia e una rotabile scavalcano il canale di Johore - erano in corso, negli ultimi anni, nuovi lavori di fortificazione, che se non erano ultimati al momento dell'entrata in guerra del Giappone, conferivano alla fortezza una temibile potenza. Forti, armati con cannoni da 381 e da 452, batterie di minor calibro per la difesa vicina, gruppi di tubi lanciasiluri, sbarramenti di mine e ostruzioni marittime difendevano poderosamente il fronte a mare e rendevano intransitabile, senza il permesso britannico, lo stretto di Malacca. A Seletar era stata impiantata una base navale che disponeva di un bacino di carenaggio per navi da 50.000 t. e di un bacino galleggiante di uguale capacità. Erano stati costruiti, prosciugando il terreno paludoso, tre aeroporti militari (uno dei quali nei pressi della base navale) ed uno civile ad oriente della città di Singapore. Ubicate in prevalenza all'interno e verso la parte settentrionale dell'isola, erano numerose costruzioni: casermette in cemento armato per le munizioni, depositi viveri e materiali, e serbatoi di carburante, císterne per l'acqua, officine di riparazione. Anche gli isolotti, che contornano a meridione l'isola, come Ayer, Bukum, Sabarok, Blakang, Mati, St. John, erano stati armati con artiglierie di grosso calibro (380 e 406 mm.).
Singapore sarebbe stata pressoché imprendibile, se al fronte a terra fossero state dedicate le stesse cure che al fronte a mare. Invece, esso era stato assai trascurato nella convinzione che la penisola malese, con la selvaggia, impenetrabile giungla, costituisse un ostacolo assolutamente proibitivo per un grosso esercito moderno. Quindi, non solo - come s'è detto - il complesso logistico gravitava verso il canale di Johore, ma poche artiglierie avevano la possibilità di dirigere il loro tiro verso il continente e di esse quelle di grosso calibro, al momento dell'attacco giapponese, erano prive di munizionamento e quelle di piccolo calibro avevano una dotazione di solo trenta colpi per pezzo.
La "fortezza di Singapore" era comandata dal maggior generale F. Keith Simmons e in essa venne a rifugiarsi il generale Percival, con i resti delle truppe, che avevano vanamente tentato, fino al 31 gennaio 1942, di contrastare l'avanzata nipponica lungo la penisola malese (v. malacca, in questa App.).
I Giapponesi iniziarono il bombardamento dell'isola nei primi giorni di febbraio e, di sorpresa, la notte sul 9, verso l'i ant., arditi nuotatori traversarono lo stretto, disattivarono le mine e rimossero le ostruzioni retali; seguirono, su piccole zattere, alcuni reparti con artiglierie leggere, che presero terra nei pressi di Kranji. Si inoltrarono verso sud e investirono, di rovescio, la base navale di Seletar, mentre altri reparti - seguendo la ferrovia - occupavano Mandai. Riattata la diga, i Giapponesi alimentarono con maggiori forze l'attacco, respinsero un contrattacco tentato con truppe australiane dal gen. Bennest, si impossessarono dei principali depositi d'acqua. L'11 erano già nell'interno della città di Singapore, mentre resistevano con ostinato coraggio le truppe britanniche, che difendevano la base navale di Seletar, il porto di Singapore e talune fortificazioni. Ma, nel pomeriggio del 15, per la mancanza di acqua, per le perdite cui veniva sottoposta la popolazione civile e per l'enorme disparità delle forze, il gen. Percival decideva di capitolare. I Giapponesi catturarono oltre 70.000 uomini e ingentissimo materiale.
La flotta inglese ritornò a Singapore il 3 settembre 1945, con l'incrociatore Cleopatra; l'esercito sbarcò, in cinque punti dell'isola, il mattino del 5, a seguito di un accordo intercorso con le locali autorità giapponesi. Il 12, il gen. Itagaki firmò a Singapore l'atto di resa delle truppe nipponiche operanti nell'Asia sud-orientale.
Nell'isola di Singapore vivevano, nel 1947, 940.756 ab. dei quali 116.583 Malesi, 728.523 Cinesi, 71.300 Indiani e 8790 Europei (gli altri 15.560 sono in gran parte di sangue misto).