SIMONE da Camerino
SIMONE (Simonetto) da Camerino. – La nascita può essere collocata tra il 1392 e il 1404; nel 1452 la documentazione lo definiva ultraquarantenne (Bullarium..., a cura di C. Alonso, 1998, pp. 155 s., n. 395). Il suo nome si accompagna spesso nelle fonti all’epiteto «dalla barba»; nulla si sa della famiglia di origine.
Entrato nell’Ordine degli eremitani di s. Agostino prima del 1426, all’inizio degli anni Trenta risultava impegnato stabilmente presso lo Studio agostiniano a Rimini. Già allora oratore di fama, nel maggio del 1433 Simone predicò la quaresima nelle Marche; le cronache della città di Fermo ne ricordano la predicazione nella locale chiesa di S. Agostino.
Tra i temi trattati emerge in particolare la questione ebraica, con l’auspicio espresso da Simone che gli ebrei fossero distinti dai cristiani mediante l’apposizione di un panno giallo sugli abiti: provvedimento che il Comune votò di lì a poco il 24 maggio.
Dal 1436 il nome di Simone si legò alle vicende della congregazione veneta di Monte Ortone.
La devozione per la Vergine di Monte Ortone, originata nel 1428 da un’apparizione miracolosa, aveva mosso i primi passi in un contesto prevalentemente aristocratico influenzato dalle correnti del riformismo religioso agostiniano di San Giorgio in Alga. Tra i promotori del culto e della costruzione del primo oratorio si era distinto il nobile Ludovico Buzzacarini, al quale era stata affidata la prima cura del locus di Monte Ortone. Presto però, il drammatico acuirsi del conflitto tra la nuova dominante veneziana e il patriziato padovano filocarrarese stretto intorno a Marsilio da Carrara travolse lo stesso Buzzacarini. Legato da vincoli parentali e di fedeltà politica ai vecchi signori di Padova, l’anziano aristocratico padovano fu messo a morte insieme al figlio nel marzo del 1435. Per Monte Ortone ciò significò l’estromissione del patriziato padovano e – secondo Katherine Walsh (1989) – il venir meno «della corrente di pensiero aristocratico» (p. 90) che aveva invece accompagnato l’esordio della nuova fondazione veneta. Intanto, il 4 novembre 1433, il priore generale degli agostiniani Gerardo da Rimini prese possesso del convento di Santa Maria di Monte Ortone a nome del proprio Ordine; e poco dopo la morte di Buzzacarini venne terminata la costruzione della nuova chiesa, consacrata dal vescovo di Padova Pietro Donà il 28 agosto 1435.
Il 10 aprile dell’anno citato, frate Simone fece dunque la sua comparsa nella storia di Monte Ortone. Il priore generale Gerardo da Rimini lo nominò proprio vicario nelle chiese di Monte Ortone, di S. Maria di Murano, di S. Maria in Campo Santo di Cittadella (nei pressi di Padova) e di S. Cristoforo sull’isola veneziana di San Michele (oggi S. Cristoforo della Pace). L’incarico fu confermato da Eugenio IV il 1° novembre 1437 (Bullarium..., cit., p. 80, n. 192). Tali chiese si trovavano al centro di una rete di donazioni che prelati e membri del patriziato veneziano avevano fatto all’Ordine di s. Agostino nella persona dello stesso Simone, come emerge dalla documentazione immediatamente precedente l’investitura ufficiale. Infatti, il 5 aprile 1436 Simone acquistò l’ospedale padovano di S. Marco in Prato della Valle, donato all’Ordine agostiniano dal benedettino e vescovo di Vicenza Francesco Malipiero. Malipiero aveva inoltre fatto dono al frate della chiesa di S. Maria in Campo Santo di Cittadella. Quello stesso anno, il doge di Venezia Francesco Foscari donò a Simone S. Cristoforo sull’isola di S. Michele. Tutte le donazioni, giustificate dalla fama di Simone («propter eius vitam commendabilem», Bullarium..., cit., p. 74, n. 175), furono confermate da Eugenio IV il 12 luglio 1436.
L’intreccio di relazioni politiche e religiose all’interno del quale si sviluppò la vicenda di Simone emerge anche dai problemi che di lì a poco il frate ebbe con i vertici del suo Ordine. Nel 1437, Gerardo da Rimini chiese infatti a Simone di non interferire negli affari padovani senza il consenso del vescovo di quella città, e il 22 giugno 1438 lo stesso priore avviò un’ulteriore indagine contro Simone in merito ai suoi legami con Foscari. Ciononostante, alla fine degli anni Quaranta l’autorevolezza di Simone all’interno dell’osservanza agostiniana veneta era ormai indiscussa, come dimostra la sua nomina a vicario e rettore dei conventi osservanti della Marca trevigiana a opera del nuovo priore generale Giuliano di Salem, in occasione del capitolo generale di Siena del 1449. Nel 1452, le quattro chiese gravitanti su S. Maria di Monte Ortone furono riunite in congregazione da papa Niccolò V.
D’altra parte, che l’autorevolezza di Simone fosse anche di natura squisitamente politica emerge chiaramente dalle vicende di metà secolo: sia dal sostegno (anche finanziario) di cui godette la sua congregazione per intercessione del doge e della tesoreria veneziana, sia dal ruolo che il governo veneziano gli riconobbe nei negoziati di pace del 1453-54 tra Venezia e Milano. Pur non lasciando mai il governo della congregazione, che la documentazione coeva identifica sempre di più con la sua persona (societas fratris Simonis de Camerino: così essa è definita nella documentazione ufficiale dell’Ordine), negli anni 1453 e 1454 Simone viaggiò continuamente da Venezia a Milano nel tentativo di giungere – su incarico di Niccolò V – a una pacificazione tra i due Stati regionali. Il positivo risultato ottenuto (la pace di Lodi) ne fissò la memoria nella storiografia e pubblicistica coeve, che celebrarono Simone come uno dei principali artefici della pacificazione della penisola.
Le attestazioni di tale riconoscimento sono numerose, e tra esse va citato anche il De Europa di Pio II che, trattando dell’Italia e di Roma, ricorda Simone come l’artefice della pace italiana. Del proprio ruolo nelle trattative di pace parlerebbe lo stesso Simone in un Memoriale inedito (datato 14 marzo 1454), ricordato da Michele Caffi e conservato presso l’Archivio di Stato di Venezia (Secreti, Fondo Registri (1401-1630), 20 [1454-1460]).
All’importante risultato diplomatico concorsero senz’altro gli ottimi rapporti che Simone intrattenne non solo con il doge di Venezia, ma anche con il duca di Milano Francesco I Sforza al quale il frate risulta legato da un rapporto profondo e durevole, tanto che l’accademico veneziano Giovanni Battista Cipelli (Battista Egnazio) lo definisce «Sfortiae duci familiaris et notus» (1554, p. 66). Il 28 maggio 1454, a poco più di un mese dalla conclusione della pace, Francesco Sforza offrì a Simone il proprio cappellano come compagno di viaggio; e inoltre un anno e mezzo dopo, il 28 dicembre 1455, Simone scriveva da Venezia al duca chiedendogli aiuto in difesa della sua congregazione e contro le pretese dei monaci di Praglia della congregazione di Santa Giustina.
La questione era sorta a causa della contestazione, da parte dei monaci, dei diritti di Monte Ortone su alcune terre che la congregazione rivendicava invece come sue fin dalla fondazione. La disputa fu portata fino a Roma, dove venne sottoposta al giudizio di un tribunale cardinalizio di cui faceva parte anche il veneziano Pietro Barbo. Il sostegno del doge e, forse, dello stesso duca di Milano cui Simone aveva comunque parlato «de la persecutione de li monaci ch’io ho a Roma» e della «tribulazione» che gli causava «affanno et malenconia» (Caffi, 1877, p. 323), portò a un esito favorevole a Simone, come attesta la bolla a suo favore di Callisto III del 1° luglio 1456.
Risale a quello stesso anno 1456 la candidatura di Simone al patriarcato di Venezia, come attestato dalle Probae, cui non seguì tuttavia la sua elezione. Anche negli anni successivi l’impegno di Simone proseguì sui due fronti della politica e della vita religiosa. Nel 1457 riuscì a ottenere che il capitolo provinciale dell’osservanza di Lombardia riunito a Milano si pronunciasse a favore dell’unione dell’Osservanza veneta, e quindi dei conventi della congregazione di Monte Ortone, all’Osservanza lombarda. Tuttavia, la mancata attuazione della disposizione è confermata dal fatto che nel 1466 Simone tornò nuovamente a perorare la medesima unione.
Proseguì anche il pendolarismo di Simone tra Venezia, Milano e le principali corti principesche del Nord Italia. Ne fanno cenno i carteggi degli ambasciatori che costantemente lo descrivono vicino al duca e alla duchessa di Milano, e interpellato sulle questioni più varie inerenti alle relazioni diplomatiche fra le corti (compresa la politica matrimoniale: in particolare, il progetto poi sfumato delle nozze di Galeazzo Maria Sforza con Dorotea Gonzaga).
Simone morì il 9 marzo 1478 e il suo corpo fu tumulato nella chiesa di Monte Ortone.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Padova, Corporazioni religiose soppresse (Monasteri del Territorio), Santa Maria di Monte Ortone, bb. 49, 95; Santa Maria in Campo Santo di Cittadella, bb. 3, 32; Roma, Archivum Generale Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, presso la Curia generalizia agostiniana, Dd 5, cc. 144r, 146v, 157v, 162r, 166r, 168rv; Dd 6, c. 121v; Dd 7, cc. 125r, 126r; Roma, Archivio segreto Vaticano, Reg. Vat. 436, cc. 12r-13v, 26v-27v, e Reg. Lat. 520, cc. 264r-267v; Roma, Biblioteca Angelica, ms. Lat. 502; Egidio da Viterbo, Historia viginti saeculorum, c. 228; Iuliani de Salem osa, Registrum Generalatus (1451-1459), a cura di D. Gionta, Roma 1994, pp. 8 s. (nn. 14, 15), 246 (n. 671); Bullarium Ordinis Sancti Augustini Regesta, III (1417-1492), a cura di C. Alonso osa, Roma 1998, pp. 74 (n. 175), 80 (n. 192), 155 s. (n. 395); Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca (1450-1500), II, 1460, a cura di I. Lazzarini, Roma 2000, nn. 213, 230; III, 1461, a cura di I. Lazzarini, Roma 2000, nn. 279, 282; V, 1463, a cura di M. Folin, Roma 2003, nn. 238, 307; VII, 1466-1467, a cura di M.N. Covini, Roma 1999, nn. 114, 162; X, 1475-1477, a cura di G. Battioni, Roma 2008, n. 14; XI, 1478-1479, a cura di M. Simonetta, Roma 2001, n. 202.
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