GENGA, Simone
Nacque a Urbino nel 1530 da Andrea, maggiordomo e agente di Guidubaldo II della Rovere, e da Caterina Bavieri. Era il primo di undici fratelli, di cui sono noti solo Fulvio, Fabio e Giovambattista, che del G. condivisero in parte la vita avventurosa. Appena ventenne, il G. si stabilì a Firenze, al servizio dei Medici come ingegnere militare.
Fin dai primi anni di governo Cosimo I de' Medici aveva dedicato particolare cura alla difesa dello Stato, rafforzando e ammodernando le fortificazioni già esistenti e provvedendo a farne erigere di nuove a difesa di località di particolare importanza strategica. In particolare, negli anni 1560 Cosimo progettava la costruzione delle città-fortezza di Terra del Sole e del Sasso di Simone al di là dello spartiacque appenninico, della fortezza di San Martino al Mugello, a difesa della strada per Bologna, e faceva inoltre ricostruire le fortezze di Siena, Grosseto e Radicofani.
I cantieri erano seguiti - spesso contemporaneamente - da diversi architetti: così il G. inizialmente collaborò con Giovanni Camerini e con Baldassarre Lanci, successivamente fu il responsabile unico dei lavori. È probabile - ma non documentata - una sua presenza a Siena, dove lavorava il Lanci; fu invece sicuramente impegnato in tutte le altre realizzazioni. Le prime notizie sono del 1572, ma sicuramente la sua collaborazione era iniziata da tempo, tanto che alla morte del Camerini, nel 1570, e del Lanci, nel 1571, il G. subentrò nella direzione dei lavori come sovrintendente alle fortezze.
L'insediamento di Terra del Sole o Eliopoli, rappresenta una realizzazione particolarmente significativa da un punto di vista sia architettonico sia politico-amministrativo: doveva costituire una nuova colonia per "particulare […] comodità […] di quelle famiglie che habitano nella provincia della Romagna Fiorentina", come rende noto una provvisione del Senato dei quarantotto in data 18 ag. 1565. Cosimo infatti non voleva solo una fortezza che sbarrasse il passo alla valle del Montone verso Forlì, ma una "capitale amministrativa militare e giudiziaria della provincia tosco-romagnola e anche sede di vescovato" (F. Farneti, Terra del Sole, città fortezza rinascimentale, Firenze 1974, p. 69). Il progetto iniziale, steso dal Lanci, riprendeva la pianta rettangolare della fortezza di Siena - con i bastioni sugli angoli - cui stava lavorando. In questo caso però il modello della cittadella si allargava, per contenere il nucleo urbano.
Dal 1564 l'esecuzione del progetto fu affidata al Camerini, che per questo motivo fino al 1568 risiedette stabilmente a Castrocaro, provvedendo a sorvegliare contemporaneamente anche i lavori del Sasso di Simone. Alla sua morte i lavori si fermarono per due anni e ripresero solo sotto la direzione del G., che in numerose lettere a Cosimo e a Francesco de' Medici riferiva sul loro avanzamento. Verso la fine del 1578, benché mancassero non pochi interventi di rifinitura e completamento, Terra del Sole poteva considerarsi terminata nelle parti essenziali e l'anno successivo il commissario granducale Antonio Dazzi si trasferiva, da Castrocaro, nella nuova sede, il bel palazzo pretorio.
Anche per la fortezza del Sasso di Simone, nel Montefeltro, l'obiettivo era quello di fondare una città nuova, che fosse insieme presidio militare al confine con lo Stato di Urbino e centro amministrativo-giudiziario e commerciale della provincia. Ma la posizione geografica del Sasso di Simone, l'altitudine e l'isolamento, se contribuivano a renderlo militarmente imprendibile, lo condannavano anche, come avvenne effettivamente poco dopo il termine dei lavori, all'abbandono da parte della popolazione e al rapido degrado delle strutture architettoniche.
Il G. iniziò a lavorarvi nel 1572, ma per brevi periodi, dovendo anche sovrintendere al cantiere di Terra del Sole e in seguito a quelli, affidati alla sua direzione, di San Martino, Grosseto e Radicofani. I lavori si protrassero più del previsto per le grandi difficoltà - in una zona così impervia - nel rifornimento di materiali e di mano d'opera e per le lunghe soste che il clima rigido imponeva nei mesi invernali. Inoltre il sistema delle "comandate", cui si ricorreva abitualmente e che imponeva alle varie Comunità di fornire a proprie spese i manovali, gli sterratori e le bestie da soma, era naturalmente malvisto e assai disatteso dalla popolazione locale.
Nel 1574 il G. fu incaricato di completare le fortificazioni di Grosseto di cui, dopo la morte di Benedetto Lanci, si occupava il figlio Marino e, a partire dal 1577, come risulta dalle sue lettere, di dirigere i lavori della fortezza di Radicofani, al confine con lo Stato pontificio; alla fine dell'anno tali lavori risultavano già sostanzialmente terminati.
Nel 1584 il G. lasciò la Toscana e il servizio dei Medici, inizialmente con l'idea di assentarsi solo per pochi mesi, per servire il re di Polonia Stefano Báthory.
Probabilmente sperava di affermarsi all'estero, come tanti altri architetti e ingegneri militari italiani che in quegli anni si mettevano al servizio di sovrani stranieri là dove esigenze di fortificazioni o assedi di città, in particolare nei Paesi Bassi e nell'Europa orientale, potevano costituire importanti opportunità. In Toscana infatti il G., nonostante i molti incarichi ricevuti, non era riuscito a consolidare la sua posizione e godeva solo di una modesta provvigione di 35 scudi al mese. Le circostanze del suo soggiorno, prima in Polonia e in seguito in Transilvania, non gli consentirono l'affermazione sperata e la sua assenza si protrasse senza che i suoi tentativi per rientrare in Toscana o di passare in Spagna avessero successo.
Sui viaggi del G. in Europa orientale vi è comunque qualche oscurità: Promis, cui si deve la prima esauriente biografia del G., anticipa il suo distacco dalla corte medicea al 1573, su richiesta dell'imperatore Massimiliano II, che intendeva fargli eseguire disegni di fortificazioni in Ungheria, e dell'arciduca Carlo, per eseguire il disegno della fortezza di Graz. Secondo Promis, in Ungheria il G. avrebbe conosciuto Stefano Báthory e lo avrebbe seguito in Polonia nel 1575. In realtà, in quegli anni il G. era impegnato, come si è detto, a seguire i diversi lavori in Toscana.
Sembra plausibile che i viaggi siano stati due: il primo intorno al 1578, quando risulta un'interruzione di circa due anni nel carteggio con il granduca Francesco; inoltre un'interessante relazione non datata, presentata al granduca nel chiedere licenza per l'"Alemagna", fa il punto sullo stato di avanzamento dei lavori nelle diverse fortezze di cui il G. era responsabile e proprio le fasi dei lavori, in particolare della Terra del Sole, farebbero pensare al 1578.
Il viaggio in Polonia ebbe luogo invece nel 1584, come indica una lettera in cui il G. chiede al granduca Francesco de' Medici la licenza per poter accettare l'invito fattogli dal cardinale Andrea Báthory, nipote del re di Polonia, di fare un sopralluogo alle fortezze del paese.
In Polonia si fermò diversi anni e sicuramente costruì la fortezza di Riga; ma la morte improvvisa del re, nel dicembre 1586, mise fine ad altri incarichi già ricevuti. In questa occasione il G. cercò di inserirsi nel gioco politico, proponendo a influenti amici polacchi la candidatura di Francesco de' Medici come successore del Báthory e contemporaneamente sollecitando in tal senso il granduca, presentandogli i vantaggi di una simile avventura. Come è noto, Francesco non si fece tentare e al trono polacco fu eletto invece lo svedese Sigismondo III Vasa.
Intorno al 1591 il G., sempre alla ricerca di un'occasione che gli consentisse di tornare in patria con una solida reputazione, passò in Transilvania - dove allora regnava il principe Sigismondo Báthory, nipote del defunto re di Polonia - accompagnato da due dei suoi fratelli, Giovambattista e Fabio. Qui, secondo Promis, il G. prestò la sua competenza di ingegnere militare a Varadino (Oradea) e ad Alba Iulia, anche se le lettere che inviava al granduca di Toscana non fanno riferimento a tale attività. I resoconti sulla situazione politica e militare del paese fanno pensare piuttosto che la sua posizione fosse quella di uomo di fiducia e consigliere del principe, affiancato in ciò dal fratello Fabio, che nel 1592 fu inviato a Roma per chiedere l'appoggio e l'aiuto finanziario di papa Clemente VIII nella guerra intrapresa contro i Turchi. E appunto nelle istruzioni al nunzio pontificio in Transilvania - Alfonso Visconti - il G. viene presentato come personaggio di un certo rilievo a corte, il cui consenso poteva essere utile, pur essendo il suo "mestiere […] d'attendere alle miniere, et il fine del servitio è il guadagno". Non fondata, invece, sembra essere la notizia che il G. "benché uomo forestiero e privato menasse in moglie la duchessa di Valacchia" (Degli uomini illustri di Urbino, pp. 237 s.), notizia che già Promis riteneva poco credibile. Tornò forse in Italia alla fine del 1596 - l'ultima sua lettera da Alba Iulia in Transilvania è del settembre - e probabilmente morì poco dopo.
È difficile dare un giudizio sulle capacità tecniche del G., perché i suoi interventi nelle diverse opere di fortificazione non sono individuabili con certezza a causa del sovrapporsi degli interventi di altri architetti; per le fortificazioni d'Ungheria, Polonia e Transilvania mancano inoltre descrizioni, piante o comunque resoconti dettagliati del suo operato.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 239, cc. 91v, 112; 241, c. 45v; 242, c. 184v; 244, c. 116; 246, c. 176; 288, c. 66v; 577, c. 16; 578, c. 34; 579, c. 13; 587, c. 317; 590, cc. 192, 339; 677, c. 446; 695, c. 208; 704, cc. 22-23, 73-74; 729, cc. 221, 226; 756, c. 303; 780, cc. 261-262, 274-277; 788, c. 569; 825, cc. 391, 402-403; 853, cc. 296, 357; 860, cc. 537, 725; 1213, c. 64; 2134, cc. 462-463 (relazione non datata, ma riferibile al 1578, prima della partenza per la Germania, sulla situazione dei lavori delle fortezze); 4293, cc. 217-221; Die Hauptinstruktionen Clemens' VIII, für die Nuntien und Legaten, 1592-1605, II, Tübingen 1984, pp. 325 s., 328; Degli uomini illustri di Urbino, Urbino 1819, pp. 237 s.; S. Ciampi, Bibliografia critica delle antiche reciproche corrispondenze… dell'Italia con la Russia, colla Polonia ed altre parti settentrionali…, Firenze 1834, pp. 116-129, 256-260; M. D'Ayala, Degli ingegneri militari italiani dal sec. XIII al sec. XVIII, in Arch. stor. italiano, s. 3, t. IX (1869), pt. II, p. 97; C. Promis, Biografie di ingegneri militari italiani dal sec. XIV alla metà del sec. XVIII, in Miscellanea di storia italiana, XIV (1874), pp. 533 ss.; E. Rocchi, Le fonti storiche dell'architettura militare, Roma 1908, pp. 322 s., 326, 401-404; E. Kastner, Cultura italiana alla corte transilvanica nel sec. XVI, in Corvina, II (1922), pp. 51 s.; A. Maggiorotti, Gli architetti militari, III, Roma 1933, pp. 378-381; A. Potito, La fortezza del Sasso di Simone, in Studi montefeltrani, I (1972), pp. 13-15, 17, 20 s., 27, 29, 31; E. Coppi, La fortificazione del Sasso di Simone, San Leo 1975, pp. 17 s., 57, 73, 81 s., 84, 92, 95, 99, 101, 109 s.; E. Donatini, La città ideale. Fortezza della Romagna fiorentina, Ravenna 1979, pp. 23, 42, 46 s., 60, 102-104; M. Dezzi Bardeschi, Il rinnovamento del sistema difensivo e l'architetto militare, in La nascita della Toscana, Firenze 1980, pp. 273-294 passim; T. Klaniczay, Gli antagonismi tra corte e società in Europa centrale: la corte transilvanica alla fine del XVI secolo, in Cheiron, I (1983), 2, pp. 46-48, 51; M. Forlani Conti - L. Pescatori Ciappi, Le fortificazioni di Grosseto. Premesse per un recupero, Firenze 1989, pp. 22-26.