DELLA TOSA, Simone (Simon Baldi della Tosa, de la Tosa, de Tosinghis; Simon Baldi domini Thalani della Tosa)
Nacque a Firenze intorno al 1300 da Baldo, di eminente famiglia magnatizia discesa dalla casata dei Visdomini.
Il D. ricoprì incarichi di carattere amministrativo, diplomatico e militare durante la prima metà del sec. XIV, nella fase delle lotte sostenute da Firenze per l'affermazione dell'egemonia guelfa in Toscana e conclusesi in un grave insuccesso. Già guardiano della rocca di San Miniato nel maggio 1324, nel dicembre 1328 accompagnò Pino Della Tosa, suo consorte, a Bologna, in un'ambasceria inviata dal Comune al cardinale Bertrando del Poggetto, legato pontificio in Lombardia, per indurlo ad impegnarsi nei negoziati con un gruppo di cavalieri tedeschi che nel mese di ottobre si erano ribellati all'imperatore Ludovico il Bavaro ed avevano avviato trattative con Firenze per un eventuale ingaggio. Il 15 apr. 1329 questi mercenari. in accordo coi Comune, rappresentato nelle trattative da Pino Della Tosa e dal vescovo fiorentino, occuparono Lucca, signoreggiata fino all'anno prima dal temuto Castruccio Castracani, e offrirono a Firenze l'acquisto della città nemica. Nel mese di maggio il D. accompagnò il suo omonimo consorte messer Simone di Rosso Della Tosa, capo della fazione avversa a quella di Pino, in un'ambasceria a Volterrra per trattare la pace con Pisa, siglata poi il 12 agosto dello stesso anno in forma generale con altre città toscane.
Il 7 sett. 1330 il D. andò con lo stesso Simone di Rosso alla guardia dell'importante rocca di Carmignano, riconquistata da Firenze l'anno precedente. Nel luglio 1331 fu all'ufficio della Condotta dei soldati, l'organo preposto al reclutamento e al controllo delle truppe, e nel febbraio 1332 fu inviato a Serravalle. Il 5 giugno 1335 si recò a Pisa con Lorenzo di Nello e nel gennaio 1336 si trovava a Perugia con Pino Della Tosa, non appena iniziò il conflitto con Mastino Della Scala, signore di Verona, che nel tentativo espansionistico verso l'Italia centrale si era impadronito di Lucca alla fine del 1335 e aveva aperto, nel febbraio 1336, le ostilità contro Firenze. Durante questa guerra il D. partecipò come capitano dei "pavesari grossi", un reparto di fanteria addetto alla protezione dei balestrieri, ad operazioni di guasto del territorio lucchese, intraprese dall'esercito fiorentino nel maggio 1337. Nell'agosto dello stesso anno era al castello di Vernio con Iacopo Ciccioni. Il 4 ag. 1342 si trovava a Firenze ad accogliere, in ossequio alle tradizionali prerogative della sua consorteria, l'ingresso in città del nuovo vescovo, Angelo Acciaiuoli.
La dignità di protettori e amministratori dei vescovádo, goduta in comune, per diritto ereditario, dalle famiglie dei Visdomini, Aliotti e Della Tosa, consisteva, infatti, oltre che nell'amministrazione dei beni vescovili durante la vacanza della sede, anche nella gestione del solenne cerimoniale che regolava l'ingresso in Firenze di un nuovo vescovo e il suo insediamento nella carica. Il D. è ricordato tra i protettori del vescovadp, il 14 maggio 1323, nel Bullettone, ilregistro compilato dalla consorteria con la descrizione dei beni e dei diritti vescovili, degli ingressi in Firenze di diversi vescovi e dei privilegi concessi alle tre famiglie che detenevano il visdominato. Vi è menzionato ancora nel 1325 quando il vescovo Acciaiuoli riconobbe a questi protettori del vescovado il diritto agli onori tradizionali.
La carriera del D. negli uffici della Repubblica sembra culminare con la carica di podestà a Poggibonsi (n sett. 1343-11 giugno 1344) e con l'invio a Modena in qualità di ambasciatore nel 1350. Tranne quest'ultimo incarico tutti gli altri sono brevemente ricordati nei suoi Annali, insieme ad altre notizie relative alla cura del patrimonio, da lui accresciuto in questi anni con diversi acquisti di terreni a Travalle, a Sesto e nella pieve di San Niccolò a Calenzano. Nel 1336, come egli stesso ricorda, aveva pagato 300 fiorini d'oro per soddisfare una pena pecuniaria inflitta al fratello Francesco per effetto degli ordinamenti di giustizia.
Benché non sia documentato il suo ruolo preciso nelle vicende interne della famiglia è certo però, contrariamente a quanto viene di solito affermato, che egli non si divise dai suoi consorti quando nel 1370, ormai vecchio, chiese e ottenne lo status di popolano, poiché essi erano già passati dalla condizione di magnati a quella di popolani, assumendo il nuovo cognome di Biligiardi. Infatti, nella petizione sottoposta alla signoria il 25 ott. 1370 si espone come "omnes de domo predicta de la Tosa semper fuerint zelatores fideles et devoti populi et de statu populari pacifico civitatis Florentie; et pro tanto omnes ipsius Simonis consortes fuerint et sint populares et de populo diete civitatis et solummodo dictus Simon et duo eius nepotes, videlicet Niccolaus Johannis et Lodovicus domini Bindi, hodie sint et reperiantur descripti pro magnatibus et inter magnates diete civitatis" (Arch. di Stato di Firenze, Provvisioni-Registri). IlD. venne annoverato, con un margine di voti favorevoli non troppo ampio, tra i popolani di Firenze e munito quindi del diritto di accesso a tutti gli uffici della Repubblica, escluse con divieto permanente le cariche della Signoria e dei Collegi, secondo una restrizione inclusa a diversi gradi in questo tipo di petìzioni dal 1361. In questa occasione, secondo il Manni, assunse anche una nuova arme familiare che poi, per disposizione testamentaria, volle incisa sulla propria tomba, nella chiesa di S. Maria Novella a Firenze, e dipinta su tre pianete sacerdotali destinate alla stessa chiesa di sepoltura, alla chiesa di S. Reparata e ad una terza chiesa scelta dal figlio Baldo, che diventerà cavaliere e giungerà alla dignità di priore.
Il 17 ott. 1377, approfittando delle confische della proprietà ecclesiastica effettuate durante il conflitto tra Firenze e il Papato noto come la guerra degli Otto santi, acquistò, dal Comune per 170 fiorini d'oro una casa e del terreno agricolo appartenenti alla pieve di San Martino a Sesto.
Il suo nome compare ancora nelle cronache fiorentine alla data del 20 luglio 1378, quando, con molti altri cittadini, fu creato cavaliere dai ciompi insorti: ma non fu tra coloro che accettarono dalla Signoria la conferma della nuova e inattesa dignità.
Il 21 ott. 1380 il D. fece testamento disponendo contemporaneamente la restituzione dei beni ecclesiastici acquistati tre anni prima e prestando una cauzione d'usura con cui riconobbe, secondo la consueta formula, di essere stato "publicurn usurariuni et usuras et exercitium usurarum fecisse et exercuisse" e promise di restituire quanto aveva ottenuto con la pratica delle attività feneratizie. Col testamento istituì erede universale il figlio Baldo e dispose che nel caso in cui questi fosse morto senza figli maschi un terzo di tutta l'eredità passasse alla sorella Margherita, moglie di Guerriante di Matteo Marignolli. Con un codicillo dello stesso giorno detrasse da quest'ultima disposizione la relativa parte di tutte le case e botteghe possedute con i consorti, assegnandola a Niccolò di Giovanni di Baldo suo nipote, mosso in ciò, probabilmente, dall'intenzione di conservare la proprietà dei beni consortili nella linea mascolina dei Della Tosa.
Il D. morì a Firenze il 24 ott. 1380.
La sua memoria resta legata soprattutto alla compilazione degli Annali, di cui è ignoto il periodo di stesura, mentre è certa l'analogia, in alcune parti, con altre cronache del Trecento. Oltre ad un elenco di consoli e podestà del Comune di Firenze dal 1196 al 1278, gli Annali contengono una serie di notizie cronachistiche e ricordi privati dall'anno 1115 al 1346, con una lacuna tra il 1310 e il 1323. L'opera, attendibile nelle sue indicazioni, è però caratterizzata da quella "scarna e rigida secchezza di contenuto e di stile" (Sapegno) tipica della minore stroriografia fiorentina. Gli Annali di Simone della Tosa furono pubblicati da D.M. Manni in Cronichette antiche di varj scrittori del buon secolo della lingua toscana, Firenze 1733, pp. 125-171 (altra edizione Milano 1844).
Nello stesso volume il Manni pubblicò anche una raccolta di notizie sull'autore degli Annali (pp. 13-23). All'Archivio di Stato di Firenze (Manoscritti, 167,cc. 39r-55v) è conservato in una copia manoscritta del XVIII secolo, il Memoriale del vescovado di Firenze in sede vacante scritto da Simone della Tosa l'anno MCCCLXX in cui è ricordata la natura dell'ufficio di amministratori del vescovado, dalla tutela dei beni temporali nel periodo di vacanza della sede alle funzioni cerimoniali per l'ingresso in Firenze del vescovo eletto e ai privilegi goduti dai titolari del visdominato, con l'enumerazione, in fine, di vari notai vescovili. Il documento, redatto, come dice l'autore "acciò che sia ammaestramento, e ricordo a tutti quelli della casa de Visdomini, e Tosinghi, e Aliotti, tutti Guardiani, e Vicedomini nel tempo che vacasse il detto vescovado di Pastore", costitutisce, insieme al fatto che il D. sia stato l'ultimo della famiglia ad abbandonare la condizione magnatizia, una testimonianza del suo vincolo ideologico con le tradizioni di un antico casato.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Arch. notarile Antecosimiano, Lorenzo di ser Tano di Rigo da Lutiano, L, 291 (1364-1366), cc.50v, 151r; L, 293 (1380-1385), cc. 1r-2r (cauzione d'usura); cc. 2rv (restituzione di beni ecclesiastici); cc. 3r-5v (testamento); cc. 6rv (codicillo); c. 12v (adizione d'eredità del figlio Baldo); Ibid., Bullettone, c. 402; Ibid., Manoscritti, 319, p. 1267; Ibid., Provvisioni-Registri, 58, cc. 111v, 117v, 118v; Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Passerini, 228, Cronichette antiche, cit., pp. 13-23, 161, 163-67, 169 ss.; Cronaca fiorentina di Marchionne di Coppo Stefani, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXX, I, a cura di N. Rodolico, p. 324; Il tumulto dei ciompi. Cronache e memorie, ibid., XVIII, 3, a cura di G. Scaramella, pp. 109, 146; Diario d'Anonimo fiorentino dall'anno 1358 al 1389, a cura di A. Gherardi, in Cronache dei sec. XIII e XIV, Firenze 1876, p. 283; Necrologio di S. Maria Novella, a cura di S. Orlandi, II, Firenze 1955, p. 440; G. Lami, Sanctae Ecclesiae Florentinaemonum., Florentiae 1758, I, p. 50; Delizie degli eruditi toscani, XVII (1783), p. 170; XXIII, App. (1786), pp.205 s.; I. Del Lungo, Dino Compagni e la sua Cronica, 1, 2, Firenze 1880, p. 707; G. Salvemini, La dignità cavalleresca nel Comune di Firenze, Firenze 1896 (a p. 477 il D. è elencato in un gruppo di cavalieri creati il 20 genn. 1382, sebbene morto due anni prima: si tratta invece del figlio, Baldo, secondo l'indicazione di Marchionne di Coppo Stefani, rubr. 902; errati sono anche i richiami dell'Indice alle pp. 436 s. del testo); P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze. Ricerche, Firenze 1905, p. 45; R. Davidsohn, Storia di Firenze, IV, Firenze 1960, p. 363; VII, ibid. 1965, pp. 146, 307; N. Sapegno, Il Trecento, Milano 1960, p. 581; E. Fiumi, Fioritura e decadenza dell'economia fiorentina, in Arch. stor. ital., CXV(1957), p. 433; G.A. Brucker, Florentine politics and society, 1343-1378, Princeton 1962, p. 156 n.; Id., Firenze nel Rinascimento, Firenze 1980, p. 92; R. C. Trexler, The Libro cerimon. of the Florentine Republic by Francesco Filarete and Angelo Manfidi. Introduction and text, Genève 1978, p. 25; G. Lisio, La storiografia, Milano s. d., pp. 432 s.