GHILINI, Simonino
Nacque ad Alessandria verso la fine del sec. XIV da Andrea, notaio e decurione della città.
Non abbiamo notizie circa i suoi anni giovanili e la sua formazione culturale, anche se è verosimile che egli avesse maturato una buona competenza in ambito giuridico, frequentando forse il vicino Studio pavese, e in quello letterario, come si evince dalla sua amicizia con alcuni degli umanisti più noti del tempo. Appresa l'arte militare, si trasferì, forse al seguito dello zio Cristoforo, a Milano, dove entrò ben presto a far parte dei familiares del duca.
Nel 1432 venne inviato a Cremona da Filippo Maria Visconti, con il compito di convincere Francesco Sforza a presentarsi alla corte milanese per rendere ragione di alcune sue iniziative: secondo le istruzioni ricevute (riportate dai seicenteschi Annali di Alessandria di G. Ghilini) avrebbe dovuto far uso della forza "e anche ammazzarlo se avesse ricusato di venire". La missione ebbe pieno successo: lo Sforza si recò a Milano insieme con lui e fu ricevuto dal duca, "che lo riammise alla sua grazia" (ibid.). Nello stesso periodo, o al più tardi l'anno seguente, il G. fu impegnato in trattative con Stefano di Maramonte, già comandante delle truppe venete, passato al servizio dei Visconti: doveva organizzare una serie di azioni offensive contro Venezia in accordo con Giorgio d'Albania. Doveva inoltre verificare, in veste di procuratore ducale, le disponibilità del papa, dei Veneziani e dei Fiorentini a giungere a un'intesa di pace o a firmare una tregua. Grazie ai buoni uffici del G., nel 1433 il fratello Lorenzo venne nominato dal duca di Milano giudice delle vettovaglie, carica che mantenne per diversi anni. Il 15 dicembre di quello stesso anno ottenne, per sé e per il fratello, un privilegio di esenzione da tutti i carichi fiscali, valido per l'intero Ducato, dello stesso tenore di quello già concesso nel 1429 allo zio Cristoforo. Tale privilegio fu poi rinnovato nel 1437. Nell'agosto 1436 Filippo Maria concesse al G. facoltà di nominare un notaio per l'ufficio di Provvisione ed egli confermò nell'incarico Giovanni de Grossis, che già lo ricopriva.
Entrato stabilmente nella Cancelleria ducale, dal 1436 il G. ci appare come "segretario e relatore", con la funzione soprattutto di raccogliere le suppliche e di presentare, per l'approvazione, ai consiglieri ducali gli incartamenti a esse relativi. Nel corso del 1437 passarono al suo vaglio parecchie missive relative all'operato di N. Piccinino in Toscana e nelle Marche; ai movimenti del re d'Aragona; alle ritorsioni adottate dalla lega antiviscontea contro i mercanti e le merci milanesi; alle iniziative di pace affidate al marchese di Niccolò (III) d'Este; ai sospetti fiorentini; alle proposte di spostare il concilio a Firenze; all'attività militare in Toscana di Francesco Sforza, condottiero della lega, e alle difficoltà dei rapporti tra quest'ultimo e il governo della Serenissima, a causa delle quali il conte si diceva disposto a passare dalla parte viscontea.
In una lettera del 16 agosto Antonello Arcimboldi, comandante delle lance ducali, si difendeva dall'accusa di comportarsi in modo sconveniente nei confronti di altri condottieri ducali e in particolare del conte Luigi Dal Verme, seminando tra loro discordia e divisione. In un'altra del 25 novembre, che attesta tra l'altro l'esistenza di rivalità all'interno dei funzionari di corte, Iacobo "Becchetus" chiedeva al G. indicazioni sulla condotta da tenere nel corso di un'udienza con il duca di Milano.
Per l'impegno prodigato nel suo ufficio, il 28 maggio 1438 il G. ottenne da Filippo Maria i feudi di Gamalero e di Borgoratto nell'Alessandrino, con piena disponibilità su castelli, possessioni, molini e dazi a essi pertinenti. La concessione ducale stabiliva che tali feudi fossero separati dalla giurisdizione della città di Alessandria, dove il G. aveva la sua dimora. Essi si aggiungevano così ai beni che il G. possedeva in quell'area: un mulino e terreni nei pressi di Vaprio lungo l'Adda, cui si aggiunsero quelli di Castelceriolo.
All'inizio di giugno dello stesso anno il G. fu inviato dal duca nella Marca d'Ancona in missione presso Francesco Sforza per comunicargli che Filippo Maria era pronto "ad adottarlo come un figlio".
L'attività del G. durante il 1439, sul piano amministrativo e su quello diplomatico, è testimoniata da numerose fonti documentarie. La sua presenza in Cancelleria, infatti, è provata dalle registrazioni e dalle note da lui apposte sul verso di numerosi atti, come per esempio quello del 7 dicembre relativo al permesso di transumanza per la Valle Brembana concesso a un allevatore di Zogno, nel Bergamasco; o l'altro, del 15 dello stesso mese, relativo alla nomina di Francesco Castione a commissario della flotta ducale. D'altra parte, il coinvolgimento del G. sul piano diplomatico, che attesta tanto la sua maturità professionale quanto la fiducia in lui riposta da Filippo Maria, è provato dalle importanti missioni che egli svolse allora. Il 22 luglio 1439 fu tra i firmatari della procura affidata dal duca al vescovo di Como, Gerardo di Landriano, per trattare pace e alleanza con Venezia, Firenze e Genova. Nello stesso periodo di tempo prendeva contatto, in nome e per conto del duca di Milano, con lo Sforza. Il 27 ottobre era tra i firmatari della procura data a Marco Secco per stringere un'intesa con il vescovo di Trento. Lo stesso giorno figura tra i sottoscrittori dell'incarico affidato a Corrado Del Carretto per giungere a un accordo con Alberto II re dei Romani. Il 19 ag. 1440 ricevette da Filippo Maria la procura per trattare il matrimonio tra la figlia del duca, Bianca Maria, con uno dei figli di Niccolò d'Este e per concludere un'alleanza con quest'ultimo e con qualunque altro capitano disponibile a servire il duca. La stessa iniziativa diplomatica veniva tentata dieci giorni dopo. Il 7 ottobre fu rinnovata l'offerta matrimoniale al giovane Leonello d'Este, dietro promessa di un'azione ufficiale presso la Sede apostolica per ottenere l'annullamento degli impegni già presi con lo Sforza.
Il 20 settembre il G. venne incaricato di cercare un accordo di pace con le potenze della lega. Aveva ricevuto però nel contempo, insieme con Francesco di Landriano, precise disposizioni per consegnare allo Sforza, capitano generale della lega, Bianca Maria, la quale portava in dote allo sposo Cremona e Pontremoli, avamposti viscontei in aree di interesse, rispettivamente, di Venezia e di Firenze; otto giorni dopo il G. giungeva a un accordo con il condottiero Cesare Martinengo. Il 2 ottobre aveva ordine di annunziare allo Sforza che il duca era pronto a dargli la figlia e che, in caso di diniego, si sarebbe sentito libero da ogni promessa. Il 7 ottobre ebbe una nuova procura per giungere a un compromesso con la lega e per rinnovare al conte - cui era anche chiesto un giuramento di fedeltà al duca - le promesse di matrimonio con Bianca Maria: la missione fallì per la reciproca diffidenza delle parti.
Il G. proseguiva intanto nelle trattative per giungere alla pace: nel gennaio 1441 si incontrò con gli ambasciatori veneziani e a febbraio ebbe nuovi incontri con esponenti della lega. Proseguiva però nel contempo le trattative con lo Sforza in vista del matrimonio con Bianca Maria e della consegna di Cremona e Pontremoli che, in attesa dell'evento, furono poste sotto il controllo del marchese estense. Il 20 giugno il G. compare tra i firmatari della richiesta presentata al papa perché conferisse a Filippo Maria il titolo di gonfaloniere della Chiesa. Le trattative di pace tra Venezia e Milano si interruppero per le nozze di Francesco Sforza con Bianca Maria (24 ott. 1441), la quale era giunta a Cremona scortata dal G. e da altri tre dignitari viscontei. Il 20 novembre venne firmata la pace tra il duca e la lega. Tuttavia, già nell'autunno 1442 il G. fu inviato da Filippo Maria in missione presso il re di Napoli, Alfonso d'Aragona, per convincerlo a muovere contro lo Sforza. Si giunse così alla stipula di una lega in funzione antisforzesca tra Filippo Maria, il re Alfonso e il papa Eugenio IV: in base agli accordi allora stretti, il duca si impegnava a riconquistare i domini dello Sforza nelle Marche in favore del pontefice (30 nov. 1442).
Le truppe napoletane e il Piccinino ebbero il sopravvento sugli armati dello Sforza che fu costretto a rinchiudersi in Fano, presso Sigismondo Malatesta. A salvarlo dalla rovina fu ancora una volta il duca, che non voleva il successo del Piccinino e del re d'Aragona. Infatti, il Visconti prese contatti con il genero, tramite il G., invitandolo ad avviare trattative col papa. Il 25 ag. 1443 il duca informò il re che il conte aveva desistito dai suoi propositi di ribellione ed era rientrato nella sua devozione. Poiché il sovrano aragonese proseguì le operazioni militari, mostrando di ignorare i patti sottoscritti, il duca gli inviò una dichiarazione del G., in cui quest'ultimo attestava di avere ricevuto dal re la promessa della rinuncia alle ostilità qualora lo Sforza avesse recuperato la grazia ducale.
In quello stesso periodo deve essere collocata la richiesta al papa da parte del Visconti di promuovere il G. alla cattedra ambrosiana, allora vacante: "quando per la felice recordatione del signore duca Philippo fu supplicato del arcivescovato di Milano in persona de S. Ghiglino, non lo volse may fare papa Eugenio[IV], tantum modo perché era mero layco" (Arch. di Stato di Milano, Archivio Sforzesco, Carteggio Sforzesco, cart. 60, doc. 9 luglio 1466). La richiesta non venne presa in considerazione dal papa, che la giudicò una provocazione o "uno scherzo".
Dal 1444 il G. figura, negli atti della Cancelleria, come consigliere ducale, carica che ricoprì fino alla morte. Alla fine di luglio dell'anno successivo appare citato in una lettera in cui si ordinava ai Pavesi di sostenere le spese relative al mantenimento del presidio di stanza nella loro città. Dopo la morte di Filippo Maria - secondo il Litta - il G. si ritirò nella sua città natale, dove nel 1447 appoggiò, senza successo, il tentativo francese di annettere l'Alessandrino. Nel 1449 in casa sua venne redatto l'atto di consegna di Alessandria al marchese del Monferrato. Schieratosi in seguito con lo Sforza, il G. era a fianco di quest'ultimo quando nel 1450 il condottiero entrò, insieme con Bianca Maria, in Milano. Fu ripagato dal nuovo duca per la sua fedeltà con la nomina a "presidens in castris", cioè commissario ducale per gli accampamenti militari.
La pace tra Milano e Alessandria, favorita dal G., gli riaprì le porte della città natale: in due missive del 17 e del 18 giugno 1450 lo Sforza ordinò al suo luogotenente in Alessandria che il G. fosse reintegrato in città e che gli fossero restituiti i beni e soprattutto il possesso di Gamalerio. Il nome del G. ricorre in un'altra lettera ducale del 13 febbr. 1451 diretta ai consiglieri Arcimboldo e Cotta, relativa al nuovo estimo di Pavia, da redigersi - si raccomandava - sul modello di quello precedente, compilato dal G. al tempo di Filippo Maria.
È questa l'ultima notizia a noi nota sull'attività del G., la cui morte dovette verosimilmente avvenire in quel periodo.
Il G. non fu estraneo alla cultura dell'umanesimo letterario che dominava a Milano e nella corte; fu a contatto con i letterati del tempo e amico di Pier Candido Decembrio, il quale gli concedeva in lettura i libri della sua biblioteca, talvolta anche i propri scritti, e lo informava per lettera dei suoi lavori e dei suoi studi. Nel 1438 il G. presentò a Filippo Maria una sua traduzione in volgare delle Storie di Quinto Curzio Rufo. In altra occasione, per conto dell'autore, il G. presentò al duca il Libellus feudorum di Bartolomeo Barattieri, trascrizione e commento del De feudi cognitione di Oberto Dall'Orto. Forse il G. possedeva anche una biblioteca; certo amò avere qualche codice, come risulta dalla nota di possesso che compare in una copia della Historia Mediolanensis di Andrea Biglia, donatagli da Giovanni Francesco Gallina.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Arch. Sforzesco, Registri delle missive, II, 1, pp. 21-24 (cc. 66v-67r); II, 5, p. 1003 (c. 381v); J. Simoneta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium ducis commentarii, a cura di G. Soranzo, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXI, 2, p. 110; P.C. Decembrio, Vita Philippi Mariae III Ligurum ducis, a cura di A. Butti - F. Fossati - G. Petraglione, ibid., XX, 1, pp. 397 s.; Documenti diplomatici tratti dagli archivi milanesi, a cura di L. Osio, III, Milano 1872, pp. 136 s., 140 s., 181-189, 211-220, 232-234, 294; Carte alessandrine dell'Archivio di Stato di Milano, a cura di F. Gasparolo, Alessandria 1904, pp. 5-7, 34, 229; I Registri viscontei, a cura di C. Manaresi, Milano 1915, pp. 81, 87-89; Gli atti cancellereschi viscontei, a cura di G. Vittani, I, Decreti e carteggio interno, Milano 1920, pp. 19, 41, 48-50, 55, 87, 201-204, 208, 212 s., 237; II, Carteggio extra dominium, ibid. 1929, pp. 96-99, 110, 164; I registri dell'Ufficio di provvisione e dell'Ufficio dei sindaci sotto la dominazione viscontea, a cura di C. Santoro, Milano 1932, pp. 365, 376; A.R. Natale, Stilus Cancellariae. Formulario visconteo-sforzesco, Milano 1979, pp. XIV, XXVI, 3, 41 s.; M. Daverio, Memorie sulla storia dell'ex Ducato di Milano, riguardanti il dominio dei Visconti, estratte dall'archivio di quei duchi, Milano 1804, pp. 156-158, 163, 166; C.A. Valle, Storia di Alessandria dall'origine ai nostri giorni, IV, Torino 1855, p. 371; G. Mazzatinti, Alcuni codici latini visconteo-sforzeschi della Biblioteca nazionale di Parigi, in Arch. stor. lombardo, XIII (1886), pp. 26, 29; M. Borsa, Pier Candido Decembrio e l'umanesimo in Lombardia, ibid., XX (1893), pp. 26, 42-44, 424 s.; G. Ghilini, Annali di Alessandria, a cura di A. Bossola, I, Alessandria 1903, pp. 457-473 passim; F. Fossati, Per la storia di Filippo Maria Visconti, in Arch. stor. lombardo, LIII (1926), pp. 392 s.; G.P. Bognetti, Per la storia dello Stato visconteo. Un registro di decreti della Cancelleria di Filippo Maria Visconti, e un trattato segreto con Alfonso d'Aragona, ibid., LIV (1927), p. 309; F. Guasco, Tavole genealogiche di famiglie nobili alessandrine e monferrine dal secolo IX al XX, VI, Casale 1930, tav. I; F. Fossati, Bibliografia. Inventari e regesti del R. Archivio di Stato di Milano, in Arch. stor. lombardo, LVIII (1931), pp. 371, 380; G. Barbieri, Economia e politica nel Ducato di Milano, 1386-1535, Milano 1938, p. 88; F. Cognasso, Il Ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 339-341, 345, 350-353; I codici medioevali della Biblioteca Trivulziana. Catalogo, a cura di C. Santoro, Milano 1965, p. 326; M.F. Baroni, I cancellieri di Giovanni Maria e di Filippo Maria Visconti, in Nuova Rivista storica, L (1966), pp. 410 s.; C. Santoro, La politica finanziaria dei Visconti. Documenti, III, Gessate 1983, pp. 357 s.; M.N. Covini, Per la storia delle milizie viscontee: i famigliari armigeri di Filippo Maria Visconti, in L'età dei Visconti. Il dominio di Milano fra XIII e XV secolo, a cura di L. Chiappa Mauri - L. De Angelis Cappabianca - P. Mainoni, Milano 1993, pp. 56-58; C. Belloni, Francesco della Croce. Contributo alla storia della Chiesa ambrosiana nel Quattrocento, Milano 1995, pp. 19, 59, 166 s.; F. Somaini, La "stagione dei prelati del principe": appunti sulla politica ecclesiastica milanese nel decennio di Galeazzo Maria Sforza (1466-1476), in Milano, I (1997), pp. 7-63 passim; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Ghilini di Alessandria, tav. I; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana", C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, p. 441.