POGGI, Simone Maria
POGGI, Simone Maria. – Nacque a Castel Bolognese il 27 maggio 1685 da Giacomo e da Faustina Linguerri.
Studiò a Bologna grammatica, umanità e retorica alle scuole gesuitiche di S. Lucia, avendo come maestro padre Pietro Piovene (Roma, Biblioteca nazionale centrale, Gesuitico, 2, c. 39r), poi antiquario del duca di Parma, e proseguì con gli studi filosofici prima di entrare in noviziato.
Entrato nella Compagnia di Gesù il 26 ottobre 1705 nel noviziato di Novellara, vi emise i voti semplici il 27 ottobre 1707; fu successivamente nel collegio di Piacenza (1708), nella casa professa di Busseto (1709), e ancora nel collegio piacentino (1710-12). In questi primi anni, dal 1708 al 1712, insegnò grammatica, umanità e retorica. Seguì la teologia al collegio bolognese di S. Lucia (1713-16), essendo ripetitore al collegio convitto di S. Luigi Gonzaga negli anni 1713-14. Nel 1717 fu nel noviziato di Bologna durante il terzo anno di probazione, terminato il quale fu trasferito nello stesso anno al collegio dei nobili di Brescia, dove riprese l’insegnamento della retorica e rimase fino al 1719. Nel 1720 fu al collegio di Padova, dove fece la professione dei quattro voti il 2 febbraio 1720, e poi fu di nuovo a Bologna, al collegio di S. Luigi Gonzaga (1721-22), dove svolse l’incarico di «accademico», il padre gesuita deputato a sovrintendere alle attività accademiche e alla pratica teatrale dei collegi.
Dal 1723 al 1730 fu presso il collegio dei nobili di Parma, uno dei più accreditati tra i seminaria nobilium del tempo, dove fu accademico e per otto anni scolastici direttore dell’Accademia degli scelti del collegio, che raccoglieva i convittori più brillanti (Gesuitico, 3, c. 3r).
Gli anni di accademico, a Bologna e a Parma, furono un periodo assai fecondo per Poggi. A Bologna fece rappresentare con favore di pubblico sue tragedie come l’Agricola e il Saulle. A Parma compose testi occasionali a onore della casa regnante, opere teatrali e dialoghi satirici per gli intermezzi scenici, testi per le azioni accademiche dei nobili collegiali, tra i quali sette Accademie della Passione (1723-30) (Gesuitico, 3, 62, 64).
Intensa la sua produzione teatrale, conservatasi manoscritta. Oltre all’Idomeneo, scrisse altre tragedie (Antenore, Agricola, Saulle, Bajazette, Enzio, Cosroe, Ciro, Il don Fernando de Castro o sia il perdono più vantaggioso della vendetta), ma anche favole pastorali (L’Erminio di Frigia, I fratelli amici) e alcune commedie (traduzione e ampliamento dell’anonima Il Pitagorico o sia l’uomo de’ tempi antichi, Il Tamburlano, Ser Zucchero o sia un vizio corregge l’altro), opere recitate con successo in diversi collegi gesuitici.
La sua attività in campo teatrale nei collegi è accompagnata da una riflessione teorica e critica testimoniata sia nei commenti e istruzioni che accompagnano alcune sue opere teatrali (Gesuitico, 4-5, 11, 16, 60, 63, 81), sia nel primo tomo conservatosi manoscritto dell’opera Del teatro tragico (Gesuitico, 10). Secondo Roberto Salsano, Poggi fu un sostenitore convinto del valore educativo della pratica teatrale e nello stesso tempo fu sensibile all’aspetto artistico delle proprie opere. In connessione con il suo ministero di drammaturgo e direttore di teatro nei collegi gesuitici, Poggi fu attento alla messa in scena e all’«aspettazione» del pubblico. Pur senza infrangere le regole del sistema tragico aristotelico, le interpretò secondo alcune modalità dettate dalla propensione a valorizzare anche la dimensione estetica ed edonistica, oltre che gli intenti etico-politici delle opere teatrali. L’adesione alla poetica arcadica lo allontanò dal meraviglioso barocco pur nella predilezione per la spettacolarità della messa in scena. La sua attività drammaturgica si collocò all’incrocio delle problematiche teatrali del suo tempo: «Il significato storico delle osservazioni di Poggi è nettamente rilevabile là dove emergono nodi problematici quali il rapporto con le unità aristoteliche di unità di tempo e di luogo, la verifica dell’unità d’azione, della verisimiglianza, dell’effetto di terrore e pietà, i quali nodi fanno parte del più generale contributo a una presa di posizione letteraria e culturale tra classicismo ispirato ai Greci, aristotelismo, esigenze di modernità, rapporti col teatro francese: il tutto in una cornice di una sperimentabile necessità di mediazioni o distinzioni tra ideologia religiosa e profana, tra contenuti etico-politici contemporanei ed abito umanistico, tra senso schietto di un’immediata destinazione teatrale dell’elaborazione testuale e rispetto degli auctores» (Salsano, 2009, p. 34).
Dal 1731 alla morte, a parte una breve parentesi al collegio dei nobili bolognese tra il 1740 e il 1741 per volere del cardinale Giulio Alberoni legato di Bologna (Roma, Biblioteca nazionale centrale, Gesuitico, 1, c. 121v), fu nel piccolo collegio di Faenza, dove svolse i ministeri di confessore in chiesa e di prefetto delle scuole inferiori e della congregazione mariana della Penitenza e continuò a segnalarsi per le predilezioni letterarie. Morì a Faenza il 22 agosto 1749.
Appartenne a diverse accademie: dell’Arcadia (Colonia Renia), nel periodo del suo maggiore lustro, dei Difettuosi di Bologna, dei Nascosti di Bologna, dei Filoponi di Faenza, dei Filergiti di Forlì, nella quale entrò nel 1738, degli Informi di Ravenna. Fu dunque inserito nel circuito letterario del tempo, come testimoniano anche i numerosi componimenti occasionali in versi, stampati in fogli volanti o in raccolte di rime.
Fu amico stimato di personaggi rilevanti, quali il poeta Carlo Innocenzo Frugoni, l’erudito bolognese Giovanni Fantuzzi, il medico forlivese Giovanni Battista Morgagni, e in contatto con diversi ex collegiali di Bologna e Parma con carriere significative. Fu legato al cardinale Giulio Alberoni, che durante la sua legazione romagnola (1735-39) ebbe modo di incontrare e al quale dedicò composizioni in versi. Poggi scrisse la prima storia del collegio fondato dal cardinale a Piacenza: Memorie istoriche della fondazione ed erezione del nuovo collegio ecclesiastico di San Lazaro, Faenza 1739 (Gesuitico, 1, c. 124v; 2, c. 152r).
Della vasta produzione di Poggi restano diversi manoscritti autografi, ma poche opere a stampa. Manoscritti sono a Roma, Biblioteca Angelica, Mss., 2082, cc. 65r, 67r; Biblioteca nazionale centrale, Gesuitico, 1-6, 8-12, 14-16, 43, 58-60, 62-64, 81. Tra le opere a stampa: Rime di Nimeso Ergatico P. A. in morte del serenissimo signor duca Francesco I…, Parma 1727; Lettera poetica di Nimeso Ergatico P. A. ... al... padre Giuseppe Maria Scotti, Pesaro 1749; Fabularum Aesopiarum libri decem, Firenze 1883 (edizione postuma curata dal gesuita Giuseppe Boero). Poggi non riconobbe come sua l’edizione romana dell’Idomeneo del 1722, in quanto avvenuta senza il suo permesso (Marchesi Buonaccorsi, 1741, p. 282).
Componimenti in versi di Poggi si trovano in raccolte poetiche, tra le quali: Rime di poeti illustri viventi, II, Faenza 1724, pp. 494-507; Ergendosi sulla piazza di Ravenna la statua del Beatissimo Padre Papa Clemente XII componimenti degli Accademici Informi, Ravenna 1738; Componimenti accademici degl’Informi di Ravenna fatti in erigendosi nella sala del Palazzo Pubblico la statua dell’e.mo e rev.mo sig. cardinale Giulio Alberoni legato di Romagna, Ravenna 1738; Raccolta di Rime di diversi autori… per l’assunzione al pontificato del cardinale Prospero Lambertini, Bologna 1741; Raccolta di rime in applaudimento all’e.mo e rev.mo… cardinale Jacopo Oddi, Faenza 1750, pp. 120-124. Lo stesso Poggi raccolse in vari manoscritti autografi le proprie rime segnalandone la stampa in raccolte o fogli volanti, in numero maggiore di quelle qui elencate (Gesuitico, 1-2, 6, 59, 64).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Ital., 25, cc. 346r, 347r; Ven., 50, cc. 194r, 244r, 280r; 51, cc. 25r, 77r, 171r, 223r; 52, cc. 54v, 107v, 203r, 256r; 53, cc. 59v, 119r; 54, cc. 58r, 118r; 56, cc. 34r, 92r, 193r, 250r; 58, cc. 40r, 105r, 215r, 278r; 59, cc. 39r, 102r, 213r, 278r, 349v; 78, c. 162v; 79, cc. 22v, 50v, 99v, 153v, 187v; 80, cc. 33r, 57v, 60v, 102r, 106r, 152r, 202v; 81, cc. 17r, 66r, 111r, 172v, 203r; 82, cc. 20r, 52r, 87v, 136v, 183r, 233v, 281r; 83, cc. 36v, 49v, 53r, 137v, 175v, 225v, 278v; 84, cc. 25v, 76v, 126r, 175v, 224v, 271r; 85, cc. 21v, 58v, 108v, 152r, 192v; 86, cc. 22r, 62v, 104v, 146v, 190v; 87, c. 41v; Opp. N.N., 60, 61 (le presenze nelle diverse case sono riferite nei Catalogi breves a inizio anno solare e si citano nella voce in queste date, ma gli eventuali trasferimenti avvenivano durante l’anno precedente); G.V. Marchesi Buonaccorsi, Memorie storiche dell’antica, ed insigne Accademia de’ Filergiti della città di Forlì, Forlì 1741, p. 282 (rettificate dallo stesso Poggi in Roma, Biblioteca nazionale centrale, Gesuitico, 2, cc. 151v-152r); F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, II, 1, Milano 1741, p. 673; 2, Milano 1742, p. 124; III, 1, Milano 1743, p. 100.
G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VII, Bologna 1789, pp. 74-79; S. Bettinelli, Opere, XX, Venezia 1801, p. 216; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, Bruxelles-Paris 1890-1900, V, col. 525; VI, coll. 917-919; IX, coll. 776 s.; G. Capasso, Il collegio dei nobili di Parma, Parma 1904, pp. 109-113, 145-148; D. Arru, Le tragedie di S.M. P.: contributo alla storia del teatro gesuitico, Roma 1907; C. Calcaterra, Giulio Alberoni giudicato da C.I. Frugoni, in Bollettino storico piacentino, XV (1920), 3-4, pp. 58-67; F. Doglio, Il teatro tragico italiano, Parma 1972, pp. CCXXIII s.; Gli arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, a cura di A.M. Giorgetti Vichi, Roma 1977, p. 191; G.F. Rossi, Cento studi sul cardinale Alberoni, III, Piacenza 1978, pp. 241-256; Id., Poesie inedite dedicate all’Alberoni, ibid., IV, pp. 151-166; A. Mango, La teoria del «teatro» di S.M. P., in Scritti in onore di Giovanni Macchia, II, Milano 1983, pp. 66-75; S. Franchi, Drammaturgia romana, II, 1701-1750, Roma 1997, pp. CXI, 183, 187; R. Salsano, Poetica drammaturgica primosettecentesca in S.M. P., Roma 2009.