sinafia
Termine della metrica classica che viene adoperato, sia pur raramente, dagli studiosi di metrica romanza per indicare la sinalefe fra vocale finale di verso e iniziale del verso seguente. In questo senso non si ha s. nella poesia dantesca.
In senso più restrittivo si potrebbe forse pensare alla s. quando la vocale finale del ternario negli endecasillabi di Poscia ch'Amor (Rime LXXXIII) va a fondersi con la vocale con cui inizia l'altra parte dell'endecasillabo, come in ch'è nato in noi, di chiamare a ritroso (v. 9), e in avante infino a tanto che s'asconde (v. 98).
Ma in realtà si tratta di sinalefe: come infatti appare nei versi del tipo disvia cotanto, e più che quant'io conto (v. 60), " le sillabe sono tre, qualora si contino materialmente sulle dita di una mano; ma Dante, che si tien fermo agli accenti principali dell'endecasillabo e ne considera il ritmo unitario, non concede alcuna pausa forte dopo l'accento della rima interna " (M. Casella, Endecasillabi di dodici sillabe?, in " Studi d. " XXIV [1939] 90).