SIMPATIA
Il senso per cui il concetto di simpatia ha trovato luogo nelle dottrine filosofiche non è quello che questo concetto immediatamente possiede nel linguaggio comune (sentimento di affinità, e di conseguente attrazione, che una persona prova verso altra persona o cosa), ma quello etimologicamente originario, che di tale significato ulteriore è del resto il presupposto storico. Il termine greco di cui esso è trascrizione (συμπάϑεια, da σύν "con" e πάϑος "affezione" - cioè stato di chi subisce una data azione o situazione piacevole o dolorosa, ma con prevalenza di quest'ultima possibilità - e quindi spesso "sofferenza, dolore") designa infatti la comunanza che si manifesta tra più esseri in quanto sono soggetti delle medesime affezioni: e perciò può essere adoperato per designare tanto un'affinità oggettiva delle cose quanto una partecipazione soggettiva di una persona allo stato d'animo di un'altra. Nel primo senso, il concetto di "simpatia" acquista cittadinanza filosofica principalmente con lo stoicismo, che designa con esso la profonda comunanza e armonia di tutte le cose in quanto costituite dall'unico principio cosmico. Dallo stoicismo, specialmente per opera di Posidonio, il concetto passa al neoplatonismo plotiniano, e da esso al neoplatonismo e naturalismo del Rinascimento in Italia (Pico, Patrizzi, Cardano, Campanella), in Germania (Paracelso, Agrippa, i due van Helmont) e in Inghilterra (F. Bacone), fino alle sue propaggini romantiche. Nell'altro senso (che ha del resto origini anche più antiche, risalendo ad Aristotele, e che compariva pure nel neoplatonismo in quanto tra gli esseri collegati dalla "simpatia" universale erano anche le anime) il concetto acquista invece particolare importanza nella morale inglese del Settecento, la quale, orientata o verso un empirismo eudemonistico o verso un'etica del sentimento, doveva naturalmente vedere nella simpatia, in quanto partecipazione al sentimento altrui, il fondamento di ogni rapporto morale. È da ricordare, infine, come etimologicamente una "simpatia" sia anche il Mitleid dello Schopenhauer, cioè la "compassione" che ogni individuo deve sentire per gli altri, al pari di lui partecipi della sofferenza cosmica, e che costituisce perciò il fondamento di ogni norma etica.