ENZA, Simone d'
Nacque probabilmente a Parma nella seconda metà del sec. XIV, da Bernardo.
Stando a quanto riporta il suo epitaffio sa' rebbe nato intorno al 1368. Questa data tuttavia non può essere accolta senza ragionevoli riserve, in relazione alla prima notizia riguardante la sua vita, e presente in una fonte documentaria: essa dovrebbe essere forse anticipata di un decennio se nel 1383 l'E. ottenne a Bologna la licenza in diritto canonico (Piana, 1966, p. 340). Già nell'anno successivo, secondo quanto riferisce il Pezzana, grazie a notizie tratte dall'erudito bolognese Fantuzzi, egli prestava la sua opera, come lettore del Decretum, presso lo Studio di Bologna.
Nel 1385 l'E. divenne canonico della cattedrale di Rimini, nonché vicario di Leale Malatesti, vescovo della città romagnola dal 1374 fino al 1400. Non sappiamo se, nel frattempo, l'E. continuasse a mantenere rapporti con il mondo ecclesiastico ed universitario di Bologna, cosi come non abbiamo molti dati sulle attività da lui svolte a Rimini: lo ritroviamo soltanto, insieme con il vescovo Leale, in una causa di dispensa per consanguineità, celebrata nel 1390, per il matrimonio di due esponenti della famiglia Malatesti, Rengarda e Malatesta. L'incarico di vicario fu da lui mantenuto, come afferma il Tonini, fino al 1390. In quell'anno l'E. ritornò con tutta probabilità a Bologna, dove partecipò attivamente alla locale vita ecclesiastica ed universitaria. Nominato nel 1392 lettore del Decretum, come ricorda l'explicit di un suo Tractatus de indulgentiis, conservato presso la Biblioteca apostolica Vaticana (Vat. Lat. 2264), l'E. comparve spesso, in qualità di teste o di arbitro, in cause e vertenze riguardanti la giurisdizione episcopale bolognese. La vasta documentazione notarile edita dal Piana (1976) attesta la molteplice attività dell'E. che, intorno al 1396, era già stato nominato vicario di Bartolomeo Raimondi, vescovo di Bologna, una decina d'anni prima quindi di quanto sostenuto dalla locale tradizione erudita (Alidosi). Nel 1400, poco dopo la morte di Leale Malatesta, l'E. intervenne per sciogliere una controversia sorta intorno alle disposizioni testamentarie del vescovo di Rimini.
Quest'ultimo, infatti, aveva legato il suo patrimonio alla locale chiesa di S. Francesco, retta da conventuali francescani, dove fra l'altro volle essere sepolto. Alla sua morte i canonici della cattedrale avviarono una causa reclamando la portio paroecialis, il diritto cioè di ottenere, come parrocchia originaria del defunto, la quarta parte dei proventi della sepoltura avvenuta in sede diversa. L'E. intervenne insieme con giuristi quali Pietro degli Ubaldi e Pietro d'Ancarano (Campana, pp. 28-31), sostenendo la liceità del rifiuto dei frati di S. Francesco di concedere tale quota, in contrasto con quanto sostenuto nei consilia dei giureconsulti Antonio da Budrio, Giovanni da Imola e Francesco Zabarella (Ravenna, Bibl. Classense, Mss. 485, voll. IV-V). La partecipazione dell'E. a questa causa, decisa in seguito da Carlo Malatesti, signore di Rimini, sulla base di un compromesso fra le due parti, è un'indubbia prova delle buone relazioni da lui conservate con i locali esponenti del potere civile ed ecclesiastico.
Nel 1403 l'E. sottoscrisse la licenza in teologia conseguita dall'agostiniano Gabriele Garofali da Spoleto, uno dei futuri oppositori dei culto del nome di Gesù, diffuso da Bernardino da Siena (Piana, 1960, p. 417). Con la locale vita accademica egli dovette mantenere continui rapporti, pur non svolgendo, in quegli anni, attività di lettore o di professore. Nel 1405 l'E. figura insieme col canonista Domenico da San Gimignano, in un lodo a favore del Collegio di Spagna, relativo alla visita che periodicamente importanti figure del mondo universitario ed ecclesiastico svolgevano all'interno dell'istituto fondato pochi anni prima dal cardinale E. de Albornoz (Piana, 1963, p. 48). Proprio al più noto Domenico da San Gimignano il nome dell'E. è stato accostato dalla critica contemporanea. Il Maffei ha, a questo proposito, individuato in un manoscritto contenente la Lectura in decretum di Domenico da San Gimignano (Vat. lat. 2261, c. 224va) una breve nota che attribuisce la parte conclusiva della lectura in questione all'Enza. Tale segnalazione richiede ancor oggi di essere confrontata e vagliata, ma solleva interessanti considerazioni sul valore della produzione giuridica dell'Enza, ritenuta, per la maggior parte, perduta. Frammentarie sono, per gli anni successivi, le notizie circa la sua permanenza a Bologna: l'annalistica locale vuole che egli abbia mantenuto il ruolo di vicario fino al 1417: sembra più probabile che l'E. sia invece rimasto in carica fino al 1407, anno in cui subentrò alla cattedra episcopale, bolognese, in sostituzione del Raimondi, morto nel 1406, Antonio Correr, nipote di Gregorio XII.
In quell'anno l'E. rientrò a Parma della cui cattedrale, già dal 1400, era canonico; egli dovette comunque mantenere il godimento delle rendite del capitolo bolognese in quanto nel 102 interpose appello a favore del mantenimento del suo canonicato e dell'annessa prebenda (Piana, 1966, p. 340). Nel 1409 la città di Parma, precedentemente sottomessa alla dominazione viscontea ed a quella della famiglia Terzi, passò sotto il controllo e la signoria di Niccolò III d'Este. L'E. figura fra le autorità civili ed ecclesiastiche che accolsero, il 27 giugno di quell'anno, Niccolò venuto ad esercitare i pubblici poteri nella città parmense, in qualità di vicario imperiale; è probabile che in quell'occasione l'E. abbia pronunciato un'orazione pur non partecipando in prima persona alla consegna delle chiavi delle porte di Parma (Pezzana, p. 121). Alla morte, avvenuta nel 1412, di Giovanni Rusconi vescovo di Parma, l'E. fu fra i più accesi sostenitori di fra' Bernardo da Carpi, osservante francescano, già ministro provinciale dell'Ordine in Bologna. L'E., che lo aveva probabilmente conosciuto durante la sua permanenza ed attività a Bologna, dove fra l'altro Bernardo era maestro di teologia, divenne suo stretto collaboratore nonché vicario.
Sempre nel 1412 lo Studio di Parma, rimasto a lungo chiuso nel secolo precedente, a causa della politica di favore esercitata dai Visconti nei riguardi di quello di Pavia, veniva rifondato e riaperto, grazie al nuovo clima istituzionale determinatosi con l'avvento della signoria di Niccolò d'Este. A questo scopo furono invitati ad esercitare il loro magistero giureconsulti di vasta fama come Niccolò de' Todeschi, detto il Panormitano, e Cristoforo Castiglioni. Lo stesso E. vi insegnò nei primi anni diritto canonico, esercitando però la sua opera principalmente sul piano normativo: nel 1416 fu fra i riformatori degli statuti del Collegio dei giuristi, mentre un anno dopo, in qualità di vicario di Bernardo, sottoscrisse la promulgazione dell'Ordinarium Ecclesie Parmensis, al cui testo aveva attivamente collaborato nella redazione e nella stesura.
L'Ordinarium, pubblicato nei Monumenta historicaad provincias Parmensem et Placentinam pertinentia (V, Parmae 1861), a cura di A. Barbieri e definito con indubbi toni encomiastici "capolavoro del diritto canonico locale" (Martini, p. 125), costituisce un importante momento di disciplina e riordinamento della vita liturgica e spirituale, ed è tuttora fonte preziosa per conoscere i riti e le festività praticate nella diocesi parmense ai primi del XV secolo.
Gli anni seguenti della vita dell'E. ci sono oscuri: nel 1425, sempre coinvolto nelle locali questioni di vita ecclesiastica, espresse parere favorevole nei confronti della badessa del locale monastero di S. Quirico, Giovanna Sanvitali, la cui designazione a tale carica, voluta da Martino V, aveva suscitato Perplessità a causa della sua nascita illegittima. Lo Studio di Parma era stato già dal 1420, con l'avvento della signoria di Filippo Maria Visconti, ridotto a semplice scuola di artes, ma continuò comunque ad essere oggetto di attenzione da parte dell'Enza. Gli stessi documenti editi dal Piana (1963), riguardanti la concessione di licenze conseguite in quegli anni, presentano un salto cronologico che va dal 1416 al 1432, coincidenti senz'altro con il periodo di maggiore crisi di questa istituzione; l'E. vi figura spesso, fino al gennaio del 1438, anno, con ogni probabilità, della sua morte.
La sua lapide sepolcrale, presente nel duomo di Parma, e riportata dal Pezzana (p. 132), lo ricorda come canonico e giurista deceduto "minus septuagenarius".
Fonti e Bibl.: G. N. Pasquali Alidosi, Li canonici della Chiesa di Bologna, Bologna 1616, p. 24; I. Affò, Mem. degli scrittori e letterati parmigiani, II, Parma 1789, pp. 131-132; A. Pezzana, Storia della città di Parma…, II, Parma 1842, pp. 128, 132, 147, 218; G. M. Allodi, Serie cronologica dei vescovi di Parma…, I, Parma 1856, pp. 685, 690; G. B. Jannelli, Diz. biogr. dei Parmigiani illustri…, Genova 1877, p. 161; L. Tonini, Rimini nella Signoria dei Malatesti, in Storia civile e sacra riminese, IV, 1, Rimini 1880, pp. 418-421, 427, e App., pp. 379-383; L. Frati, Indice dei codici latini conservati nella R. Biblioteca universitaria di Bologna, in Studi di filol. class., XVI (1908), p. 231; M. Martini, Cenni storici sull'origine dell'Archivio capitolare della basilica cattedrale di Parma…, in Arch. stor. per le prov. parmensi, n. s., XI (1911), pp. 107-135; U. Gualazzini, Corpus statutorum almi Studii Parmensis (saec. XV), Mediolani 1946, pp. CCXLV, CCLV; A. Campana, Per la storia delle cappelle trecentesche della chiesa malatestiana di S. Francesco, in Studi romagnoli, II (1951), pp. 28-31; F. Rizzi, Iprofessori dell'Univ. di Parma attraverso i secoli, Parma 1953, pp. 16, 45; C. Piana, La facoltà teologica di Bologna nel 1444-1458, in Arch. franc. histor., LIII (1960), pp. 361-441; Id., Ricerche su le univ. di Bologna e Parma nel sec. XV, Quaracchi-Firenze 1963, p. 333 e passim; D. Maffei, La donazione di Costantino nei giuristi medievali, Milano 1964, pp. 277 s.; C. Piana, Nuove ricerche su le univ. di Bologna e Parma, Quaracchi-Firenze 1966, pp. 340, 390; Id., Nuovi documenti sull'Univ. di Bologna e sul Collegio di Spagna, Bologna 1976, passim; A catalogue of Canon and Roman Law manuscripts in the Vatican Library, I, Codices Vaticano Latini 541-2299, a cura di S. Kuttner-R. Elze, Città del Vaticano 1986, p. 295.