SINGAPORE.
– Demografia e geografia economica. Storia. Architettura
Demografia e geografia economica di Michele Castelnovi. – Stato insulare dell’Asia sud-orientale. Questo piccolo, ma popoloso Paese (5.517.102 ab. in soli 716 km2, secondo una stima UNDESA, United Nations Department of Economic and Social Affairs, del 2014, senza contare i milioni di pendolari e di turisti), fu fondato quasi dal nulla nel 1819, richiamando grandi masse di immigrati. Si stima che almeno il 40% dei residenti sia di provenienza straniera. Fino al 2010, ogni singolo cittadino doveva dichiarare di appartenere a una sola origine etnica, che normalmente era quella del padre: pertanto il dato demografico non teneva conto di tutte le combinazioni interetniche. Il censimento del 2013 riflette quel particolare tipo di impostazione: il 74,2% dei residenti si dichiarava di origine cinese (una parte dei quali, l’8,1% del totale, parlava il dialetto meridionale hokkien, tipico della provincia del Fujan), il 13,3% malese, il 9,2% indiana. Anche in questi ultimi dieci anni la popolazione è aumentata; la crescita deriva principalmente dalle immigrazioni, poiché le donne di S. fanno registrare la natalità più bassa a livello mondiale, con meno di 0,8 figli in media.
S. presenta un’altissima percentuale di urbanizzazione: è infatti considerata una città-Stato. Le sue attività principali sono concentrate attorno al suo storico ruolo di porto franco del capitalismo occidentale: ancora oggi funge sia da centro di smistamento (aereo e navale) sia da capitale mondiale dell’alta finanza. Si colloca nei primi posti delle classifiche mondiali del benessere, della qualità della vita, della ricchezza pro capite: tuttavia, non si deve dimenticare la presenza di stridenti diseguaglianze che separano la vita quotidiana dei non abbienti rispetto a un’élite abituata a consumi di altissimo livello. Alla fine del Novecento spesso si faceva uso dell’espressione tigri asiatiche per indicare il rapido sviluppo economico di quattro soggetti: S., Repubblica di Corea, Taiwan e Hong Kong.
Storia di Samuele Dominioni. – Nel primo quindicennio del 21° sec., la vita politica di S. continuò a essere dominata dal People’s action party (PAP), al potere dal 1959. Le elezioni politiche del 2006 – in cui il PAP si aggiudicò il 66,6% dei voti – furono segnate dal caso di James Gomez: intenzionato a candidarsi con la forza di opposizione del Workers’ party (WP), Gomez non fu ammesso alle consultazioni perché non aveva depositato presso il dipartimento elettorale l’apposito modulo. Il giorno dopo il voto, Gomez fu posto in stato di fermo per le presunte minacce rivolte a un ufficiale del dipartimento, venendo rilasciato poco dopo.
Gli anni seguenti continuarono a essere caratterizzati da un controllo pervasivo delle autorità su tutti gli ambiti della vita sociale, con metodi che furono aspramente criticati dalle organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Particolare preoccupazione fu evidenziata in merito alla legge sull’ordine pubblico del 2009, che poteva determinare ulteriori restrizioni al diritto di pacifica riunione e alla libertà di espressione. Gli spazi d’azione per le forze di opposizione risultavano inoltre assai ridotti, come dimostrava il caso del leader del Singapore democratic party Chee Soon Juan, più volte arrestato e a cui non fu consentito di partecipare alle elezioni del 2006 e del 2011 per bancarotta, non avendo pagato i danni per diffamazione agli ex premier Lee Kuan Yew e Goh Chok Tong. Come hub commerciale e centro finanziario internazionale, S. risentì degli effetti della crisi economica globale, ma dopo un rallentamento della crescita del PIL nel 2008 e una sua contrazione nel 2009 (−0,6% secondo il Fondo monetario internazionale), il Paese tornò a crescere nel 2010 (+15,2%).
Le elezioni di maggio 2011 videro una nuova conferma del PAP, che si aggiudicò la tredicesima vittoria elettorale consecutiva, ma subì anche un’importante perdita di consensi – oltre 6 punti percentuali – rispetto alle consultazioni del 2006. Lee Hsien Loong, figlio del ‘padre della patria’ Lee Kwan Yew e premier dal 2004, fu confermato nell’incarico, mentre nelle presidenziali del successivo mese di agosto, Tony Tan fu eletto capo dello Stato con il 35,2% dei voti. Negli anni successivi, si registrarono nel Paese alcune manifestazioni di dissenso. Nel novembre del 2012, alcuni autisti cinesi di autobus si astennero dal lavoro per protestare contro i salari troppo bassi e denunciare il trattamento economico discriminatorio rispetto a quello garantito ai loro colleghi singaporiani e malesi. Si trattava del primo sciopero – illegale – nel Paese dal 1986. Nel febbraio 2013 furono invece i cittadini di S. a protestare contro le politiche del governo sull’immigrazione, contestando un progetto che pianificava l’incremento della popolazione dello Stato fino a 6,9 milioni di persone nel 2030, con un aumento della presenza di stranieri nel Paese. Nel successivo mese di dicembre, violenti tumulti scoppiarono invece nel quartiere di Little India, dopo la morte di un lavoratore immigrato investito da un autobus: gli scontri con la polizia videro coinvolte circa 400 persone e alcuni veicoli furono incendiati.
Nel marzo del 2015, Lee Kuan Yew morì all’età di 91 anni: nel Paese furono dichiarati sette giorni di lutto nazionale. Nel mese di settembre, con un anno di anticipo rispetto alla naturale scadenza, si tennero le elezioni: il PAP, nuovamente vincitore, ottenne un risultato superiore alle aspettative, conquistando il 69,9% dei voti, la migliore percentuale dalle elezioni del 2001.
Architettura di Leone Spita. – Dopo l’espulsione dalla Federazione malese (1965) S., da malfamato scalo sulla rotta per la Cina, ha saputo trasformarsi in un simbolo di efficienza e di ordine. La sua vivacità economica, culturale ed edilizia ha trovato nuovi territori bonificando le aree dello stretto di mare che collegano l’Oceano Pacifico all’Indiano, con la conseguente attuale alterazione della geografia dell’isola che negli ultimi cinquant’anni ha visto livellate le sue già modeste asperità per trasferire sulla costa la terra delle colline abbattute.
Se la crescita in verticale è stata una scelta quasi obbligata per lo sviluppo urbano, data l’esiguità del territorio, al contrario la spettacolarità dell’architettura, con vocazione futuristica, ha rappresentato una decisione ponderata – con risvolti economici, politici e sociali –, una visione sulla quale sono stati fondati il massiccio rinnovamento urbano e la rapida modernizzazione della città-Stato.
Uno dei più importanti e iconici progetti realizzati negli ultimi anni è il Marina bay sands (2011, Moshe Safdie) che consiste nell’aggregazione, sull’omonima baia, di tre grattacieli di 55 piani (con all’interno un centro convegni, un hotel e spazi commerciali) che sospendono a 200 m di altezza una piscina panoramica. Dello stesso architetto israeliano anche l’Artscience Museum (2011) che si ispira a un fiore di loto i cui petali contengono spazi espositivi.
Tra i progetti che hanno contribuito ad accrescere la fama di S. come luogo di sperimentazione architettonica – collage di immaginifiche tecnologie importate e di istanze culturali locali – emergono: la National Library (2005) del malese Ken Yeang, da sempre impegnato nel progetto sostenibile; l’Helix Bridge (2010, Cox Rayner Architects con Arup e Architects 61), un ponte pedonale a doppia elica in vetro e acciaio, che collega la parte centrale della baia con quella meridionale; la Reflections at Keppel Bay (2011, Studio Libeskind), un complesso di torri residenziali dal profilo curvo e le sommità acuminate; la Singapore School of the arts (2011, WOHA) che unisce spazi per l’educazione e aree espositive; il One Raffles place tower 2 (2012) uno dei più rappresentativi grattacieli nel quartiere degli affari realizzato da SAA Architects, importante studio locale che dagli anni Settanta ha contribuito a ridisegnare il volto della città. Infine, la Singapore life church (2013, LAUD Architects), singolare edificio rivestito da una pelle interattiva che sostituisce un precedente volume modernista.
Si segnala inoltre il progetto Public art, un intervento che propone l’allestimento, nei punti nevralgici della città, dei lavori di noti scultori locali e internazionali; un’ideale passeggiata artistica che testimonia l’interesse dell’amministrazione di S. di attrarre un turismo culturale. Trasformare S. in un vibrante luogo delle arti è infatti un chiaro obiettivo dell’amministrazione municipale: ne sono prova l’istituzione della Singapore Biennale (dal 2006) e la proposta di ospitare a S. il settimo World architecture festival (2014).
Il culto della modernità e l’intento di stupire hanno ormai cancellato il carattere coloniale di S., ma, allo stesso tempo, hanno esaltato e costruito, con programmata intenzionalità, l’immagine di una città ancora immersa in un giardino tropicale. Agli storici Botanic Gardens si affianca sul waterfront della città un progetto che declina in chiave contemporanea il tema del giardino. In un’area di 101 ha è stato progettato un monumentale intervento alla scala del paesaggio. Il complesso è costituito dai Gardens by the bay (2011, Wilkinson Eyre Architects e Grant Associates), un lussureggiante giardino nel quale 162.000 piante crescono tra 18 strutture ferrose che astraggono l’immagine dell’albero (supertrees) e nascondono un dispositivo per la produzione di energia rinnovabile, e da due gigantesche serre, Flower done e Cloud forest, all’interno delle quali sono state riprodotte le condizioni climatiche mediterranee e tropicali.