FILIPPESCHI, Simone
Nacque probabilmente in Orvieto prima della metà del secolo XIII, figlio di Raniero di Guido, e fu la figura di maggior spicco della famiglia Filippeschi, nei quarant'anni intercorsi fra la battaglia di Benevento (1266) e la fine del secolo.
Negli anni 1265-1266 era podestà in Orvieto, mentre Oddorico di Raniero di Bartolomeo Filippeschi, suo prossimo parente, era capitano del Popolo; nel maggio 1266 compare tra i rettori della città; con questo incarico è infatti nominato in una serie di condanne emesse dal Comune per la mancata partecipazione alla cavalcata contro Chiusi. Nel giugno dello stesso anno figura sempre tra i rettori cittadini, che nominarono Filippo "Venatici" ambasciatore del Comune presso il papa Clemente IV per stipulare gli accordi di pace con la città di Siena; alla riunione era presente anche il già ricordato Oddorico di Raniero, in veste di priore delle arti e delle compagnie.
La battaglia di Benevento del 1266 e la sconfitta di Corradino di Svevia nel 1268 avevano definitivamente segnato anche in Orvieto la fine delle speranze ghibelline, ed il F., appartenente al pari degli altri membri della sua famiglia allo schieramento filoimperiale, scompare dalla documentazione pubblica negli anni Settanta del Duecento: l'unica testimonianza che se ne ha riguarda una condanna ad una multa di 20 soldi, per porto abusivo di coltello.
Nuove opportunità vennero offerte ai Filippeschi dall'alleanza con la famiglia Della Greca, ed in particolare dallo stretto legame esistente tra il F. e Raniero, detto "Neri", di Ugolino Della Greca: entrambi intuirono infatti l'importanza assunta dalle organizzazioni delle arti nella gestione del governo e la possibilità di sfruttare il comune sentimento cittadino antiangioino. Nel 1280 il Della Greca, dietro pressione popolare, venne eletto dai consoli delle arti capitano del Popolo. In seguito ad un primo sanguinoso tumulto contro la presenza angioina, avvenuto nel 1281, egli fu però costretto a dimettersi, e, stando almeno alle fonti coeve, il F. si fece allora avanti per prendere il suo posto come capitano del Popolo.
Nel 1284 il F., indicato come il braccio destro del Della Greca, che era stato nuovamente eletto capitano, fu direttamente coinvolto nel tentativo di acquisire il controllo del terrritorio aldobrandesco. Ranieri Della Greca, infatti, si adoperò per l'elezione a podestà di Orvieto del conte Pandolfo dell'Anguillara, il quale, apparentemente senza poter avanzare diritti eriditari di qualsiasi tipo, occupò nel 1284, subito dopo la morte del conte Aldobrandino, parte delle terre aldobrandesche, approfittando della lontananza di Guido di Montfort, genero del defunto conte. Il piano del Della Greca, con molta probabilità, consisteva nel sostenere il conte di Anguillara contro Guido di Montfort, eleggendolo di nuovo podestà di Orvieto per l'anno seguente (1285), in cambio di un maggiore controllo sulle terre di Aldobrandino. Il tentativo non ebbe l'esito auspicato e portò a una sommossa interna che costrinse il Della Greca e lo stesso F. a fuggire per un breve periodo. La conseguenza principale di questi avvenimenti fu una maggiore coesione delle organizzazioni popolari, che ottennero, da lì a qualche anno, tramite l'organo esecutivo dei Sette consoli delle arti, il governo della città. Lo stesso F., nominato podestà di Orvieto nel gennaio 1285, rientrava a pieno titolo fra i membri del gruppo di potere che, compatto, continuò a partecipare all'attività politica e che non era stato minimamente intaccato dalle lotte cittadine, dagli esili, e dai pubblici giuramenti di pace. Un anno dopo, in veste di giudice, il F. era presente all'acquisizione dei diritti di rappresaglia nei confronti di Chiusi; nel 1287 era di nuovo capitano del Popolo: in questa veste è infatti ricordato negli statuti di Chianciano. Nel 1294, infine, partecipò alla spedizione militare contro Bolsena, territorio da sempre ambito dalla città di Orvieto, ai cui patti di sottomissione fu presente anche Pietro di Castaldo Filippeschi.
Il catasto del 1292 testimonia l'importante ruolo svolto dal F. negli ultimi decenni del sec. XIII: egli era infatti l'uomo più ricco della città ed aveva possedimenti che si estendevano al di là delle aree tradizionalmente soggette ai Filippeschi; oltre alla sua residenza cittadina nella regione di S. Giovanni, mentre gli altri Filippeschi abitavano nella regione di S. Pace, era proprietario di notevoli estensioni fondiarie nella parte orientale del contado e anche in quella occidentale. Da questi dati si può dedurre che il F. fosse l'esponente più importante nell'ambito di quella coesione interna che sembrò prevalere in Orvieto dalla morte di papa Niccolò IV (1292) alla discesa in Italia di Enrico VII (1310), ossia nel periodo più significativo della storia medievale di Orvieto.Il risultato più importante di tale concordia interna fu la costruzione della cattedrale, i cui lavori furono iniziati in questi anni (1290); il F. venne nominato nel 1295, insieme con il guelfo Ugolino Lupicini, "soprastante al muriccio del duomo"; benché avesse rinunciato, appena tre giorni dopo, a tale incarico, nel 1297era di nuovo eletto come "soprastante" nel cantiere aperto per la costruzione del palazzo Soliano, decisa in occasione della pace conclusa tra Bonifacio VIII e il Comune orvietano, che poneva termine alle tensioni intercorse fra la città e il pontefice, in merito al controllo economico e giudiziario sui territori della Val di Lago. La scelta del F. aveva un significato essenzialmente politico: il suo nome rientrava infatti in una ristretta cerchia di circa venti persone oculatamente scelte tra i membri delle più importanti famighe orvietane ed i gruppi popolari emergenti.
L'ultima notizia concernente il F. riguarda un'ambasciata presso il papa, compiuta al fine di porre termine alla guerra che opponeva Orvieto alla città di Todi, per il controllo del castello di Montemarte, posto al confine fra i due Comuni. La pace, siglata agli inizi del 1301, avvenne infatti dietro richiesta ed interessamento del pontefice. Dopo tale data non abbiamo ulteriori notizie riguardanti il F., che morì probabilmente poco tempo dopo.
Ebbe almeno tre figli: Nerio, Giovanni, Petruccio. Sia Nerio sia Giovanni, emancipati dal padre nel 1287, vennero condannati nel 1295 per aver disertato una spedizione punitiva contro Bolsena, mentre Petruccio nel 1313 è ricordato fra i più attivi ghibellini nella disastrosa battaglia cittadina che si concluse con la definitiva sconfitta dei Filippeschi e dei loro alleati. Dopo tale battaglia, la cui violenza impressionerà lo stesso Dante Alighieri (Purg., VI, 106-108), nessun Filippeschi compare più negli atti relativi alla gestione del Comune.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Lucca, A. Corcadi, Istoria fiorentina dalle origini al 1342 (ms. sec. XIV), cc. 78-79r; Arch. di Stato di Terni, Sez. di Orvieto, Liber Donationum, I, c.158v; Giudiziario, B.1.f.1, cc. 1r, 3v, 5r; B.1.f.3, c. 2v; B.1.f.4, cc. 1v, 3v; B.1.f.6, c. 1v; B.2.f.8, c.26v-29v, 31v; Registro, I, cc. 258r, 273r, 383r; Riformagioni, vol. 69, cc. 36r, 93v; vol.71, cc. 138rv, 169r; vol. 89, cc. 141r-142r; vol. 144, c. 60v; Annales Urbevetani, a cura di L. Fumi, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XV, 5, 1,pp. 132, 135 s., 138, 140, 147, 150, 157 s., 160-163, 170 s., 176, 178, 185, 186-189; Luca di Domenico Manenti, Cronaca, a cura dello stesso, ibid., pp. 280, 297 s., 309, 313 s., 318, 322, 342, 350-352; Gli Statuti di Chiancianodell'anno MCCLXXXVII, a cura dello stesso, Orvieto 1874, p. 94; Codice diplomatico della città di Orvieto, a cura di L. Fumi, Firenze 1884, ad Ind.; Acta Enrici VII imperatoris, a cura di F. Bonaini, I, Firenze 1887, pp. 60, 138; Les registres de Boniface VIII, a cura di G. Digard …, Paris 1890, n. 2072; L. Fumi-A. Cerlini, Una continuazione orvietana della cronaca di Martin Polono, in Archivio muratoriano, XIV (1914), pp. 131 s.; C. Manente, Historie, I-II,Vinegia 1561-67, passim;A. Ceccarelli, Dell'historia di casa Monaldesca, Ascoli 1580, p. 22 e passim;M. Monaldeschi, Commentari historici, Venetia 1584, passim;L. Fumi, I patarini in Orvieto, in Arch. stor. ital., XXII (1875), pp. 52-81; G. Rondoni, Orvieto nel Medioevo, ibid., n. s., XVIII (1886), pp. 258-82; XIX (1887), pp. 383-402; L. Fumi, Orvieto. Note storiche e biografiche, Orvieto 1891, p. 96; G. Pardi, Il governo dei Signori Cinque in Orvieto, Orvieto 1894, p. 28, doc. I; Id., La signoria di E. Monaldeschi, Roma 1895, passim;Id., Serie dei supremi magistrati e reggitori di Orvieto dal principio delle libertà comunali all'anno 1500, in Boll. della Soc. umbra di storia patria, I (1895), pp. 337-472, in partic. pp. 373, 376 e n. 2, 377; Id., Il catasto di Orvieto dell'anno 1292, ibid., II (1896), pp. 225-320, in partic. pp. 242, 277; D. Waley, Medieval Orvieto. The political history of an Italian City-State, 1157-1334, Cambridge 1952, pp. 152-55 e passim;E. Carpentier, Orvieto à la fin du XIIIe siècle. Ville et campagne dans le cadastre de 1292, Paris 1986, pp. 85, 200-202; J. C. Maire Vigueur, Comuni e Signorie in Umbria, Marche e Lazio, in Storia d'Italia (Einaudi), VII, 2, Torino 1987, ad Indicem;M. Rossi Caponeri, Il duomo e l'attività edilizia dei Signori Sette (1295-1313), in Il duomo di Orvieto, a cura di L. Riccetti, Roma-Bari 1988, pp. 29-80 in partic. 50-51;L. Riccetti, Il Liber Donationum I e l'istituto della insinuazione in Orvieto medievale, in Boll. dell'Ist. stor. art. orvietano, XLII-XLIII (1986-87), pp. 61-82, 87; Id., La città costruita. Lavori pubblici e immagine in Orvieto medievale, Firenze 1992, pp. 111-113, 176; Id., "L'Uopera di S. Maria Maghure". Protasi ad una storia sociale dell'Opera del Duomo di Orvieto, in Quaderni di storia dell'architettura, n.s., XV-XX (1990-92), p. 173.