FILIPEPI, Simone
Nacque a Firenze all'incirca nel 1443, nel quartiere di S. Maria Novella, gonfalone Unicorno, da Mariano di Vanni e da Smeralda.
La data di nascita si ricava dalla dichiarazione catastale del febbraio del 1458, in cui risulta avere quattordici anni. Il padre del F., nato intorno al 1396, proveniva da una modesta famiglia di galigai, cioè conciatori di cuoio, attivita che egli stesso esercitò insieme con il fratello Iacopo in una bottega presa in affitto vicino al ponte di S. Trinita. Oltre al F. ebbe altri otto figli, tra cui Sandro, più comunemente noto come Botticelli.
Mentre i fratelli maggiori Giovanni e Antonio intrapresero l'uno l'attività di sensale all'Ufficio del monte, l'altro quella di orafo, il F. venne mandato a Napoli al servizio di Paolo di Paolo di Bingeri Rucellai, che lì possedeva un'importante azienda commerciale. Dopo la morte di questo, avvenuta nell'agosto del 1458, il F. si trasferì forse a Roma.
Infatti, nella sua Cronaca relativa agli anni 1489-1509, che costituisce la principale fonte biografica sul F., egli afferma di aver vissuto a Roma circa venti anni, occupato in importanti aziende commerciali. Pertanto, poiché nel 1480 risulta essere a Napoli (come attesta la dichiarazione catastale di quell'anno effettuata dal fratello Giovanni), e poi ancora lì nel 1488 e nel 1493, il lungo periodo di permanenza a Roma può essere collocato nell'arco di tempo compreso tra la fine del 1458 e il 1478. Nel 1482 il F. si trovava certamente a Roma, alla corte pontificia, da dove scrisse il 16 agosto al fratello Giovanni a Firenze.
Scrivendo da Napoli il 9 apr. 1488 a Lorenzo de' Medici a Firenze, il F., richiamandosi ad una precedente corrispondenza con il Magnifico, lo informa di godere di buona considerazione presso la corte aragonese, al servizio del mercante catalano Raimondo. Fa inoltre riferimento a questioni di interesse comune, in cui hanno un ruolo anche altri personaggi dell'ambiente mercantile, tra i quali Nofri Tornabuoni, allora direttore della filiale dei Medici a Roma, e Francesco Nacci. Il F. raccomanda, infine, il fratello Giovanni in virtù della benevolenza dimostrata dal Magnifico verso la sua casata.
La permanenza a Napoli durò fino al 1493, come il F. stesso dichiara nella sua Cronaca, dove parla lungamente dei rapporti avuti in quello stesso anno con l'ambasciatore del sultano d'Egitto di passaggio a Napoli e diretto a Roma.
Il F. interpose i suoi buoni uffici presso il re Ferdinando I in favore dell'ambasciatore, per la soluzione di alcune faccende che egli aveva a Napoli, nella speranza che ciò contribuisse al buon esito di un'importante transazione commerciale che la compagnia in cui il F. era impegnato sperava di effettuare con il sultano di Egitto. Accompagnò anche l'ambasciatore nel suo viaggio a Roma, scortandolo fino a Fondi.
All'inizio del 1494 dovette rientrare a Firenze. Il rientro in patria significò per il F. l'inizio di una nuova fase della sua esistenza. Aderì infatti al movimento di G. Savonarola e al governo da lui ispirato che si instaurò a Firenze alla fine del 1494, dopo la caduta del regime mediceo. Dalla Cronaca sappiamo che il F. frequentò il convento di S. Marco, centro spirituale e politico del movimento; che fu strenuo difensore del frate e tra i firmatari, insieme con più di trecento cittadini, di una petizione inviata al pontefice Alessandro VI, perché fosse annullata la scomunica al Savonarola, pubblicata a Firenze il 18 giugno 1497. Dopo l'arresto di quest'ultimo, avvenuto nella notte tra l'8 e il 9 apr. 1498, il F. si recò coraggiosamente a chiederne notizie al guardiano che lo aveva in custodia; fu anche testimone di un episodio di tortura nei confronti del Savonarola; acquistò il testo a stampa del falso processo del frate, letto pubblicamente il 19 apr. 1498, e, quando la Signoria fiorentina ordinò di riconsegnarlo, non obbedì; così pure fece riguardo alle crocette rosse che i piagnoni portavano in mano nelle processioni e che avrebbe dovuto restituire al vicario dell'arcivescovo sotto pena di scomunica.
La persecuzione scatenatasi dopo l'arresto del Savonarola contro i suoi sostenitori costrinse molti di questi, fra cui anche il F., a lasciare Firenze. Non è chiaro però se la fuga del F. - che riparò a Bologna insieme con altri amici - sia avvenuta prima o dopo la morte del frate (23 maggio 1498). Nel 1503 risulta rientrato a Firenze. Qui morì il 12 giugno 1512; venne sepolto nella chiesa di Ognissanti nella tomba di famiglia.
Della formazione culturale dei F. non si hanno notizie. Esperto nell'esercizio della mercatura, con il ritorno a Firenze e l'adesione al movimento savonaroliano si occupò soprattutto di problemi spirituali e religiosi. Coltivò la lettura e lo studio di Dante, forse per influenza del fratello Alessandro, come dimostra la nota di possesso di un codice appartenuto al F. (ora conservato nella Biblioteca nazionale di Firenze, Magl. VII, 1152),contenente un commento anonimo, in chiave teologica, alla canzone dantesca "Tre donne intorno al cor mi son venute", dedicato a Benedetto Manetti. L'iscrizione della nota di possesso riporta anche la data "1495" e il "N. XXXI", testimoniando che il F. possedeva una discreta biblioteca.
Il F. è autore di una Cronaca degli avvenimenti accaduti fra il 1489 e il 1503, e proprio il 1503 dev'essere l'anno intorno al quale ne ha iniziato la composizione, visti gli accenni alla discussione, che il 9 aprile di quell'anno, uscendo di casa per recarsi al vespro in S. Marco, ebbe con Doffo Spini e Bartolomeo Carducci riguardo al Savonarola, al gonfalonierato di Pier Soderini del 1502 e alla morte di Alessandro VI avvenuta il 19 ag. 1503.
Della Cronaca non è pervenuto il testo originale ma solo un estratto tramandato da un codice del sec. XVII, contenente anche altri testi sul Savonarola. Il manoscritto, scoperto alla fine del sec. XIX, è conservato nell'Archivio segreto Vaticano, con segnatura Politicorum XLII; l'estratto della Cronaca inizia con il foglio 338(il testo è stato edito a cura di P. Villari-E. Casanova, in Scelta di prediche e scritti difra Girolamo Savonarola, Firenze 1898, pp. VIII-XI, 453-518). Lorenzo Violi, nelle sue Giornate (sec. XVI), scrive che nelle riunioni e discussioni che si svolgevano nella bottega di Sandro Botticelli tra sostenitori e oppositori del Savonarola era spesso presente il F., che riportò molti di quei discorsi nella sua Cronaca. Il Violi aggiunge di aver letto il libro del F. che era legato in assi.
L'anonimo compilatore dell'estratto della Cronaca in alcuni casi riprodusse alcuni brani dell'originale, in altri ne fece un riassunto, senza tuttavia seguire un rigoroso ordine cronologico. La materia è suddivisa in due sezioni distinte con titoli diversi, anche se entrambe iniziano con l'arrivo del Savonarola a Firenze nel 1489 e terminano con la morte di Alessandro VI. La prima sezione, intitolata "Alcune memorie notabili di fra Girolamo Savonarola", riguarda la storia generale del tempo, mentre la seconda, intitolata "Nota di alcuni particolari pertinenti al padre fra Girolamo Savonarola da Ferrara", è composta interamente di notizie relative alla vita e alla predicazione del Savonarola a Firenze e ai suoi seguaci, frutto in gran parte delle esperienze personali del Filipepi. Proprio nel resoconto delle vicende savonaroliane consiste il maggior valore dell'opera del F., che testimonia l'evolversi quotidiano dei fatti, fermo restando che si tratta di un'interpretazione di parte. Particolarmente ampio è il racconto del processo e del supplizio del frate e dei disordini che ne seguirono della persecuzione contro i piagnoni, che costò l'esilio a molti di loro. Grande attenzione è dedicata alla diffusione a Firenze dell'insegnamento religioso del Savonarola dopo la sua morte e all'opposizione che incontrò. Nella Cronaca, tral'altro, vengono enumerati tutti i detrattori del frate, compresi politici e regnanti, dei quali è messa in risalto la morte ingloriosa, come se si trattasse di una nemesi postuma. Scrive inoltre il F. di aver composto anche un altro "libro", contenente la trascrizione delle lettere del monaco vallombrosano Angelo, avversario del Savonarola, autore di numerose profezie contro il papa, l'imperatore e altri potenti, nei confronti del quale non fu preso alcun provvedimento, contrariamente a quanto avvenne per il Savonarola. Quest'opera risulta perduta.
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